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«In un post sulla sua pagina facebook lo scrittore Roberto Saviano ha affermato che i beni confiscati vanno venduti subito e che non deve esserci nessuna paura che tornino alle organizzazioni perché lo Stato troverà il modo di sequestrarli di nuovo. Purtroppo Saviano si sbaglia» lo afferma il Presidente della Commissione Beni Confiscati della regione Campania Antonio Amato «Il giorno in cui Don Ciotti giustamente denuncia come la criminalità abbia rialzato la testa tornando a devastare tanti beni confiscati, e chiede a istituzioni e cittadini una risposta ferma, questa presa di posizione dello scrittore di Gomorra sconcerta. Non solo le sue parole tradiscono le previsioni di una legge, la 109 del 1996 che prevede il riutilizzo sociale dei beni ed è nata dal milione di firme raccolte da Libera e dalle intuizioni di uomini come Falcone, Borsellino e La Torre» afferma Amato «ma soprattutto mi chiedo: che segnale si darebbe se, come ammette lo stesso Saviano, questi beni venissero riacquistati dai mafiosi? Che fine farebbe il valore simbolico della gestione dei beni confiscati? Saviano afferma: fa nulla se li riacquistano i mafiosi, tanto poi lo Stato li sequestra di nuovo. Ma allora i beni confiscati sono qualcosa che serve solo a fare cassa? E conosce Saviano la complessità dell’iter che porta alla confisca? E cosa si racconterà alle migliaia di giovani che ogni anno riempiono i campi estivi di Libera: venite qua a passare un po’ di tempo, magari il prossimo anno su questo terreno tornano i casalesi? E ancora a cosa servirebbe che tanti ragazzi, in tutt’Italia e anche a Napoli, si stanno specializzando nelle Università sulla gestione dei beni confiscati? In Campania» afferma il Presidente della Commisione Regionale sui Beni Confiscati «abbiamo approvato una norma per la valorizzazione dei beni confiscati che va in senso opposto alle dichiarazioni di Saviano e ne siamo orgogliosi. Perché se è vero che restano enormi problemi per la gestione di questo patrimonio, è altrettanto vero che questo è determinato innanzitutto dalla incapacità delle istituzioni di fare di questo tema un asset strategico e trasversale delle politiche di sviluppo, dalla mancata creazione di reti, di sinergie, capaci di coinvolgere il mondo dell’impresa, delle università, dell’assocaizionismo. In Campania ci stiamo provando» conclude Amato «C’è ancora tanto da fare, restano tante difficoltà.  Ma vanno affrontate, non evitate con facili scorciatoie. L’altro giorno abbiamo presentato la legge all’interno della Villa Confiscata a Sandokan dove è sorta una straordinaria esperienza per il sostegno a ragazzi con autismo. Lo abbiamo fatto nell’ambito del Festival dell’Impegno Civile, unica kermesse al mondo ad essere interamente realizzata sui beni confiscati promossa dal Comitato Don Peppe Diana. C’erano tantissimi casalesi, perché su questi territori, grazie a associazioni, cooperative, giovani che lavorano riutilizzando i beni confiscati si sta costruendo un nuovo modello di sviluppo sostenibile e inclusivo, si sta sviluppando economia sociale, si è superato da anni l’idea del semplice riutilizzo volontaristico. Il riutilizzo dei beni confiscati passa da questi esempi, non da una scriteriata ipotesi di vendita» 

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