Condominio
Carattere

 

(avv. Antonio Gaudiano)  - E’ l’art. 1132 Cod. civ. a regolamentare la materia.

Qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all'amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L'atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione.

Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se l'esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.”

Dunque per poter esprimere il proprio dissenso verso una lite che si voglia intraprendere o rispetto alla quale il condominio sia chiamato a difendersi, il condomino può farlo solo se siano soddisfatte tre condizioni:

1.       Che la lite riguardi parti comuni dell’edificio;

2.      Che trattarsi di una decisione assunta dall’assemblea con delibera;

3.      Che trattarsi di una causa tra condominio e terzi.

1. In merito al primo punto occorre precisare che la circostanza che l’amministratore possa agire in giudizio in rappresentanza del condominio, non fa venir meno nel singolo condomino la qualità di ‘comproprietario’ delle parti comuni. Da ciò discende che ciascun condomino può agire in proprio a tutela del bene comune e della sua quota ideale di proprietà ([1]). Ciascun condomino può intervenire in un processo, in quanto non è terzo, ma parte originaria dello stesso ([2]). Può altresì impugnare in proprio la decisione emessa in giudizio nel quale egli sia stato rappresentato dell’amministratore ([3]).

2. Il dissenso il condomino potrà esprimerlo solamente nei confronti di una delibera con la quale l’assemblea condominiale abbia deciso di avviare una lite o di difendersi in essa ([4]).

Deve trattarsi di una delibera assembleare e non di un provvedimento assunto dall’amministratore nell’ambito dei poteri ad esso conferiti dalla legge (art. 1133 cod. civ.).  A mente dell’art. 1133 Cod. civ.  l’amministratore   può promuovere senza delibera condominiale, motu proprio,  le liti che rientrano nelle attribuzioni ad esso conferite dall’art. 1130 c.c.: l’osservanza del regolamento condominiale, l’esecuzione delle delibere assembleari, la  disciplina delle parti comuni, la riscossione delle quote condominiali, il pagamento delle spese e l’adozione degli atti conservativi. Ciò comporta che indipendentemente dall’attività od inerzia dell’amministratore, ciascun condomino potrà far valere autonomamente e difendere i diritti comuni. E ciò potrà fare anche nella circostanza di rifiuto dell’assemblea.

In quali forme ed entro quali termini il condomino potrà esprimere il proprio dissenso? Il condomino che voglia separare la propria responsabilità in ordine alle spese in caso di soccombenza dovrà, a norma dell’art. 1132 cod. civ. far pervenire il proprio dissenso a mezzo raccomandata all’amministratore entro 30 giorni da quando sia venuto a conoscenza della delibera. Dunque, se presente dalla data dell’assemblea, ovvero dalla notifica del verbale.

Ai fini dell’art. 1132 cod. civ.  occorrerà essere certi che l’interesse del condominio vincitore non abbia comportato alcun vantaggio per il condomino dissenziente. E, pertanto, occorre tener distinta l’ipotesi nella quale il condominio risulti soccombente rispetto alla lite, dall’ipotesi nella quale invece risulti vittorioso e il condomino dissenziente ne tragga vantaggio. Nel primo caso, il condomino dissenziente è esonerato dalle spese di soccombenza; nel secondo caso, invece, il condomino dissenziente, che, tuttavia, abbia tratto vantaggio dalla lite risultata favorevole al condominio, è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile recuperare dalla parte soccombente.

3. Altra condizione che deve essere soddisfatta è che si versi nell’ipotesi di lite tra condominio e terzi estranei al condominio. Cioè che non si tratti di lite tra condominio e condomino.

La giurisprudenza sulla questione ha puntualizzato che, nell’ipotesi di lite tra condominio e condomino, “non è applicabile neppure in via analogica l’art. 1132 c.c. che disciplina l’ipotesi di lite tra un condominio e un terzo estraneo e neppure l’art. 1101, richiamato dall’art. 1139 stesso codice”([5]). Nello stesso senso “nell’ipotesi di controversie tra condomini, infatti, l’unità condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite per dar vita a due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra di loro, con la conseguenza che il giudice nel dirimere la contesa provvede anche definitivamente sulle spese del giudizio, sicché la parte soccombente non può essere tenuta a pagare alla parte vittoriosa, per le spese di giudizio, una somma maggiore per quella per cui ha riportato condanna” ([6]).


 


 



[1] Cass. 25 giugno 1994 n. 6119

[2] Cass. 27 gennaio 1997 n. 826

[3] Cass. 6 dicembre 1978 n. 5769; Cass. 21 maggio 1979 n. 2922; Cass. 20 agosto 1986 n. 5101; Cass. 22 novembre 1986 n. 6881; Cass. 29 aprile 1993 n. 5084; Cass. 9 giugno 2000 n. 7891; Cass. 4 luglio 2001 n. 9033; Cass. 19 maggio 2003 n. 7827.

[4] Cass. 10 giugno 1997 n. 5163

[5] Cass. 25 marzo 1970, n. 801

[6] Cass. 15 maggio 2006, n. 11126,