Basso Volturno
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Grazzanise -

« “IL FIUME NARRANTE – Vita e Mito alla foce del Volturno” di Mario Luise: è l’affascinante  libro che lunedì, 23 aprile - alle ore 18,30 – tornerà all’attenzione del grande pubblico degli appassionati di letteratura e delle popolazioni della pianura che va da Capua al mare. L’aula magna dell’Istituto comprensivo statale di Via Cesare Battisti, in Grazzanise, sarà la sede, a libero ingresso, dell’eccezionale incontro culturale.

Il Cocevest (Comitato per la celebrazione degli Eventi storici), proseguendo nel suo cammino di impegno civile iniziato nel lontano 1996, ha voluto promuovere – d’intesa con le Piazze del Sapere coordinate da Pasquale Iorio, la dirigente del predetto Ic Roberta Di Iorio, la testata online La Voce del Volturno diretta da Mattia Branco, il Gruppo “Letteratitudini” fondato da Tilde Maisto, e il Comune di Grazzanise simboleggiato dal sindaco Vito Gravante – l’iniziativa di una nuova presentazione critica dell’opera di Luise riconducibile al genere fiction, scegliendo l’emblematica data della Giornata mondiale del Libro. Naturalmente sarà presente l’Autore che interverrà nell’alveo dei contributi affidati ai relatori e, con tutta probabilità risponderà anche alle eventuali domande finali dei presenti. Accanto a lui in sala vi sarà anche Eliana Riva in rappresentanza della Spring Edizioni srl che, nel 2017, si è fregiata della pubblicazione del volume.

L’orizzonte di senso dell’appassionato lavoro di Mario Luise si coglie già dalla copertina (che

offre al lettore la stupenda immagine ornitologica dei Cavalieri innamorati di Ciro De Simone 1°Premio al Concorso Internazionale di fotografia “Castelvolturno daMARE” 2017) e dal sottotitolo. Dunque la dritta è subito data appunto dalla metafora, più che significativa, degli uccelli e dal riferimento, realistico e fantastico insieme, all’esistenza umana così come s’è vissuta, in passato, e si vive, attualmente, alla foce del fiume più lungo dell’Italia meridionale, per di più rievocando nel “mito” un’antica serie di concezioni, riti e tradizioni (dal paganesimo alla religione cristiana) che hanno arricchito, nei secoli, in quella specifica e controversa realtà, il biunivoco rapporto uomo-natura.

Va da sé che nei ventisei capitoli del libro, irrobustito peraltro da un interessante repertorio fotografico, note esplicative e rapida assegna stampa, l’Autore sfodera sensibilità, acume, esperienza umana, sociale e politica che, tutto sommato, rendono IL FIUME NARRANTE opera di grande pregio.                                                                             “… Quando un territorio  diventa smisurata espressione  di un modo errato di vivere… allora altro non è che la metafora  delle disfunzioni dello Stato” scrive Luise in epigrafe, il che ci fa presto aggiungere che “lo Stato siamo noi” o “dovremmo esserlo, almeno dal 1946, anche in questa martoriata provincia di Caserta, già molto più ampia Terra di Lavoro fino ai primi anni del Ventennio nero”. Perfino poetico l’incipit del volume: “Alzandomi sulla punta dei piedi, il fiume lo vedevo dalla finestra. Del mare non sapevo ancora nulla, come pure gli altri bambini.  Per me la sponda che avevo di fronte - coperta di salici, cannucce e pioppi - non era l’infinito orizzonte, dove ti sperdi, ma una meta rassicurante che avrei potuto raggiungere. Prima o poi. Certamente quando sarei diventato più grande. Quindi, anche a quattro anni! Restavo a guardare in silenzio, buono buono, per tutto il tempo che mia madre riordinava la stanza da letto. Erano solo cento metri di fiume. Mi incantava la scafa. Per me esistevano solo la scafa e il sandalo. Non avevo idea di altre imbarcazioni. Il sandalo scivolava via, e usciva fuori dal piccolo campo visivo davanti al mio sguardo. La scafa, invece, stava lì…”. Un esordio splendidamente narrativo che anticipa il pathos di una ballata – Gli zingari –  i cui ultimi versi toccano profondamente il cuore : “Qui sul mare c’è il paradiso/ c’è la fine di ogni pena”./ Riti gitani/ la notte sul mare …/ “Oh stelle! oh mani!/ ci dite che fare?”/ “Non voglio, padre, più ritornare,/  l’asino lascio per il gabbiano:/ Girovagare su questo mare/  è il sogno mio di gitano”./ “Non posso, figlio, andare altrove”/ se il somaro non tocca il suolo. /Il destino è tornare dove /la morte non mi trovi solo... /Sono uno zingaro /ma resto un ignaro: /Il mare che ci ha sorriso /è il mare che ci ha diviso ”. Una ballata che ricalca emozioni e sentimenti maestosamente interpretati dal grandissimo Enzo Jannacci nel suo celeberrimo brano. Una ballata-inno dedicata con infinito amore al tratto in cui il Volturno si sposa col Tirreno, come millenni fa, come oggi, per sempre. Una ballata che andrebbe letta, cantata e commentata ancora adesso da genitori e figli accanto al focolare».

                                                                                                                            Raffaele Raimondo

                                                                                                                       Presidente del Cocevest

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