In un supercondominio con regolamento contrattuale composto da diversi edifici, ciascun edificio ha una tabella decimillesimale.

Per due dei suddetti edifici - denominati villette - c'è un’ unica tabella decimillesimale il cui totale ovviamente, sommato a quello degli altri edifici dà 10000 decimillesimi. 
In una villetta di uno dei due edifici, staccati uno dall'altro, sono stati eseguiti importanti lavori di riparazione dei danni provocati da infiltrazione d'acqua.

La spesa per la riparazione è ammontata ad € 12.000,00 ed il danno è parzialmente coperto da polizza assicurativa.

L'amministratore ha inteso ripartire le relative spese su ambedue gli edifici sostenendo che non poteva fare altrimenti in quanto forniti di un’ unica tabella decimillesimale. 

 

PARERE.

Nel caso di specie, tenuto conto che il problema si è verificato in uno degli immobili che fanno parte del supercondominio, che i relativi lavori sono stati effettuati e se ne sono avvantaggiati i condomini ( e solo quelli) che di quell’immobile fanno parte, riteniamo che le spese vadano ripartite ex art. 1123, secondo e terzo comma, C.c..

La circostanza che le due palazzine siano fornite di un’unica tabella decimillesimale, non osta all’applicazione della ripartizione delle spese così come dispone il richiamato art. 1123 C.c.. Ben può l’amministratore ripartire la spesa in base alla Tabella della proprietà generale (tab. A) in base ai millesimi degli appartamenti che di quella palazzina fanno parte. (1)

All’applicazione della norma di cui all’art. 1123 C.C. potrebbe derogare il regolamento contrattuale di cui il supercondominio è fornito.

 

Tuttavia, dallo stralcio del regolamento inviatoci, quest’ultimo nulla dispone in contrasto con la norma del Codice civile richiamata, che riteniamo vada applicata nella fattispecie che ci occupa.

 

 

                                                                    Avv. Antonio Gaudiano



(1) Il fatto che le tabelle millesimali degli edifici in condominio esprimano il valore dei singoli appartamenti ragguagliandolo a quello dell'intero stabile, non impedisce che esse possano essere utilizzate, ai fini della ripartizione delle spese condominiali, anche nell'ipotesi in cui tali spese vadano suddivise, ai sensi dell'art 1123, primo capoverso cod. civ., fra i soli condomini che abbiano tratto utilità dalle opere eseguite. In tal caso, infatti, il rapporto di valore fra i singoli appartamenti ed il complesso delle unita immobiliari appartenenti ai condomini che hanno tratto utilità da tali opere ben può essere stabilito in base ai coefficienti millesimali indicati nelle tabelle, previa l'esecuzione delle operazioni aritmetiche occorrenti per calcolare il nuovo rapporto di proporzione. (Cass. civ. Sez. II, 30-05-1966, n. 1435)

 

Egregio avvocato,

nel mio palazzo una condomina dichiara di aver sostenuto delle spese per dei lavori che definisce ‘urgenti’ e pretenderebbe il relativo pagamento. Gli toccano? L’amministratore ha risposto che convocherà un’assemblea e se gli altri condomini riterranno la indifferibilità della spesa procederà al piano di riparto. E’ corretto tutto ciò?

 

Grazie.

Giovanna B.

 

 

Gentile signora Giovanna,

per principio generale i singoli condomini non possono sostituirsi nella gestione delle parti comuni: lei immagina un condominio dove ogni condomino si senta legittimato ad intervenire sia pure con proprie anticipazioni, arrogandosi il diritto di stabilire se una spesa sia oppure non sia ‘urgente’ e presentando successivamente il conto? Una babele.

Per spesa urgente deve intendersi la spesa che è tale solo quando sia assolutamente indifferibile al fine di evitare un pregiudizio grave alle parti comuni o all’incolumità dei condomini o di terzi: una porzione di intonaco ammalorato della facciata condominiale che rischia di cadere in testa a qualcuno.

In mancanza, la procedura è questa: il condomino che ritiene indifferibile l’esecuzione di lavori urgenti, deve farne richiesta all’amministratore il quale convocherà un’apposita assemblea straordinaria. In mancanza dell’amministratore potrà lo stesso condomino  convocarla ex art. 66 delle Disp. Att. al codice civile.

Se l’assemblea non provvede o, se provvede ma l’amministratore non dà esecuzione ai delibarata assembleari, potrà richiedere al tribunale competente la nomina di un amministratore ad acta, ex art. 1105 cod. civ..

Solo per inciso: se l’amministratore era in carica al momento dell’esecuzione dei lavori, non direi che sia proprio un amministratore troppo presente in condominio. Le pare? 

Egregio avvocato, l’amministratore del condominio dove vivo mi ha chiesto di fornirgli copia del titolo di proprietà del mio appartamento con i dati catastali aggiornati, oltre alle generalità e codice fiscale di chi ne risulta il proprietario e tutti i dati dell’eventuale inquilino. Sono tenuta a darglieli? E la privacy che fine fa?

Giuseppina G.

 

Gentile signora Giuseppina,

La richiesta fattale dal suo amministratore è pienamente legittima e discende dalla legge 220/2012 che andrà in vigore dal prossimo 18 giugno 2013.

La tenuta del registro dell’anagrafe del condominio è un obbligo per l’amministratore. L’art. 1130 del Codice civile, così come modificato dalla legge di riforma che abbiamo sopra richiamato, al n. 6 del primo comma istituisce un registro di anagrafe condominiale, che deve “… contenere le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza …” .

La legge prevede altresì che nel caso in cui il condomino non fornisca questi dati, l’amministratore li richiederà con lettera raccomandata e, trascorsi inutilmente trenta giorni, procede all’acquisizione di tali dati ponendo le relative spese sostenute a carico del condomino inerte.

Realizzare il registro anagrafe del condominio è un obbligo anche per  l’amministratore, la cui mancata tenuta è motivo di “grave irregolarità” che può comportare anche la revoca dello stesso amministratore inadempiente.

Se, tuttavia, lei ha delle remore a consegnare copia del suo atto di proprietà, può provvedere a fornire tutti i dati a mezzo di un’autocertificazione, in questo modo fa salva anche la sua privacy.

 

Avv. Antonio Gaudiano

Egregio avvocato,

sono vedova e i due miei figli per motivi di lavoro si sono dovuti trasferire lontano. Da quando, alcuni anni orsono,  mio marito è venuto a mancare il mio piccolo cagnolino mi fa compagnia e allevia la mia solitudine. Tuttavia, proprio Lola è stata nel passato e ancora tutt’ora è fonte di litigi con qualche vicino di casa. Qualche settimana fa ho sentito per televisione che la nuova legge del condominio dice che i cani o comunque gli animali si possono tenere in casa e che nessuno può impedirlo. Ho approfittato dell’ultima riunione di condominio per accennarne all’amministratore per farmi dare da lui qualche chiarimento in più. Le confesso che non è che ci ho capito molto; però ho avuto la sensazione che neanche lui avesse le idee molto chiare sull’argomento.

Insomma, che dice la nuova legge: Lola posso tenerla senza che nessuno mi crei problemi?

Grazie.

Giovanna B.

 

Gentile signora Giovanna,

la norma contenuta nell’art. 1138 del codice civile introdotta dalla nuova legge di riforma del condominio (L. n. 220/2012) è talmente perentoria che lascia pensare più di quello che dispone (“Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”).

Tuttavia bisogna fare preliminarmente delle distinzioni: tra regolamento contrattuale e regolamento approvato a maggioranza dall’assemblea; tra diritti disponibili ed indisponibili; tra proprietà esclusiva e spazi comuni condominiali.

La norma (che abbiamo citato per l’innanzi) contenuta nell’ultimo comma dell’art. 1138 cod. civ. (così come modificato dalla legge di riforma) fa riferimento al regolamento approvato dall’assemblea a maggioranza. E’, infatti, quest’ultimo a non poter disporre limiti e/o divieti alle proprietà esclusive (appartamenti, etc.). I regolamenti di questo tipo dispongono solamente in merito all’uso degli spazi comuni condominiali e nulla possono in ordine alle proprietà esclusive. Tecnicamente non possono limitare i diritti esclusivi di ogni singolo condomino.

Orbene, nella sua lettera, non ci ha specificato se nel suo condominio vige un regolamento approvato a maggioranza oppure questo sia di tipo contrattuale.

Se è di tipo assembleare sappia che non può vietare ai condomini di detenere in casa animali domestici.

Caso diverso è il regolamento contrattuale. Questo è un regolamento che viene predisposto in genere dal costruttore, viene inserito nell’atto di acquisto della proprietà (rogito notarile) del quale diviene parte integrante e può contenere anche limitazioni al diritto di proprietà. Nel senso cioè che all’atto dell’acquisto della proprietà (appartamento etc.) il nuovo proprietario può accettare anche eventuali limitazioni al suo diritto di proprietà e/o alle relative facoltà (una tra queste può essere quella di non detenere animali in casa). E’ quello della proprietà un diritto disponibile (nel senso che chi ne è titolare può anche accettare delle compressioni dello stesso) e dunque chi acquista casa può anche accettare eventuale divieto di detenere in casa animali.

Tenga però presente che la detenzione di animali in casa è soggetta a ben precise norme contenute nell’ordinanza del Ministero della Salute entrata in vigore il 23 marzo 2009.

 Questa prevede tra l’altro che i proprietari degli animali debbono comportarsi in modo tale da non ledere o nuocere alla quiete e all’igiene degli altri conviventi dello stabile.

L’amministratore potrà richiedere l’allontanamento dell’animale, in caso di rumori molesti (se il cane abbaia, per es. nelle ore nottturne…) o di odori sgradevoli (un cane tenuto sul terrazzo di casa, dove fa i propri bisogni e non venga pulito con assiduità e scrupolo…). Tenga altresì presente che gli animali non possono essere abbandonati per lungo tempo sul balcone o nelle abitazioni perché si potrebbe ipotizzare il reato di “omessa custodia” (art. 672 del codice penale).

Nel caso di immissioni rumorose è possibile anche ipotizzare il reato di “disturbo del riposo delle persone” (art. 659 del Cod. civile).

Non ci ha precisato se i litigi con i suoi vicini a causa di Lola siano avvenuti a seguito del fatto che abbia lasciato il suo cognolino libero di scorrazzare negli spazi comuni condominiali.

Anche in questo caso vi sono delle prescrizioni alle quali i proprietari di animali domestici debbono attenersi, come: tenere pulita l’area di passeggio, utilizzare il guinzaglio e, nel caso di animali aggressivi, utilizzare la museruola.

Insomma, vero è che la nuova legge ha previsto che il regolamento non possa vietarela detenzione dei animali (‘domestici’) in casa; ma non sono venuti meno gli obblighi a carico dei proprietari degli stessi animali.

Spero di essere stato chiaro.

Cordiali saluti

avv. Antonio Gaudiano

Egregio avvocato Gaudiano,

una quindicina di giorni fa dalla parte sottostante il mio balcone si è staccata una parte di intonaco che è caduta sul balcone del proprietario dell’appartamento sottostante. Preciso che il nostro non è un palazzo storico, ma realizzato in cooperativa. La riparazione, secondo me, è di competenza dell’altro proprietario, mentre quest’ultimo insiste che invece dovrei io provvedere alla riparazione. Sono sicuro di avere ragione, ma stante il rapporto di amicizia che ho con questa persona non vorrei che un minimo episodio del genere potesse compromettere un bel rapporto di amicizia e di buon vicinato.

Grazie.     Pasquale D.

 

Carissimo sig. Pasquale, mi dispiace darle una delusione, ma il suo vicino ha perfettamente ragione: nel caso che mi ha prospettato, la riparazione spetta proprio a lei.

La Corte di Cassazione riteneva che la soletta del balcone doveva essere assoggettata al regime della comunione tra il proprietario dell’appartamento sovrastante e di quello sottostante. Dunque, nel caso di specie doveva essere applicato il regime delle spese di cui all’art. 1125 c.c.. Secondo questa norma in caso di riparazione al proprietario sovrastante spettava la spesa per il pavimento, mentre la riparazione del sottobalcone spettava al proprietario dell’appartamento sottostante.

Sul punto la Corte di Cassazione ha mutato orientamento e con una recente sentenza (la n. 2241/2012) ha stabilito che “i balconi ‘aggettanti’, costituenti un ‘prolungamento’ della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa”. La Suprema Corte, nella stessa sentenza ha altresì stabilito che “I rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore dei balconi ‘aggettanti’ si devono considerare beni comuni a tutti ex art. 1117 c.c., solo quando s’inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole”.

Il suo balcone ‘aggettante’ non ha elementi decorativi che possano rappresentare un ‘bene comune’ al condominio e quello che si è staccato dal balcone è del semplice intonaco.

Cordiali saluti.

Avv. Antonio Gaudiano

Egregio avvocato,

da un po’ di tempo è venuta ad abitare sopra il mio appartamento una signora (single e giovane pensionata) che tiene accesa la tele a tutto volume sia di giorno che di notte. Ho più volte provato, dapprima con le buone maniere, a chiederle di abbassare il volume. Ma mi risponde di avere problemi di udito e che non riuscendo a dormire la notte la tele le fa compagnia.

Mi sono rivolta più volte all’amministratore, ma mi risponde che più che richiamare la signora al rispetto del regolamento condominiale, non può fare perché la legge non gli dà alcun potere. Ho il sospetto che lui semplicemente non ha voglia di intervenire.

Cosa posso fare? Di giorno la cosa la si riesce a tollerare, ma di notte sono problemi. Il mio problema è comune anche agli altri condomini.

 

Miryam  – Bergamo.

 

Gentile sig.ra Miryam,

ha ragione l’amministratore: pensi che l’art. 70 delle disp. di att. del C.c. prevede che l’amministratore possa irrogare una sanzione contro l’inadempiente nel massimo ad euro 0,05, se però esiste una previsione nel regolamento condominiale. Dunque, più che richiamare la signora al rispetto del regolamento e, direi, alle regole della buona educazione non può fare. ‘Assolto’ l’amministratore, veniamo al fatto.

In tema di immissioni si applica per analogia l’art. 844 del Codice civile, che stabilisce che:

 

 “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.”

 

Le immissioni (e tra queste ci sono anche quelle ‘rumorose’ della televisione della sua vicina) non possono essere impedite, a meno che non superino ‘la normale tollerabilità”.

Ma come si fa a stabilire se i rumori provenienti dall’appartamento della sua vicina rientrino  o no nella normale tollerabilità?

Mi scrive che il volume alto della vicina dà fastidio non solo a lei ma anche agli altri condomini: questa è una prima condizione che andava soddisfatta. L’immissione rumorosa, infatti, non deve arrecare fastidio ad un solo condomino, ma a tutto il condominio.

Occorre una perizia fonometrica per accertare se l’immissione sia o no tollerabile. Ma in questa si dovrà tenere conto dei cosiddetti rumori di fondo. Una cosa infatti è se il suo condominio e il suo appartamento siano prospicienti, per es. ad una pubblica via trafficata di giorno, altra cosa sarebbe se si trovasse immerso in un parco silenzioso.

 

La perizia tecnica ordinata dal giudice, tenderà a stabilire (tenuto conto dei rumori di fondo) di quanti decibel il rumore proveniente dall’appartamento della sua vicina superi la normale tollerabilità.

Di notte, ovviamente, le cose cambiano,visto che i rumori di fondo diminuiscono.

Sarà il giudice ad ordinare alla sua vicina di ridurre le immissioni di rumore nei limiti del tollerabile.

Ci si augurerebbe che ricevuta la lettera di un suo legale, la stessa signora ‘rumorosa’ prenda i dovuti provvedimenti, al fine di evitare un inutile giudizio, con le relative spese.

 

Avv. Antonio Gaudiano.

 

 

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