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(Enzo Toscano) Tanto per cambiare ci siamo cacciati in un altro pasticcio. Sto parlando dei due fucilieri del Battaglione San Marco in missione di scorta anti-pirateria, accusati dell’omicidio di due pescatori, ed arrestati dalle autorità indiane. A tutto oggi, nonostante gli interventi della nostra diplomazia, si accentua lo scontro tra i due governi sull’immunità da concedere o meno (in base a trattati internazionali variamente e differentemente interpretati) ai due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Ma cerchiamo di andare con ordine. Su di uno schema vecchio di millenni, abbiamo conosciuto soprattutto le gesta di cinque secoli fa dei vari Francis Drake, Sinbad, Capitan Uncino, il Corsaro Nero, personaggi nei film dei nostri verdi anni. Invece attualmente lungo le coste dei mari orientali ormai scorrazzano per lo più impunite, bande di pericolosi pirati bene armati, a bordo di veloci barche a motore, dediti all’abbordaggio di navi mercantili o quanto altro di simile, con il furto delle merci, il sequestro dell’equipaggio e, se ci sono, anche dei passeggeri, portati per la maggior parte nei rifugi in attesa dei riscatti in denaro. Il piano di contrasto alla pirateria messo a punto dai vari governi in difesa dei rispettivi traffici marittimi, sempre più compromessi a quelle latitudini, ha portato ad un comune pattugliamento con navi da guerra, cosa che si è rivelata quasi subito inefficace vista l’enormità degli spazi da coprire; allora molte autorità nazionali hanno deciso, “Extrema Ratio”, di fornire ai mercantili una propria scorta armata presente a bordo. Ed è qui che si sono viste le prime grosse differenze: naturalmente i più furbi sono stati gli Anglosassoni, americani in testa, ma anche francesi, russi, coreani e giapponesi, che hanno affidato le scorte dei propri mercantili principalmente ai “Contractors”, personale di Agenzie private, gente furba e svelta seppur di pochi scrupoli, ex veterani dei reparti speciali, di poche chiacchiere e dal grilletto facile, naturalmente perfettamente addestrata anche a squagliarsela velocemente dai guai. Con questa gente a bordo i pirati girano al largo, anche perché nei rarissimi casi riusciti di sequestri di persona, i governi tirati in ballo non hanno trattato sul riscatto anzi, come è accaduto recentemente con gli americani, se li sono andati a riprendere a domicilio con “blitz” dei reparti speciali. Capitolo a parte per gli italiani, notoriamente “Brava Gente”, nonché famosi in tutto il mondo per essere degli “ottimi pagatori” in caso di sequestri. La scorta ai mercantili viene data a dei bravi soldati, nella fattispecie i Marò del Battaglione San Marco, addestrati quanto volete, ma sicuramente poco avvezzi a furbate, evidentemente mal supportati da chi li dirige dalla madrepatria o addirittura scaricati da chi comanda le navi mercantili, come nel caso in questione. Ritornando al fattaccio in oggetto, pare quindi (il condizionale è sempre d’obbligo) che al largo delle coste meridionali Indiane, in acque legalmente di varia giurisdizione, un piccolo peschereccio indiano si sia avvicinato troppo ad una petroliera italiana, l’Enrica Lexie. Prima e banale considerazione: è mai possibile tanta stoltezza da parte di pur esperti pescatori che sanno benissimo di non doversi mai, e nella maniera più assoluta, avvicinare ai mercantili, onde evitare di essere scambiati per banditi all’arrembaggio. L’effetto è stata la reazione dei due fanti di marina di scorta che a quanto pare, essendo sicuri trattarsi di pirati, hanno fatto fuoco con le armi leggere in dotazione, uccidendo due dei pescatori presenti. E’ chiarissimo, sempre se così fosse andata, che ci sarebbero (con il massimo rispetto per i due pescatori morti) tutte le giustificazioni del pur tragico episodio, essendo il piccolo peschereccio giunto sicuramente a pochissimi metri dalla nave e non essendo stati abbattuti a chilometri di distanza da un missile intelligente o dalle artiglierie di grosso calibro. Molto pavidamente il comandante della petroliera italiana ha subito eseguito i voleri delle autorità indiane, consegnando velocemente i due militari italiani alle autorità del luogo, che sembrano volerli trattare come comuni delinquenti. Le reciproche diplomazie sono attualmente in piena attività; personalmente credo ci sarà sicuramente una soluzione positiva della faccenda, con il ritorno in Italia dei due militari, non essendo negli interessi dell’Italia e dell’India tirare troppo per le lunghe questo affare. Naturalmente a casa nostra il tutto viene invece esacerbato, esaminato in maniera estemporanea quando non macchiettista, privilegiando come sempre la componente politica della faccenda, solo in rapporto a come la si valuta soggettivamente, tralasciando la parte tecnica e realistica, l’unica che concretamente può fare quadrare il cerchio. Le soluzioni che gli italiani indicano sono talvolta le più bizzarre ed estemporanee. Ma quello che sto leggendo in questi giorni, (e credetemi sono rimasto di gesso credendo ad uno scherzo), ha dell’incredibile. Su Facebook un Gruppo (non lo indico per amor di Patria) numericamente molto consistente, formato “teoricamente” da moltissime persone qualificate (figurarsi quelli che non sono qualificati), auspica risolutamente il pugno di ferro dell’Italia contro l’India, addirittura con il dispiegamento al largo delle coste Indiane della nostra flotta, non so a fare cosa. Fermi tutti. Allora giochiamo un attimo alla guerra. Noi schieriamo contro l’India una ventina di navi da guerra ed il doppio di aerei da combattimento; intanto prepariamo l’intervento al massimo di qualche migliaio di soldati. Nel frattempo, dopo essersi ripresi dalle fortissime ed inarrestabili convulsioni da risate, la Repubblica Indiana, potenza economica mondiale in ascesa, con una popolazione di un miliardo e duecento milioni di persone, risponde mobilitando circa un milione di soldati, cinquecento cacciabombardieri ed un paio di centinaia di navi da guerra (dati reali). Naturalmente sbarcheranno in Sicilia, con l’ordine di invadere la Penisola ed arrivare a Bressanone o al Brennero in meno di ventiquattro ore. Ma state tranquilli: il loro piano miseramente fallirà. Saranno irrimediabilmente bloccati dai numerosi ed insuperabili cantieri della Salerno-ReggioCalabria. Sfiniti, con i loro mezzi chiusi ed imbottigliati nelle lunghissime ed interminabili file, sull’infernale autostrada in perenne realizzazione da mezzo secolo, gli indiani ritorneranno alle loro navi spossati ed atterriti, e rimpatrieranno in India. L’Italia? In nome dell’ "Hare Krishna" e del Sacro fiume Gange, mamma mia, lasciamola agli italiani …