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Antonia Luiso

Le mostre sono contaminazioni. Si contamina lo spazio. Il vuoto accoglie il pieno. La mostra invade le pareti nude portando colore e forme, l’arte si infiltra nell’ambiente e ne contamina il tessuto. Ma il contagio è ancor più evidente quando a contaminarsi sono reciprocamente le opere di due artisti differenti, quando le interferenze tra segnali si sommano, si sovrappongono, si diffondono. Donald Baechler e Paolo Bini forse non si incontreranno mai. Appartengono a generazioni diverse. Appartengono a luoghi di origine distanti. Appartengono a due realtà spazio-temporali separate. E se pure si incontreranno, o si sono incontrati, fisicamente, i loro linguaggi non si sono mai incrociati. Come due rette parallele non passeranno mai per lo stesso punto. Eppure qui e ora si contaminano. Sarà il comune utilizzo della carta, saranno le colorazioni fluorescenti e accese, sarà il ricorso devoto alla madre pittura, cert’è che Baechler e Bini possono iniziare a viaggiare insieme. Ed è un viaggio straordinario, nonché unificante.Da una parte c’è Baechler, l’americano, uno degli artisti più affermati sul piano internazionale, con le sue semplificazioni iconografiche. Un fiore è un fiore, una testa è una testa, un cono gelato è un cono gelato, un pallone è un pallone, una natura morta è una natura morta. L’opera è quel che si vede. Dentro c’è la pop art, ci sono gli anni Ottanta, c’è la purezza di immagini immediate, violente non per quel che rappresentano ma per come si presentano. Dall’altra parte c’è Bini, italiano, giovane alle sue prime esperienze importanti. La pittura è per lui materia complessa, policroma. Non c’è nulla di semplice nelle sue sovrapposizioni, nelle sue accumulazioni. Ci sono ampi universi che si intuiscono nelle pieghe delle sue sequenze di colore. La sua è una natura dipinta ma nascosta. Non c’è rappresentazione, non ci sono forme di comune riconoscibilità. Ma al tempo stesso l’opera non è solo cosa mentale, ma artificio della mente. Entrambi fortemente caratterizzati, entrambi fortemente riconoscibili. Due linguaggi unici, netti, che si stagliano con forza nell’universo della pittura. Ma nessuno è immune da contaminazioni, nessuno è invulnerabile. Ci sono ferite attraverso le quali i linguaggi penetrano e ognuno si può contaminare, attore o spettatore che sia.

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