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CASERTA – (Raffaele Raimondo)  Davvero ben riuscita la versione teatrale del pirandelliano “Il fu Mattia Pascal”, ad opera del regista-attore protagonista Tato Russo, che il pubblico del Comunale ha apprezzato in quest’ultimo week-end. Sapientemente coronata, la messa in scena, dall’interpretazione di Katia Terlizzi, Renato Di Rienzo, Marina Lorenzi e dalle altre tredici voci recitanti impegnate nella commedia o meglio nel “dramma” ricavato dal celebre romanzo del genio di Girgenti. Assai agili le scene di Tony Di Ronza. Indovinate e penetranti le musiche originali composte da Alessio Vlad. Ben collocati squarci di pietrificante amplificazione sonora per la folla di pensieri e ricordi affioranti a più riprese nella mente del principale personaggio. Insomma, un’ennesima scommessa vinta dal grande Tato, che in moltissimi amiamo da decenni …e non solo per le sue inimitabili, irresistibili vesti comiche (basti pensare, come emblema, al suo “storico” allestimento dei Menecmi plautini di tanti anni fa). Egli, nel duplice ruolo di Mattia Pascal e Adriano Meis, ha calcato il palco per tutta la durata dello spettacolo, imprimendo ad ogni battuta il miglior taglio e trainando, ad uno ad uno, gli altri interpreti in un forte afflato comunicativo che ha catturato gli spettatori già sicuri, fin dall’inizio, della robustezza filosofica del testo e dell’eccezionale talento complessivo della compagnìa. Del resto, il linguaggio drammaturgico è apparso altamente fedele ai controversi messaggi che Pirandello stampò nel suo più che composito lavoro narrativo.

A corollario del disarmante e misterioso leitmotiv d’esser “morti alla vita e vivi nella morte”, un’ampia gamma di sentimenti è uscita fortemente valorizzata dal copione, a partire dall’amore: meravigliosa ed appagante - al confronto con le condizionanti “pochezze” della precedente relazionalità matrimoniale di Mattia con la moglie Romilda - la passione fra i due omonimi conosciutisi a Roma, Adriano e Adriana; generoso e straziante l’amore della madre di lui che in scena muore di dolore; perfino ridicolo quello dei due coniugi spagnoli. E, frattanto, furbizie, trappole, nascondimenti, gelosie, avidità e quant’altro di deteriore e contraddittorio abbonda nella natura umana sovente mascherata invano. E nell’epilogo, paradossale più che l’intera sua vicenda esistenziale, Mattia Pascal, “bibliotecario, cuor generoso, anima persa”, totalmente nudo, disintegrato, spaesato, ignorato eppure ineguagliabile visitator vivo d’una funebre lapide dedicatagli dalla “pietà dei concittadini”. Un finale struggente e comunque d’elegante ricamo.

Al Comunale si tornerà dal prossimo 12 aprile, quando s’aprirà il sipario per “Il diavolo custode” di Vincenzo Salemme, ma si tratterà d’un altro “pianeta” del sempre magico universo chiamato “teatro”.

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