n quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». (Matteo 18,21-35)

 

COMMENTO

Quando recito il “Padre nostro”, e arrivo alle parole”rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai  nostri debitori..”,confesso che ho sempre un momento di esitazione e la paura di trovarmi bugiardo dinanzi a Dio.

Ed è così forse anche per altri di voi. Come possiamo dare a dio, nel chiedere il suo perdono, la garanzia del nostro perdono al fratello?

Credo che Pietro sia stato uno spirito bollente, e nel suo mestiere di   impresario di pesca, abbia avuto contrasti con la concorrenza, o con i soci di  gestione, e pensandoci, gli viene di chiedere a Gesù  fino a quante volte bisogna avere il coraggio di perdonare.  E il Maestro gli risponde con una formula matematica che vuole significare che il perdono va dato sempre. IL discepolo di Gesù, vuole insegnare il Maestro, deve agire come agisce il cuore di Dio Padre che non conserva  rancore, o ricordo del male ricevuto, ma è misericordioso sempre. Egli, Dio, non giudica e non condanna, ma se noi andiamo a lui con cuore umile per chiedergli il perdono, egli innesta  la sua misericordia sul nostro presente.

Parabola raccontata da  Gesù è abbastanza eloquente, e spiega in modo limpido come  bisogna porsi in misericordia con i fratelli, perchè ad un atteggiamento contrario verso di loro, Dio non è indifferente. Per essere sempre nella disposizione del perdono bisogna anzitutto avere coscienza che noi siamo peccatori e che anche noi abbiamo bisogno di essere perdonati da Dio e anche dai fratelli.

Perdonare non è perdere, ma vincere se stessi! Perdonare non è abbassare la propria dignità, ma rinforzarla dinanzi a Dio che la rende più limpida e forte.

Vendicarsi è abbassarsi, ponendosi sullo stesso livello dell’offensore. Perdonare è innalzarsi al di sopra, e tendere la mano dell’amore, mano tesa che può recuperare del tutto a Dio l’offensore.

E' anche vero che a volte perdonare non è facile… Le nostre forze non sono sufficienti, ed ecco l’aiuto della Grazia, e lo sguardo a Calvario su Gesù morente, che, oltre a perdonare, scusa dinanzi a Dio i suoi uccisori.

Il perdono ci fa andare “oltre” ci fa essere”più”, ci pone nella linea del cuore di Dio.

L’avvenire appartiene a quelli che amano, non a quelli che odiano… Tanti sono violenti, perché non sono stati abbastanza amati!”(Pio XII)

Commento a cura di P.Pierluigi Mirra passionista

n quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». (Matteo 18,15-20)

 

COMMENTO

Chi è la sentinella? E colui che sta  di vedetta per annunciare un arrivo, un pericolo, un evento. Al profeta Ezechiele Dio dice:” Ti ho costituito come sentinella per gli  Israeliti. Ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mie.” La sentinella veglia sul bene della comunità e vuole il bene di ognuno.

 

Ogni cristiano, per il fratello e per la Comunità ,è una sentinella accorta e avveduta, non solo alle necessità dei fratelli, ma  pronta ad aiutare ognuno, ad  avere il cuore aperto, sa ascoltare, sa tendere la mano, sa porre in atto il precetto dell’amore. Egli ,in nome appunto dell’amore , sa guardare le cose che non vanno, le miserie momentanee del fratello o dei membri della Comunità, ma come Cristo non condanna, sa correggere, se è necessario, con carità e lungimiranza, facendo si che ogni intervento di correzione nasca sempre dal cuore.

 

Gesù nel brano del Vangelo di questa Domenica ci offre anche il metodo di come correggere, un metodo intriso di decisione ma anche di delicatezza. Anzitutto ascoltare il fratello in difficoltà ,dialogare in carità con lui, in modo che il fratello stesso percepisca che chi vuole correggerlo non è un giudice che giudica e condanna, ma uno che lo sta amando, e gli offre la mano della carità. Gesù dice  anche però che neppure bisogna nascondersi nel silenzio o nella indifferenza, se il difetto del fratello è pubblico e può inficiare la vita della comunità.

 

Al vero cristiano, che vuole il bene dell’altro, anche se ha sbagliato,  con decisione e forza interiore che parte dall’amore trovare sentieri di carità, di rispetto, per salvare il fratello. A volte sono le nostre paure, o la nostra indifferenza,  a lasciare che il fratello caduto non possa rialzarsi, e la piaga del suo difetto momentaneo, può diventare una cancrena nel tempo.                                                                                                                                                        Il  cristiano e la comunità ,dinanzi al male , al peccato, non devono, ne possono tacere o rassegnarsi, ma alzare, se è necessario, la voce, e operare con decisione e carità.

 

Ricordiamo della saggezza antica:”Dove manca la correzione, abbonda la corruzione!”.

 

Commento a cura di P. Pierluigi Mirra Passionista

 

n quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. (Matteo 16,13-20)

 

Commento

Quella di Gesù è una verifica o una semplice inchiesta?

Nella prima parte del  brano di Matteo ha tutta l’apparenza di essere una vera inchiesta sul come la gente   vede la sua identità.  Infatti i discepoli si affollano e si affannano nel riferire ciò che dalla gente hanno sentito sulla figura di del Maestro.

Nella seconda parte la domanda di Gesù è una vera verifica, e costringe i suoi discepoli che lo seguono da tempo, ad aprirsi e a rivelare quale il  giudizio personale sull’identità del Maestro. “ Ma voi chi dite che io sia?..” Dal testo appare che i discepoli sembrano avere un momento di silenzio e di esitazione, fino a quando Pietro, ripieno dello Spirito di Dio, rivela a Gesù la sua vede identità di “Figlio di Dio”, e da Gesù, a sua volta, a“Simone, figlio di Giona” viene data una nuova identità, “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherai la mia Chiesa!”

Appare evidente che Gesù, prima di presentare il progetto della famiglia che da lui nascerà, la chiesa, e di cui gli Apostoli saranno le fondamenta, vuole che i discepoli  siano davvero certi della sua identità.

Inoltre a loro e ai loro successori da il potere di “legare e sciogliere” , di rimettere i debiti dell’umanità peccatrice, ma in cerca di salvezza.

Gesù sembra anticipare l’epoca dei sondaggi, che oggi si anno sui più strani e futili motivi , e da questi spesso  ci facciamo condizionare nel nostro agire.  Ma quello di  Gesù è un sondaggio che dura  duemila anni, ed ancora oggi è valido per tutti, ma in particolare per coloro che lo seguono, e che , a volte, non sono del tutto coscienti del contenuto della  propria fede. “ Chi sono io per te?..” “Quanto conto nella tua vita?..” Domande importanti e inquietanti nello stesso tempo, che attendono una  risposta personale, non prefabbricata ,neppure rubata al Catechismo e alla speculazione teologica: Una risposta vera e genuina che vale non soltanto per rispondere a  Gesù, ma per dire anche a chi  ci vive accanto chi è per noi Gesù nel quotidiano.  Sia  Gesù che ai fratelli non basta dimostrare  se abbiamo appreso la lezione della fede, ma se la identità di Gesù vive e opera in noi, e se il nostro credere non solo dimostra che abbiano incontrato Cristo nella fede ma di viverlo autenticamente.

Rivelarlo, dirlo con la vita, affermando la sua presenza in mezzo a noi, compagno fedele del nostro pellegrinaggio verso l’eternità.

Quasi affascinati dalla sua figura dobbiamo”rivelare al mondo il volto luminoso di Cristo, e mostrare che Egli  è,oggi più che mai, il polo del mondo in ricerca..”(Paolo VI)

Commento a cura di P  Pierluigi Mirra passionista

n quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.

Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».

E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.

Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. (Matteo 14,13-21)

Commento

Si ha fame e si cerca il pane altrove; si ha sete e ci si allontana  dalle sorgenti genuine; si è stanchi e si continua a correre, quasi a non volere perdere il posto nella luna fila che a volte sembra portare verso l’ignoto. E dinanzi alla necessità di silenzio si continua a rompere i  vuoti del giorno e della notte con rumore e chiasso, e non c’è più spazio per avvertire, ascoltare voci tenue e lievi che vogliono parlarci, ma nel silenzio.

Gesù è un uomo d’azione, ma ama spesso appartarsi, oltre che per riposarsi dalle fatiche apostoliche, anche per parlare con il Padre suo, quasi a interpellarlo circa  le sue azioni importante che sta per mettere in opera.  Porsi in silenzio non è un’evasione ma una necessità, a parte del fisico a volte, ma principalmente dello spirito che ha bisogno di sentire voci che spesso non vengono da tuoni a da terremoti, ma da una brezza live, nella quale, come per Elia, passa Dio (1 Re 19,11-14). Nel silenzio,  avvertendo i passi di Dio, viene il desiderio, non solo di ascoltarlo, ma di parlare con Lui. Ecco che allora il silenzio è all’origine della preghiera, di quel caricarsi per  chi è affamato, per chi è assetato e che non hanno danaro, perché alla vera mensa di Dio, dialogando con Lui, si mangia e si beve, e tra Dio e l’uomo si crea una storia di amore e di amicizia. ( Is.55,1-3)

E quando si uniti davvero a Dio, il miracolo dell’amore  avviene ogni giorno ,è fatto dal quotidiano dell’uomo, il quale da Cristo non potrà essere separato da niente e da nessuno (cfr.Rom.8,35) Ma coloro che sono innestati in Cristo, non solo non potranno temere una possibile rottura, ma saranno vincitori in virtù dell’amore che a loro è stato donato (id.8,37).

Ma è anche vero che per rimarne uniti a Cristo, la fame e la sete di Lui non ci deve abbandonare mai, con la certezza che egli ci offre una fonte genuina concreta e una mensa imbandita. A questa fonte si attinge l’acqua che ha in se il DNA della vita eterna, e chi la beve è candidato alla vita eterna con Cristo; a questa mensa., che non è solo l’occasionale mensa, se pur miracolosa, dei 5 pani e dei 2 pesci, che con la potenza  di Gesù diventano pane e companatico per quelle migliaia di persone che lo seguono attratti dalla sua Parola.

La mensa che Cristo ci offre è la mensa del suo amore senza confini, che rompe le barriere del Cenacolo e si offre a chi crede, perché la sua fede diventi forte, la sua carità abbia contenuto e il suo desiderio di assimilarsi a Cristo si realizzi.

Però guai a sedersi a questa mensa  dimenticando gli altri assetati e affamati!

Siamo chiamati a condividere, a distribuire, ad allargare questa mensa con la carità, a farle diventare una mesa grande come il mondo, perché chiunque cerchi quel pane lo trovi, e ogni assetato possa bere l’acqua che trova in  Cristo. Tutto ciò lo esprime bene la Colletta di questa Domenica che così ci fa pregare:” fa che il pane moltiplicato dalla tua provvidenza sia spezzato nella carità, e la comunione ai tuoi santi misteri ci apra al dialogo e al servizio di tutti gli uomini.” E la carità è una presenza. E’ necessario non soltanto donare, ma donarsi! “ (R. Follereau).

Commento a cura di P. Pierluigi Mirra Passionista

n quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni». ( Matteo16,21-27)

Commento

Pietro è stato sempre fortemente innamorato di Gesù. E in certi momenti dimostra questo  suo amore e il suo entusiasmo di essere sempre con il Maestro. Anche quando lo rinnegherà? Sarà solo per un momento di paura, ma poi sappiamo che saprà riscattarsi. Gesù, dopo avere verificato la fede degli Apostoli nella sua identità, ecco che comincia a prospettare loro quale sarà l’inizio della  costruzione del suo progetto  di chiesa. Parla della  sua Passione e della sua prossima fine. Un velo di tristezza  scende sul cuore degli Apostoli, ed ecco il solito Pietro a dire:”Maestro non voglia il cielo che ciò avvenga!” Ma Gesù sembra vedere nel parlare di Pietro quasi una tentazione, ed ha per lui parole di duro rimprovero. La Passione che lui sta per vivere, la Croce che sta per abbracciare, la morte, sono per lui centro del volere del Padre circa la sua Missione su questa terra.  Egli, guardando lontano, va oltre la sua Passione e Morte, e traccia alla luce di essa il percorso da fare da chiunque verrà a porsi a camminare con lui, , un percorso in cui la Passione e la Croce saranno come un distintivo indelebile, e un segno di garanzia  di  riuscita ,per ritrovarsi non solo nel volere del Padre, come Gesù, ma nella direttiva della vita eterna. Il percorso tracciato da Gesù sembra andare contro ogni logica umana: perdersi per ritrovarsi, odiarsi per sentirsi amati, giocarsi la vita per vincere la partita della vita eterna.                Un discorso illogico, ma vero che va ascoltato non con orecchio da mercante, ma con disponibilità interiore per potersi ritrovare, forse al di la della logica umana, ma nella logica Cristo.

Ma non è ritrovare  se stesso, realizzandosi, il compimento della vita di ogni uomo?

Eppure Gesù parla di “rinnegare se stessi” per potersi ritrovare e realizzarsi per sempre!

Ma non è correre nella vita liberi, saltare ostacoli e barriere, superare difficoltà e sofferenza, per assaggiare la vita fino in fondo? Eppure Gesù vuole caricarci sulle spalle una croce  forse per camminare piano con lui, e farci assaporare ogni passo della nostra strada.  Se vogliamo seguire Gesù non possiamo adagiarci nelle comodità! Infatti nella II Lettura, Paolo ci esorta ad avere una mentalità diversa, a trasformarci per fare   ciò che è bene e gradito al Signore. Il nostro esercizio costante è abituarci a pensare e ad agire come Gesù, alla luce del volere del Padre.  E’ bello concludere con ciò che dice Gandhi:” Quando l’io muore, Dio ne riempie il vuoto. Trova se stesso chi perde il proprio io!”

Commento di p. Pierluigi Mirra

n quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita. (Matteo 15,21-28)
Commento
“Chiedete e vi sarà dato.. Bussate e vi sarà aperto..”, sono parole di Gesù che animano la nostra fiducia in Dio, e ci spingono a chiedere, a bussare con la certezza di essere esauditi. Ma nel brano del Vangelo di questa Domenica, sembra che Gesù si contraddica, e, almeno inizialmente, sembra non ascoltare chi chiede. Forse sarà perchè la cananea sarà straniera? Forse perché la donna non appartiene al gregge di Israele per la cui salvezza egli è stato mandato? Certo che Gesù ha anche parole forti nei confronti della donna che chiede, associandola ai cagnolini che  prendono le briciola che cadono dalla mensa del padrone.   S. Giovanni Crisostomo, leggendo questa pagine dice  che il rifiuto iniziale di Gesù non è un insulto alla donna perché straniera. Ma per dare uno dare uno stimolo alla fede della stessa donna, perché  ess possa scoprire il tesoro di fede che si racchiude  nel suo cuore.
Ma la donna è una mamma che chiede, e dinanzi alla prima reazione di Gesù non sembra offesa, anzi nel replicare a Gesù dice  di non pretendere il pane della mensa, ma che lei si contenta delle briciole  che cadono per terra, e che i cagnolini si apprestano a raccogliere. Alcuni autori, commentando questo passo di Matteo, dicono la donna    di “cocciuta dolcezza”, e che sa andare oltre la risposta di Gesù, e fissare la  forza della sua fede nella potenza di Gesù che può guarire la figlia ammalata .”E’ la donna  che crede, crede nel miracolo”(Mazzolari).  Ella esprime la sua fede con parole semplici, e sa attendere la risposta, la quale, quando arriverà ,sarà anche carica di meraviglia :”Donna, davvero grande è la tua fede! ”Ed è la fede della donna che ottiene la guarigione della figlia.
Chi crede non si arrende    e, ma prende in prestito la pazienza di Dio che sa attendere, chi crede e sa porsi in umiltà. C’è da domandarsi, sull’esempio  di fede della cananea, quale è lo stile della nostra preghiera, del nostro porci nel bisogno dinanzi a Dio.
Le richieste infilzate nelle nostre litanie a Dio non sono e non possono essere esaudite se non ci poniamo nella viva coscienza delle nostre necessità, della nostra impotenza, cosciente ancora di ciò che dice Gesù:” Senza di me non potere fare nulla!”
I fondamenti del nostro dialogare con Dio sono anzitutto l’umiltà, il porsi dinanzi a Dio nella verità, e poi la fede, che non è soltanto un alzare la voce, ma porsi nella disponibilità della volontà di Do che sa ascoltare, e dare a ciascuno ogni cosa a tempo opportuno.     Noi che crediamo siamo fortunati perché abbiamo nel cuore gli occhi di Dio, i quali sanno guardare oltre le cose e le situazioni della vita.
Commento a cura di P .Pierluigi Mirra passionista

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».

Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». (Matteo14,22-33)

Commento

L’uomo d’oggi, pur dinanzi a certe scoperte,  ieri,  e dinanzi ai segreti della natura che, scoprendoli gli si aprano davanti, sembra un po’ cinico, e pare che abbia perduto il senso del meravigliarsi. “ Che meraviglia ..Che stupore!.. Che bello!..”, parole che  udiamo poco dinanzi alla vere bellezze, o le usiamo per camuffare  la nostra delusione dinanzi a cose o persone che vogliono apparire per quello che non sono. Ci sentiamo anche padroni del mondo, ma forse per non porre in atto le gerarchie dei valori, a volte alla meraviglia e allo stupore, vediamo entrare la  cultura della paura.

Elia, leggiamo nella prima lettura, è stanco, e non sembra più meravigliarsi di ciò che il Signore opera attraverso lui, e la sua stanchezza lo fa vacillare nel coraggio di andare ,dinanzi   all’odio di Gezabele che lo insegue, e il profeta  vuole arrendersi    a Dio. Ma sul Monte Oreb fa l’esperienza di una presenza, sentendo il passaggio di Dio  che si nasconde nelle brezza marina, e obbedisce al Signore che lo invita a uscire e a  fermarsi sul monte davanti a Lui per ascoltare la voce del silenzio nel quale parla Dio, quel silenzio che lo riempie di coraggio e lo porta a riprendere il cammino per attuare i disegni di Dio. E’ da quel silenzio che ci carica della presenza di Dio nello stupore e nella meraviglia, nasce anche la. forza di andare, forse camminando anche per sentieri bui,  là , dove ci v, della quale Dio stesso è il capitano  e ci guida nella rotta .E’ vero che non sempre il mare che attraversiamo è calmo, e non sempre chi ci sta  accanto ci incoraggia nella traversata. Le tempeste che assalgono la nostra nave non sempre sono proteste del maligno, ma a volte sono previste e guidate da Cristo, dalla sua mano che ci prova nella fede e nel nostro coraggio di continuare a remare ,a volte ,controcorrente . Il Vangelo di oggi ci presenta una scena, nella quale  vediamo  Cristo che corre in aiuto ai discepoli la cui barca è sbattuta dal vento , ma il suo correre sulle acqua distorse orse la sua identità agli occhi dei discepoli per i quali divenne un fantasma, e alla paura della tempesta aggiunsero quella del fantasma in arrivo. Il dichiarare la sua  vera identità, pose nel cuore di Pietro il desiderio di camminare anche lui sulle acque incontro al Maestro, ma la fede di reggersi  sul mare venne meno e subentrò una nuova paura, tanto da gridare:” Signore, salvami!” L’invocazione produce un duplice affetto: Pietro ritorna a galla e la tempesta tace. Noi imbarcati, pur remando, forse abbiamo perduto il riferimento del punto cardinale giusto, che è la fede. E’ la fede che fa muovere  verso il punto giusto l’ago della bussola, e regola il nostro remare. E’ proprio vero che siamo”vestiti  di paura : paura del buio, della guerra, dei ladri, della disgrazia, di perdere il danaro, il lavoro la salute, gli amici. E’ segno che il termometro della fede è a bassissima quota” (A.Dini)

Commento a cura di P. Pierluigi Mirra passionista

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