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La “corruzione” dal 1861 ai giorni nostri,

è stato questo il viaggio compiuto all'Università Giustino Fortunato nel corso di una interessantissima  giornata da  illustri esperti del mondo della giustizia e accademico,  che si sono confrontati su un tema assai delicato e sempre di grande attualità che caratterizza anche la recente pubblicazione “Storia dell'Italia corrotta” degli autori Isaia Sales e Simona Melorio, presenti nell'aula magna dell'UniFortunato. Ad introdurre il tema è stato il Prorettore Ennio De Simone, che ha innanzitutto evidenziato l'impegno profuso dall'ateneo telematico, protagonista di una serie di attività accademiche e culturali di ampio respiro. Il Procuratore della Repubblica di Benevento Aldo Policastro  si è detto soddisfatto dell'iniziativa organizzata dall'UniFortunato. E' un importante contributo per gli studenti che hanno assistito con grande interesse all'iniziativa caratterizzata dal tema della corruzione, che  ostacola l'imprenditoria libera ed indipendente, condiziona  le scelte e non aiuta a far crescere in maniera corretta il territorio. Se c'è corruzione non c'è democrazia, se non c'è  democrazia non c'è libertà d'impresa e conseguentemente – ha aggiunto il Procuratore Policastro - non ci sono  opzioni o possibilità di lavoro, di riscatto e di libertà". Ricostruendo alcuni dei principali scandali dal 1861 ad oggi, hanno provato, invece, a dialogare con gli studenti  gli autori della pubblicazione  “Storia dell’Italia corrotta”, Isaia Sales e Simona Melorio, partendo dal presupposto che non c’è altro comportamento criminale che scardina di più la percezione dello Stato e ne distrugge credenza e legittimazione, al punto da definirlo “reato di corrosione e di fragilità di Stato”, perché commesso da rappresentanti dello Stato su funzioni e compiti dello Stato. La corruzione per gli autori ha assunto, nel corso della storia italiana, essenzialmente il volto delle istituzioni”; non è dunque un problema della morale singola del cittadino ma della concezione dello Stato, di una parte delle classi dirigenti del Paese che hanno reso l’abuso e la profittabilità del loro potere un fatto consuetudinario e diffuso, una normale modalità di esercitare la funzione politica, burocratica e imprenditoriale. Si potrebbe quasi parlare di “banalità” della corruzione in Italia. Il persistere di un uso quotidiano della corruzione induce a domandarci perché essa ha così lunga vita nella storia della nostra nazione e come mai resiste ad ogni epoca e ad ogni regime politico. Perché ciò che è accaduto continua ad accadere? Con questo interrogativo gli autori si sono congedati dalla platea all'UniFortunato. ( C. S. )