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È stato or ora pubblicato per i tipi delle Edizioni Scientifiche Italiane di Napoli, il libro di Giancarlo Bova, “Le pergamene aragonesi della Mater Ecclesia Capuana (1435-1438)”, vol. I, Napoli 2014, pp. 528, quattordicesimo volume della prestigiosa Collana “Corpus membranarum Capuanarum”, diretta dallo stesso Autore, nota agli studiosi di tutto il mondo.

     L’Autore con la presente opera restituisce per la prima volta alla cultura mondiale alcuni momenti della storia di Capua nell’età dell’Umanesimo, evidenziando come la Città per motivi storici, artistici, politici ed ambientali, possa considerarsi dall’Antichità al Rinascimento tra i principali centri culturali d’Europa. Il lavoro di Bova non ha precedenti nella storia degli studi condotti finora a Capua, perché si basa su oltre ottanta pergamene inedite dell’Archivio Arcivescovile di Capua e intanto ci viene assicurato che è pronto già un volume successivo. Non si tratta quindi di uno dei soliti lavori del tipo “taglia e incolla”, che purtroppo oggi abbondano, spesso anche lautamente finanziati da istituzioni pubbliche.

     In particolare, nell’interessante libro vengono studiati i primi anni di regno di Alfonso il Magnanimo nel suo rapporto con la civitas Capuana, alla quale il sovrano elargì non pochi privilegi, tra cui la conferma delle fiere. La costruzione di alcuni fondaci e la presenza di mercanti stranieri rende poi molto viva la vita nella Città in età aragonese. Particolare attenzione pone Bova alla situazione della Chiesa locale, alla vita non facile dell’arcivescovo e dei suoi sacerdoti, tra cui è ricordata la figura del decano Landolfo Valla, di cui non è dato sapere con certezza se fosse parente del più noto Lorenzo Valla, segretario dello stesso Alfonso il Magnanimo a Napoli.

     Non viene trascurata l’analisi dell’edilizia sacra, pubblica, privata e militare sia nel centro che nel contado, specialmente ad Arnone, dove sorgeva il palazzo di caccia del re Alfonso. Pagine avvincenti sono dedicate ai riti e alle feste religiose, inoltre alla Leggenda del principe lebbroso e alla Perdonanza di S. Maria del 1° agosto, quasi bimillenaria, la più antica al mondo (che si celebrava a S. Maria Maggiore, oggi S. Maria Capua Vetere).

     Di valore eccezionale sono poi le pagine dedicate per la prima volta alla sindone di Angelo de Rossis, di Capua, e alla cappella di S. Onofrio a Napoli, frutto di un’analisi finissima condotta su inediti documenti medievali.

     Un interessantissimo excursus è dedicato per la prima volta anche ad alcune specialità culinarie inedite, preparate dalle monache di S. Giovanni a Capua, che erano anche delle abili farmaciste. Non è escluso che Bova nel prossimo volume possa pubblicare anche alcune ricette delle suore.

     Concludono il libro due Appendici, la prima sulla presenza a Capua della famiglia Cavalcanti di Firenze, tra xiv e xv secolo (in collaborazione con Cristina Alpopi), e la seconda sull’intervento al Concilio di Lione (1274) dell’arcivescovo di Capua Marino Filomarino e del vescovo di Caserta Filippo.

     Segnaliamo che l’edizione dei testi è molto accurata, condotta secondo le norme ecdotiche più moderne, fornita di tutte le indicazioni strutturali, formali, giuridiche e cronologiche.

     Vogliamo ancora ricordare che Bova tra l’altro dirige, per conto delle Edizioni Scientifiche Italiane, anche l’altra prestigiosa Collana “Civiltà e radici di Terra di Lavoro”, che conta ormai una decina di volumi al suo attivo.

     L’Autore è l’unico studioso del Sud Italia che negli ultimi trent’anni ha attirato da solo un’attenzione mondiale su Terra di Lavoro e in particolare su Capua, ritenuta appena venti anni fa “terra incognita” dal suo insigne corrispondente, il prof. Norbert Kamp dell’Università di Gottinga, il maggiore medievista d’Europa. Bova si avvale di un Comitato Scientifico costituito da sedici professori di fama internazionale, titolari di cattedre nelle più importanti Università del mondo.  

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