Basso Volturno
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Santa Maria La Fossa (Antonio Gaudiano) – Affollato il consiglio comunale aperto convocato dal sindaco Antonio Papa sulla questione degli impianti a biogas che dovranno essere realizzati sul territorio di Santa Maria La Fossa. I comitati ambientalisti – in prima fila ‘No biogas Santa Maria La Fossa’ – presenti in massa al Consiglio per sostenere il ‘No’ agli impianti.

Si tratta della costruzione di ben sei impianti sul solo territorio comunale, dei quali cinque di minime proporzioni al servizio di altrettante aziende di allevamento bufalino mentre uno di competenza comunale di grandi proporzioni che sarà realizzato nei pressi dell’ex discarica di Ferrandelle.

Breve discorso introduttivo del sindaco, che ha voluto ribadire l'impegno dell'amministrazione sia quella attuale sia quella precedente da lui pure guidata in tema di ambiente. Segnatamente ha ricordato lo svuotamento di Ferrandelle.

Scambio di batture con il capogruppo dell'opposizione Antonio Giusti che ha sottolineato la tardività nella convocazione del consiglio comunale che avrebbe dovuto avere svolgimento qualche anno fa.

Undici le persone tra tecnici (invitati sia dall'amministrazione comunale sia dai comitati) e cittadini facenti parte dei comitati di lotta che si sono iscritti a parlare.

Sono intervenuti tra gli altri, per il comitato Terra Pulita, Teresa Campolattano (presidente), Maurizio Buonanno (vicepresidente) e Ganpaolo Bovenzi, per il Comitato Agro Caleno contro Biomasse, Chiara Iodice, per il Coordinamento rifiuti della Campania, Massimo De Gregorio, Gianni allucci per Agrorinasce, un rappresentante della società che si è assicurata la commessa.

Ma al di là degli interventi e della qualità di chi è intervenuto, qual'è la materia del contendere?

Sul territorio di Santa Maria La Fossa  sono situati ben 60 allevamenti bufalini per un patrimonio zootecnico di ben 11.000 capi bufalini. Ogni azienda che alleva bufale possiede mediamente circa 200 capi adulti. Questo significa che secondo legge dovrebbe avere in proprietà o in affitto ben 70 ettari di terreno dove poter spargere la produzione di deiezione (più propriamente: letame) delle proprie bufale. 

E siccome pochissime aziende possono contare su un così alto numero di moggia di terreno, per non incorrere nei rigori della legge (chiusura dell'azienda), devono le aziende abbattere i nitrati che inquinano il terreno e la prima falda. Di quì la necessità di dotarsi di un digestore che tratta il letame animale e restituisce un prodotto che può essere sparso sui terreni senza alcun problema. Anzi, con beneficio per il terreno stesso.

Il mega impianto che sarà costruito dal Comune tratterà solo letame animale o anche rifiuti urbani (frazione umida)?

Ci sarà uno scarto di lavorazione e come sarà trattato?

Questi i punti fondamentali sui quali si è appuntata la discussione. Il sindaco ha escluso categoricamente che nell'impianto di competenza del Comune sarà trattata la frazione umida dei rifiuti urbani. 

Rimane però l'altro interrogativo: lo scarto di lavorazione, come sarà trattato?

La domanda non è di poco conto. Il nostro territorio per tutto lo scempio che ha dovuto subire nel tempo è come l'organismo di un malato di AIDS: difese immunitarie tendenti allo zero. E in questa condizione pure un 'raffredddore' potrebbe essere letale.

 

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