EDITORIALI
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La pratica del ‘caffè sospeso’ è stata per lungo tempo sconosciuta ai più. A Napoli le persone bisognose, i barboni, di sicuro la conoscevano, visto che ne beneficiavano. Si trattava dell’uso di entrare in un bar e pagare due caffè, sorbendone uno solo. L’altro rimaneva ‘sospeso’, appunto. Sospeso per chi non avendone i mezzi si affacciava al bar chiedendo al barista se  ci fosse qualche caffè (pagato) rimasto sospeso. Chi lasciava pagato il caffè, non conosceva la persona che ne beneficiava; chi beneficiava del caffè non conosceva il suo benefattore.

Un grande segno di civiltà, di solidarietà ma anche (nel barista) di lealtà.

La grande crisi che stiamo vivendo, in alcune zone del Sud ha fatto riprendere vita a questa pratica, ma trasformandola. Oggi si assiste in alcune salumerie (di quelle che trovi ancora sotto casa: nei supermercati forse sarebbe un po’ complicato la sua proposizione, anche se non impossibile) alla ‘spesa sospesa’. Il resto di una spesa fatta ( siano  3, o 4 o 5 euro) viene lasciato al salumiere che lo destinerà alla signora che si sa essere cliente di quella salumeria e la cui famiglia si trova in difficoltà. E' chiaro che potrebbe trattarsi anche di una pizzeria o di altro esercizio commerciale.

La signora non saprà mai chi l’ha beneficiata di una somma da spendere per la sua famiglia, con salvezza della sua privacy e della sua dignità.

La civiltà dà la mano alla solidarietà.

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