Il Vangelo della Domenica
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Il Dottore della Legge  ben conosce  quale è il comandamento che sintetizza tutti gli altri,  e tutta la Legge e i Profeti,ma la richiesta che egli fa a Gesù è ,come sempre, per quasi provocarlo, e pi emettere dei giudizi sul pensiero del  Maestro dii Nazareth. Ma Gesù quasi l dribbla la domanda, ponendogli davanti una parabola  talmente eloquente, che il dottore  dovrà comprendere che l’amore che insegna e vive  Gesù, va oltre il Comandamento e la Legge di Mosè.                                                                   

Quella del “buon Samaritano “ è una delle parabole di Gesù, che racchiude quasi  in se il programma  di vita e di azione verso il prossimo di ogni suo discepolo, e come sia importante  non tanto comprendere “ chi è il mio prossimo”, ma quando imparare a “farsi prossimo”,o sapere “chi devo amare”, ma piuttosto” che “tutti “hanno diritto al mio amore”.                                                                                                                                                        Sono 4 i personaggi   della storia che Gesù racconta, e ognuno ha una caratteristica particolare di azione.  A parte il malcapitato , finito ferito  nelle mani dei ladroni, gli altri 3 , il sacerdote, il levita e il samaritano,hanno un modo diverso di rapportarsi verso il ferito per terra, in quel  momento, il loro prossimo.                                              

Il sacerdote e il levita vanno oltre, perche forse hanno cose più importanti dai fare, anche se mi domando se esistono cose più importanti o ragioni più valide da poterci sottrarre alla logica dell’amore. Forse i due pensano  che “è meglio farsi i fatti propri”, senza impicciarci di cose che potrebbero avere conseguenze  e compromettersi. SI cade in quello che vuol dire”pilatismo”, cioè lavarsi le mani e andare oltre, snobbando la sofferenza e la solitudine degli altri.                                                                                                                                                               Il  samaritano invece, mette in atto  tre verbi che   lo spingono a mettere in atto un “gesto giusto”: scendere da cavallo, avvicinarsi al malcapitato, curarne le ferite.                                                                                                                                          

Egli non chiede l’identità alla sconosciuto,  a lui basta sapere che c’è un uomo ferito per terra,e ciò lo spinge a “perdere tempo” per lui, non  solo, ma addirittura a vuotare il portamonete con  l’oste a cui affida il ferito. Il samaritano ha lasciato parlare solo il cuore che gli ha suggerito il gesto giusto.                                                                    

Al cristiano che vuole realizzare il comandamento dell’amore, non bastano i sentimenti,anche se buoni, ma necessario credere all’uomo che il Signore gli pone sulla strada, e diventare  con ognuno, al di la di ogni etichetta, samaritano di speranza.

Commento di P.Pierluigi Mirra passionista

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