In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».COMMENTO
Nella Liturgia di questa Domenica appare l’altro grande protagonista degli Atti degli Apostoli, Saulo di Tarso, diventato Paolo di Tarso dopo l’avventura di Damasco. Il suo mutamento da persecutore ad apostolo prende alla sprovvista i cristiani delle Comunità,tanto che ha bisogno del discepolo Barnaba,che si fa garante del suo grande cambiamento. Paolo sarà con Pietro una colonna portante della Chiesa di sempre, che, in quei giorni, a dire degli Atti “ si consolidava”, “camminava”, “cresceva in numero”. Ma il fondamento vitale delle Prime Comunità era sempre e solo l’amore,fatto di accoglienza,di condivisione, di misericordia messa in atto nella comprensione e nel perdono, anche se le persecuzioni poi bagneranno di sangue il loro cammino. Essi amavano” a fatti e non a parole,e nella verità”,così come esortava l’Apostolo Giovanni. L’amore , ci conferma Giovanni Ev., supera anche i rimproveri del cuore e della nostra fragilità,purchè esso diventi linea di condotta,sia nell’osservanza della Legge di Dio, sia nel rapportarsi al prossimo con benevolenza,misurando i rapporti con esso, su quelli avuti da Cristo con la sua gente. Il precetto dell’amore,fondamento della vita del discepolo di Gesù, rispecchia anche la nostra fede in lui,fede fondata nella verità che ci rende liberi.
Ma il discepolo è cosciente che senza l’aiuto della grazia non può mettere in atto quello stile di vita degno della sua chiamata a seguire Cristo,uno stile che va al di la delle misure umane.
Ecco allora la ricetta di Gesù per caricarci ed essere idonei a vivere la nostra chiamata:”Rimanere nell’amore di Cristo:rimante in me ed io in voi”. Questa ricetta è contenuta nel Discorso di addio di Gesù nel Cenacolo, dopo avere istituito l’Eucarestia, e l’Evangelista Giovanni ci riporta,nella similitudine del “tralcio e della vite”.
Il tralcio, dice Gesù, per vivere deve avere in se la linfa,e tale linfa esso la prende dalla vite. Un tralcio inerme,staccato,e un tralcio condannato a morire,diventato soltanto elemento per il fuoco. Allora rimanere in Cristo non è soltanto vitale perché la fede germoglia a cresca,ma perchè essa diventi vita vissuta. Il vignaiuolo(Dio ) cura la vite,a volte con tagli e potature che sembrano dolorose,ma lo fa perché la vita e il tralcio portino più frutto. E così la vita del Discepolo, può a volte incappare in sorprese inattese,ma tutto ciò Dio la fa perché il tralcio sia vivo e porti frutto sinceri. L’importante è mai stancarsi di essere in Cristo,di essere legati a lui, perché egli stesso è stato chiaro:”Senza di me non potete fare nulla!”
Sono certo che i tralci legati alla vite continueranno a fiorire , perché la vite(Cristo) è sempre viva!
Commento di P. Pierluigi Mirra Passionista
COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA V DOPO PASQUA ( 3 maggio 2015) - Giovanni 15,1-8
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