Cronaca
Carattere

di Pino Aprile

Gentile signor Prefetto di Napoli, dottoressa Gerarda Pantalone,
Perdoni, ma non capisco perché Lei abbia ordinato la rimozione della bandiera duosiciliana dalla sede del Comune di Pimonte. Le sarei grato se volesse spiegarlo a quanti, me incluso, non lo hanno capito. E che (La prego di credere che non esagero), hanno vissuto il Suo gesto come una violenza.

Perché sulla sede della Regione Sardegna sventola la bandiera dei quattro mori, insieme a quella d'Italia? Perché sulla sede della Regione Veneta si può esporre il gonfalone di San Marco, insieme al tricolore e al vessillo dell'Unione Europea? Perché sulla sede della Regione Siciliana, con i drappi che ne raccontano l'identità europea e italiana, garrisce anche quello giallo e rosso della Trinacria? Perché la bandiera delle Due Sicilie non è sulla sede della Regione Campania (e su quella delle altre Regioni del Sud?).

Perché la bandiera dei meridionali, non ha gli stessi diritti di esposizione di quelle delle altre identità che compongono, per somma, l'italiana?

Anche questo è Sud: un diritto in meno, perché terroni. E di tutti i diritti, il più grande: dirti chi siamo, cosa siamo, cosa ci unisce. Operazione che le comunità che si riconoscono popolo, nazione, riassumono in una bandiera, un simbolo, una musica (i sanniti, pur sconfitti, alla fine, accettarono di combattere insieme ai romani, ma vollero che la loro legione lo facesse al suono delle cornamuse e non delle trombe quirite. I romani, pragmatici e comunque ammirati del valore degli ex tostissimi nemici, concessero. Quei sanniti marciavano insieme a chi li aveva sottomessi, combattevano per loro e con loro, essendo il loro popolo ormai parte di uno Stato più grande, ma da sanniti; perché avevano perso la guerra, non il rispetto di se stessi. Cesare se li portò in Gran Bretagna e una vulgata vuole che parte di quei sanniti fossero catturati durante una battaglia contro gli scozzesi. Che cominciarono a marciare al suono delle cornamuse).

Perché veneti sì, sardi sì, siciliani sì e napoletani no? Non faccio finta di non capire: so benissimo che la esposizione della bandiera duosiciliana viene vista come rappresentazione e rivendicazione di storia, appartenenza, identità e che si teme da questo possano sorgere iniziative politiche che potrebbero infastidire governo e strutture di potere consolidate.

Ma la società non è statica; solo le tranquillissime comunità di quartieri cittadini un po' periferici, riconoscibili dal gran numero di croci sono “a posto” una volta per sempre. Pensi a quali sconvolgimenti, e parliamo di razzisti, ha comportato la nascita di un partito come la Lega, addirittura in nome di una identità di plastica, posticcia e a soli fini di rastrellamento di soldi. Ma, pur nella sua miseria morale, discriminatoria, la Lega ha interpretato e rappresentato (mal)umori e interessi diffusi.

Si figuri quando l'identità non è taroccata (mai esistito un popolo padano, al più lombardi e veneti in guerra eterna fra loro, per esempio), ma vera, plurisecolare. L'errore, signor Prefetto, non è esporre la bandiera delle Due Sicilie, ma farla togliere. Cosa si pensa di ottenere, così? Niente altro che la continuazione di un'opera antistorica, antidemocratica, coloniale: soffocare identità, per dominarle, per costringerle ad accettare una condizione di minorità a proprio danno e a vantaggio di un'altra parte del Paese che si spaccia come uno.

Non lo è, non lo è mai stato, non vuole esserlo. Nemmeno per le bandiere, ha visto? (e con la Sua collaborazione...): c'è chi ha diritto alla propria e chi deve nascondere la sua come corpo di reato. E se osa, interviene l'autorità, il signor Prefetto. Non lo faccia..., ottiene l'effetto opposto: per ogni bandiera che fa togliere da un balcone, mille si scolpiscono nell'anima (e immagini con quali sentimenti) di quei terroni che non ci stanno più a essere ed esser trattati da titolari di cittadinanza minore.

Non è pericoloso dichiarare la propria identità (con le bandiere, la musica, le commemorazioni, l'intitolazione di vie, la richiesta di più corretti testi scolastici) o pretendere il rispetto della propria storia; pericoloso è pensare di poter ancora comprimere e soffocare (ovvero: opprimere) tutto questo, perché quel che non può essere liberamente espresso e proporsi al confronto, si accumulerà sottotraccia, per emergere come scontro. E avendone ragioni.

Le vietate sui Comuni, le bandiere, le sequestrate allo stadio... Se cominciassimo a tatuarcele, non essendoci concesso mostrarle manco fossero una vergogna (lo so che da un secolo e mezzo ci dicono che è così, ma sempre più gente si accorge che non è vero), che farete: scuoierete i terroni? (Di nuovo, intendo...).

Signor Prefetto, se ci sono norme che impediscono ai Comuni di esporre bandiere identitarie (ma perché, poi? Sugli edifici pubblici degli Stati Uniti del Sud, quelli confederati, nella guerra di secessione, le bandiere sudiste ci sono, insieme a quelle nazionali. E nessuno teme che questo spacchi gli Stati Uniti), allora, per equità, bisogna pretendere che gli stendardi delle Due Sicilie compaiano sulla sede della Regione Campania e delle altre del Sud.

Sa perché? Non vorrei che qualcuno pensasse che se l'Italia ha paura della storia dei meridionali, sia perché ha qualcosa da nascondere.
Lei che dice?

 
 

 

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