CONDOMINIO Merito e Cassazione
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Svolgimento del processo

Con decreto 24 marzo 1884, il Presidente del Tribunale di Bologna ingiunse al Condominio di via

… omissis …, Bologna, ed ai condomini Anna, Adriana e Alfredo R. , Ugo C., Giampaolo B.,

Donata M., Adriana T. ed alla società I. s.r.l. di pagare alla E. s.r.l. L. 66.800.276, quale residuo del

corrispettivo per i lavori eseguiti nell'edificio condominiale. Proposero opposizione con distinti atti di

citazione Anna e Adriana R. , le quali dedussero l'inammissibilità della duplice condanna emessa

sia a carico del condominio, sia nei loro confronti in via solidale, posto che avevano adempiuto pro

quota alle obbligazioni assunte nei confronti della società E. ; Alfredo R. asserì di aver acquistato il

solo diritto di usufrutto di una unità immobiliare in data 2 giugno 1993, quando i lavori commessi

alla società E. erano stati già ultimati, in ogni caso, trattandosi di spese riguardanti opere di

manutenzione straordinaria, esse erano a carico del nudo proprietario.

Riuniti i giudizi e chiamati in causa il Condominio, i condomini Innocenzo Q., Tranquilla B.e la

società I. s.r.l., i quali chiesero il rigetto della domanda proposta con il ricorso per ingiunzione, con

sentenza 28 aprile 2000 il Tribunale di Bologna revocò il decreto; con sentenza 19 febbraio 2003,

la Corte d'Appello di Bologna respinse l'impugnazione proposta dalla società E. .

Ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi la società E. ; hanno resistito con controricorso

Anna, Adriana e Alfredo R. . Non ha svolto attività difensiva l'intimato Condominio via … omissis

…, in persona dell'amministratore in carica.

La Seconda Sezione civile, con ordinanza 7 febbraio 2007, n. 2621, ha rimesso gli atti al Primo

Presidente, avendo ritenuto la sussistenza di un contrasto all'interno della sezione, posto che per

un primo indirizzo (maggioritario) la responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni assunte

dal condominio verso terzi avrebbe natura solidale, mentre per un secondo orientamento,

decisamente minoritario, avrebbe vigore il principio della parziarietà, ovverosia dalla ripartizione tra

i condomini delle obbligazioni assunte nell'interesse del condominio in proporzione alle rispettive

quote.

Per la risoluzione del contrasto la causa viene alle Sezioni Unite civili.

Motivi della decisione

La società ricorrente lamenta:

1.1 con il primo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 1115 e 1139 cod. civ., in relazione

all'art. 360 n. 3, cod. proc. civ. La giurisprudenza dominante, anche successivamente all'isolata

sentenza n. 8530 del 1996, che aveva affermato la parziarietà, ha sempre sostenuto e continua a

sostenere la natura solidale delle obbligazioni dei condomini;

1.2 con il secondo motivo, falsa applicazione degli artt. 1004 e 1005 cod. civ., ai senso dell'art. 360

n. 3 cod. proc. civ., posto che la ripartizione delle spese fra nudo proprietario usufruttuario operano

nei rapporti interni e non sono opponibili al terzo creditore;

1.3 con il terzo motivo, violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc.

civ., poiché la sentenza di primo grado aveva posto a fondamento della decisione ragioni diverse

da quelle dedotte nell'opposizione al decreto ingiuntivo;

1.4 con il quarto motivo, omessa compensazione delle spese processuali con riferimento ad

Alfredo R. ;

Con il quinto motivo, violazione dell'art. 91 cod. proc. civ., ai sensi degli artt. 360 nn. 3 e 5 cod.

proc. civ., non sussistendo soccombenza nei confronti del Condominio, che era stato chiamato in

giudizio da Alfredo R. ;Con il sesto motivo, violazione dell'art. 63 disp. att., in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., non

aveva tenuto conto dell'orientamento della Suprema Corte, secondo cui l'acquirente di una unità

immobiliare doveva essere tenuto alle spese solidalmente al suo dante causa.

2.1 La questione di diritto, che la Suprema Corte deve risolvere per decidere la controversia,

riguarda la natura delle obbligazioni dei condomini.

Secondo l'orientamento maggioritario della giurisprudenza, la responsabilità dei singoli partecipanti

per le obbligazioni assunte dal "condominio" verso i terzi ha natura solidale, avuto riguardo al

principio generale stabilito dall'art. 1294 cod. civ. per l'ipotesi in cui più soggetti siano obbligati per

la medesima prestazione: principio non derogato dall'art. 1123 cod. civ., che si limita a ripartire gli

oneri all'interno del condominio (Cass., Sez. II, 5 aprile 1982, n. 2085; Cass., Sez. II, 17 aprile

1993, n. 4558; Cass., Sez. II, 30 luglio 2004, n. 14593; Cass., Sez. II, 31 agosto 2005, n. 17563).

Per l'indirizzo decisamente minoritario, la responsabilità dei condomini è retta dal criterio dalla

parziarietà: in proporzione alle rispettive quote, ai singoli partecipanti si imputano le obbligazioni

assunte nell'interesse del "condominio", relativamente alle spese per la conservazione e per il

godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per

le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono regolate

da criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie,

secondo cui al pagamento dei debiti ereditali i coeredi concorrono in proporzione alle loro quote e

l'obbligazione in solido di uno dei condebitori si ripartisce tra gli eredi in proporzione alle quote

ereditarie (Cass., Sez. II, 27 settembre 1996, n. 8530).

2.2 Per determinare i principi di diritto, che regolano le obbligazioni (contrattuali) unitarie le quali

vincolano la pluralità di soggetti passivi - i condomini - occorre muovere dal fondamento della

solidarietà.

L'assunto è che la solidarietà passiva scaturisca dalla contestuale presenza di diversi requisiti, in

difetto dei quali - e di una precisa disposizione di legge - il criterio non si applica, non essendo

sufficiente la comunanza del debito tra la pluralità dei debitori e l'identica causa dell'obbligazione;

che nessuna specifica disposizione contempli la solidarietà tra i condomini, cui osta la parziarietà

intrinseca della prestazione; che la solidarietà non possa ricondursi alla asserita unitarietà del

gruppo, in quanto il condominio non raffigura un "ente di gestione", ma una organizzazione

pluralistica e l'amministratore rappresenta immediatamente i singoli partecipanti, nei limiti del

mandato conferito secondo le quote di ciascuno. La disposizione dell'art. 1292 cod. civ. - è noto - si

limita a descrivere il fenomeno e le sue conseguenze. Invero, sotto la rubrica "nozione della

solidarietà", definisce l'obbligazione in solido quella in cui "più debitori sono obbligati tutti per la

medesima prestazione" e aggiunge che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la

totalità (con liberazione degli altri). L'art. 1294 cod. civ. stabilisce che "i condebitori sono tenuti in

solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente". Nessuna delle norme, tuttavia, precisa

la ratio della solidarietà, ovverosia ne chiarisce il fondamento (che risulta necessario, quanto

meno, per risolvere i casi dubbi).

Stando all'interpretazione più accreditata, le obbligazioni solidali, indivisibili e parziarie raffigurano

le risposte dell'ordinamento ai problemi derivanti dalla presenza di più debitori (o creditori), dalla

unicità della causa dell'obbligazione (eadem causa obbligandi) e dalla unicità della prestazione

(eadem res debita).

Mentre dalla pluralità dei debitori e dalla unicità della causa dell'obbligazione scaturiscono

questioni che, nella specie, non rilevano, la categoria dell'idem debitum propone problemi tecnici

considerevoli: in particolare, la unicità della prestazione che, per natura, è suscettibile di divisione,

e la individuazione del vincolo della solidarietà rispetto alla prestazione la quale, nel suo sostrato di

fatto, è naturalisticamente parziaria.

Semplificando categorie complesse ed assai elaborate, l'indivisibilità consiste nel modo di essere

della prestazione: nel suo elemento oggettivo, specie laddove la insussistenza naturalistica della

indivisibilità non è accompagnata dall'obbligo specifico imposto per legge a ciascun debitore di

adempiere per l'intero. Quando la prestazione per natura non è indivisibile, la solidarietà dipende

dalle norme e dai principi. La solidarietà raffigura un particolare atteggiamento nei rapporti esterni

di una obbligazione intrinsecamente parziaria quando la legge privilegia la comunanza della prestazione. Altrimenti, la struttura parziaria dell'obbligazione ha il sopravvento e insorge una

pluralità di obbligazioni tra loro connesse.

È pur vero che la solidarietà raffigura un principio riguardante i condebitori in genere. Ma il

principio generale è valido laddove, in concreto, sussistono tutti i presupposti previsti dalla legge

per la attuazione congiunta del condebito. Sicuramente, quando la prestazione comune a ciascuno

dei debitori è, allo stesso tempo, indivisibile. Se invece l'obbligazione è divisibile, salvo che dalla

legge (espressamente) sia considerata solidale, il principio della solidarietà (passiva) va

contemperato con quello della divisibilità stabilito dall'art. 1314 cod. civ., secondo cui se più sono i

debitori ed è la stessa la causa dell'obbligazione, ciascuno dei debitori non è tenuto a pagare il

debito che per la sua parte. Poiché la solidarietà, spesso, viene ad essere la configurazione ex

lege, nei rapporti esterni, di una obbligazione intrinsecamente parziaria, in difetto di configurazione

normativa dell'obbligazione come solidale e, contemporaneamente, in presenza di una

obbligazione comune, ma naturalisticamente, divisibile viene meno uno dei requisiti della

solidarietà e la struttura parziaria dell’obbligazione prevale.

Del resto, la solidarietà viene meno ogni qual volta la fonte dell'obbligazione comune è

intimamente collegata con la titolarità delle res. Le disposizioni di cui agli artt. 752, 754 e 1295 cod.

civ. - che prevedono la parziarietà delle obbligazioni dei coeredi e la sostituzione, per effetto

dell'apertura della successione, di una obbligazione nata unitaria con una pluralità di obbligazioni

parziarie - esprimono il criterio di ordine generale del collegamento tra le obbligazioni e le res. Per

la verità, si tratta di obbligazioni immediatamente connesse con l'attribuzione ereditaria dei beni: di

obbligazioni ricondotte alla titolarità dei beni eredi tari in ragione dell'appartenenza della quota.

Ciascun erede risponde soltanto della sua quota, in quanto è titolare di una quota di beni eredi tari.

Più in generale, laddove si riscontra lo stesso vincolo tra l'obbligazione e la quota e nella struttura

dell'obbligazione, originata dalla medesima causa per una pluralità di obbligati, non sussiste il

carattere della indivisibilità della prestazione, è ragionevole inferire che rispetto alla solidarietà non

contemplata (espressamente) prevalga la struttura parziaria del vincolo.

2.3 Le direttive ermeneutiche esposte valgono per le obbligazioni facenti capo, ai gruppi

organizzati, ma non personificati. Per ciò che concerne la struttura delle obbligazioni assunte nel

cosiddetto interesse del "condominio" - in realtà, ascritte ai singoli condomini - si riscontrano

certamente la pluralità dei debitori (i condomini) e la eadem causa obbligandi, la unicità della

causa: il contratto da cui l'obbligazione ha origine. È discutibile, invece, la unicità della prestazione

(idem debitum) che certamente è unica ed indivisibile per il creditore, il quale effettua una

prestazione nell'interesse e in favore di tutti condomini (il rifacimento della facciata,

l'impermeabilizzazione del tetto, la fornitura del carburante per il riscaldamento etc.).

L'obbligazione dei condomini (condebitori), invece, consistendo in una somma di danaro, raffigura

una prestazione comune, ma naturalisticamente divisibile.

Orbene, nessuna norma di legge espressamente dispone che il criterio della solidarietà si applichi

alle obbligazioni dei condomini. Non certo l'art. 1115 comma 1 cod. civ. Sotto la rubrica

"obbligazioni solidali dei partecipanti", la norma stabilisce che ciascun partecipante può esigere

che siano estinte le obbligazioni contratte in solido per la cosa comune e che la somma per

estinguerle sia ricavata dal prezzo di vendita della stessa cosa. La disposizione, in quanto si

riferisce alle obbligazioni contratte in solido dai comunisti per la cosa comune, ha valore

meramente descrittivo, non prescrittivo: non stabilisce che le obbligazioni debbano essere

contratte in solido, ma regola le obbligazioni che, concretamente, sono contratte in solido. A parte

ciò, la disposizione non riguarda il condominio negli edifici e non si applica al condominio, in

quanto regola l'ipotesi di vendita della cosa comune. La disposizione, infatti, contempla la cosa

comune soggetta a divisione e non le cose, gli impianti ed i servizi comuni del fabbricato, i quali

sono contrassegnati dalla normale indivisibilità ai sensi dell'art. 1119 cod. civ. e, comunque, dalla

assoluta inespropriabilità.

D'altra parte, nelle obbligazioni dei condomini la parziarietà si riconduce all'art. 1123 cod. civ.,

interpretato valorizzando la relazione tra la titolarità della obbligazione e la quella della cosa. Si

tratta di obbligazioni propter rem, che nascono come conseguenza dell'appartenenza in comune,

in ragione della quota, delle cose, degli impianti e dei servizi e, solo in ragione della quota, a

norma dell'art. 1123 cit., i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per le parti comuni. Per la

verità, la mera valenza interna del criterio di ripartizione raffigura un espediente elegante, ma privo di riscontro nei dati formali.

Se l'argomento che la ripartizione delle spese regolata dall'art. 1123 comma 1 cod. civ. riguardi il

mero profilo interno non persuade, non convince neppure l'asserto che il comma 2 dello stesso art.

1223 - concernente la ripartizione delle spese per l'uso delle parti comuni destinate a servire i

condomini in misura diversa, in proporzione all'uso che ciascuno può fame - renda impossibile

l'attuazione parziaria all'esterno: con la conseguenza che, quanto all'attuazione, tutte le spese

disciplinate dall'art. 1223 cit. devono essere regolate allo stesso modo. Entrambe le ipotesi hanno

in comune il collegamento con la res. Il primo comma riguarda le spese per la conservazione delle

cose comuni, rispetto alle quali l'inerenza ai beni è immediata; il secondo comma concerne le

spese per l'uso, in cui sussiste comunque il collegamento con le cose: l'obbligazione, ancorché

influenzata nel quantum dalla misura dell'uso diverso, non prescinde dalla contitolarità delle parti

comuni, che ne costituisce il fondamento. In ultima analisi, configurandosi entrambe le obbligazioni

come obligationes propter rem, in quanto connesse con la titolarità del diritto reale sulle parti

comuni, ed essendo queste obbligazioni comuni naturalisticamente divisibili ex parte debitoris, il

vincolo solidale risulta inapplicabile e prevale la struttura intrinsecamente parziaria delle

obbligazioni. D'altra parte, per la loro ripartizione in pratica si può sempre fare riferimento alle

diverse tabelle millesimali relative alla proprietà ed alla misura dell'uso.

2.5 Né la solidarietà può ricondursi alla asserita unitarietà del gruppo dei condomini. Dalla

giurisprudenza, il condominio si definisce come "ente di gestione", per dare conto del fatto che la

legittimazione dell'amministratore non priva i singoli partecipanti della loro legittimazione ad agire

in giudizio in difesa dei diritti relativi alle parti comuni; di avvalersi autonomamente dei mezzi di

impugnazione; di intervenire nei giudizi intrapresi dall'amministratore, ecc.. Ma la figura dell'ente,

ancorché di mera gestione, suppone che coloro i quali ne hanno la rappresentanza non vengano

surrogati dai partecipanti. D'altra parte, gli enti di gestione in senso tecnico raffigurano una

categoria definita ancorché non unitaria, ai quali dalle leggi sono assegnati compiti e responsabilità

differenti e la disciplina eterogenea si adegua alle disparate finalità perseguite (art. 3 legge 22

dicembre 1956, n. 1589). Gli enti di gestione operano in concreto attraverso le società per azioni di

diritto comune, delle quali detengono le partecipazioni azionarie e che organizzano nei modi più

opportuni: in attuazione delle direttive governative, razionalizzano le attività controllate, coordinano

i programmi e assicurano l'assistenza finanziaria mediante i fondi di dotazione. Per la struttura, gli

enti di gestione si contrassegnano in ragione della soggettività (personalità giuridica pubblica) e

dell'autonomia patrimoniale (la titolarità delle partecipazioni azionarie e del fondo di dotazione).

Orbene, nonostante l'opinabile rassomiglianza della funzione - il fatto che l'amministratore e

l'assemblea gestiscano le parti comuni per conto dei condomini, ai quali le parti comuni

appartengono - le ragguardevoli diversità della struttura dimostrano la inconsistenza del ripetuto e

acritico riferimento dell'ente di gestione al condominio negli edifici. Il condominio, infatti, non è

titolare di un patrimonio autonomo, né di diritti e di obbligazioni: la titolarità dei diritti sulle cose, gli

impianti e i servizi di uso comune, in effetti, fa capo ai singoli condomini; agli stessi condomini sono

ascritte le obbligazioni per le cose, gli impianti ed i servizi comuni e la relativa responsabilità; le

obbligazioni contratte nel cosiddetto interesse del condominio non si contraggono in favore di un

ente, ma nell'interesse dei singoli partecipanti. Secondo la giurisprudenza consolidata, poi,

l'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con

rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei

condomini, delle disposizioni sul mandato.

Orbene, la rappresentanza, non soltanto processuale, dell'amministratore del condominio è

circoscritta alle attribuzioni - ai compiti ed ai poteri - stabilite dall'art. 1130 cod. civ.. In giudizio

l'amministratore rappresenta i singoli condomini, i quali sono parti in causa nei limiti della loro

quota (art. 1118 e 1123 cod. civ.). L'amministratore agisce in giudizio per la tutela dei diritti di

ciascuno dei condomini, nei limiti della loro quota, e solo in questa misura ognuno dei condomini

rappresentati deve rispondere delle conseguenze negative. Del resto, l'amministratore non ha

certo il potere di impegnare i condomini al di là del diritto, che ciascuno di essi ha nella comunione,

in virtù della legge, degli atti d'acquisto e delle convenzioni. In proporzione a tale diritto ogni

partecipante concorre alla nomina dell'amministratore e in proporzione a tale diritto deve ritenersi

che gli conferisca la rappresentanza in giudizio. Basti pensare che, nel caso in cui l'amministratore

agisca o sia convenuto in giudizio per la tutela di un diritto, il quale fa capo solo a determinati condomini, soltanto i condomini interessati partecipano al giudizio ed essi soltanto rispondono

delle conseguenze della lite.

Pertanto, l'amministratore - in quanto non può obbligare i singoli condomini se non nei limiti dei

suoi poteri, che non contemplano la modifica dei criteri di imputazione e di ripartizione delle spese

stabiliti dall'art. 1123 c.c. - non può obbligare i singoli condomini se non nei limiti della rispettiva

quota.

2.5 Riepilogando, ritenuto che la solidarietà passiva, in linea di principio, esige la sussistenza non

soltanto della pluralità dei debitori e della identica causa dell'obbligazione, ma altresì della

indivisibilità della prestazione comune; che in mancanza di quest'ultimo requisito e in difetto di una

espressa disposizione di legge, la intrinseca parziarietà della obbligazione prevale; considerato

che l'obbligazione ascritta a tutti i condomini, ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somma

di danaro; che la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e

che l'art. 1123 cit., interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si

inserisce, non distingue il profilo esterno e quello interno; rilevato, infine, che - in conformità con il

difetto di struttura unitaria del condominio, la cui organizzazione non incide sulla titolarità

individuale dei diritti, delle obbligazioni e della relativa responsabilità - l'amministratore vincola i

singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: tutto ciò

premesso, le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal

criterio dalla parziarietà. Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni

assunte nel cosiddetto "interesse del condominio", in relazione alle spese per la conservazione e

per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune

e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono

regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ., per le obbligazioni

ereditarie, secondo cui i coeredi concorrono al pagamento dei debiti ereditali in proporzione alle

loro quote e l'obbligazione in solido di uno dei condebitori tra gli eredi si ripartisce in proporzione

alle quote ereditarie.

2.6 Il contratto, stipulato dall'amministratore rappresentante, in nome e nell'interesse dei condomini

rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei

rappresentati. Conseguita nel processo la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei

condomini, il creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli,

secondo la quota di ciascuno. Per concludere, la soluzione, prescelta secondo i rigorosi principi di

diritto che regolano le obbligazioni contrattuali comuni con pluralità di soggetti passivi, appare

adeguata alle esigenze di giustizia sostanziale emergenti dalla realtà economica e sociale del

condominio negli edifici. Per la verità, la solidarietà avvantaggerebbe il creditore il quale,

contrattando con l'amministratore del condominio, conosce la situazione della parte debitrice e può

cautelarsi in vari modi; ma appare preferibile il criterio della parziarietà, che non costringe i debitori

ad anticipare somme a volte rilevantissime in seguito alla scelta (inattesa) operata unilateralmente

dal creditore. Allo stesso tempo, non si riscontrano ragioni di opportunità per posticipare la

ripartizione del debito tra i condomini al tempo della rivalsa, piuttosto che attuarla al momento

dell'adempimento.

Respinto il motivo principale, non merita accoglimento nessuno degli altri motivi di ricorso. Non il

secondo ed il sesto. Stando alle disposizioni sul condominio (art. 67 disp. att., del resto in

conformità con quanto stabilito per le spese gravanti sull'usufrutto dagli artt. 1004 e 1005 cod. civ.),

fanno carico all'usufruttuario le spese attinenti all'ordinaria amministrazione ed al semplice

godimento delle cose e dei servizi comuni, mentre le innovazioni, le ricostruzioni e le spese di

manutenzione straordinaria competono al proprietario: ma le spese fanno capo all'usufruttuario

limitatamente al tempo in cui egli è titolare del diritto reale su cosa altrui. Correttamente, perciò, la

Corte d'Appello non ha considerato responsabile Alfredo R. , in quanto l'usufrutto da lui era stato

acquistato in epoca successiva alla data, in cui l'esecuzione dei lavori era stata commissionata ed

eseguita. Non il terzo motivo, posto che il giudice del merito ha preso in esame la questione di

diritto inerente alla la controversia e ritenuta indispensabile per la decisione. Non il quarto ed il

quinto motivo, in quanto la decisione sulle spese processuali è rimessa al giudice del merito, con il

solo limite di non condannare la parte interamente vittoriosa.

Avuto riguardo alla difficoltà della materia ed al contrasto esistente in giurisprudenza, si ravvisano i

giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spe