Contro la calvizie l'incubo di milioni di uomini, potrebbe presto arrivare un trattamento che si promette definitivo. Consiste nella somministrazione di iniezioni di plasma arricchito di piastrine e derivato dal sangue prelevato agli stessi pazienti, che porterebbe alla ricrescita dei capelli. La terapia  è stata già battezzata come la 'cura del vampiro'.  La conferma, arriva da uno studio italo-israeliano pubblicato sul British Journal of Dermatology.

Lo studio è stato condotto su 45 volontari affetti da alopecia areata (che colpisce in media il 2% della popolazione, incluse donne e bambini, e contro cui non sono disponibili ad oggi trattamenti curativi o preventivi): divisi in tre gruppi, a ogni volontario è stata iniettata sulla metà del cuoio capelluto la soluzione Prp o, in alternativa, un altro trattamento o una soluzione placebo. Eseguiti tre trattamenti nell'arco di 12 mesi, i ricercatori hanno così potuto osservare che i soggetti trattati con Prp mostravano una "significativa" ricrescita dei capelli.

Il metodo consiste nel prelevare il sangue del paziente e trattarlo quindi in laboratorio, per derivarne plasma arricchito di piastrine (Prp). Il plasma così ottenuto viene quindi re-iniettato al soggetto direttamente sul cuoio capelluto. Secondo Fabio Rinaldi, della International Hair Research Foundation e Università di Brescia, e colleghi, la soluzione di plasma Prp stimolerebbe nuove cellule staminali sotto la cute, facilitando la ricrescita dei capelli.

 

Alcuni esperti americani stanno diffondendo la notizia di "una minaccia paragonabile all'Aids" dovuta alla diffusione di una particolare malattia a trasmissione sessuale, la gonorrea, altamente resistente agli antibiotici.

Il medico naturopata Alan Christinson in un intervista rilasciata alla rete televisiva Usa Nbc ha parlato degli effetti del batterio sulla salute pubblica che  potrebbero essere simili ad una sindrome da immunodeficienza acquisita. Ha aggiunto che in un breve periodo potrebbe anche essere peggio perchè il batterio della gonorrea è più aggressivo di quello dell'Aids e colpisce le persone più velocemente.

Il Dr. William Smith direttore della coalizione Usa per le malattie a trasmissione sessuale nel confermare l’allarme ha aggiunto che " È una situazione di emergenza". Il particolare tipo di gonorrea che non risponde ad antibiotici è quello del ceppo 'HO41' che è stato così inserito nella lista dei microbi considerati 'superbatterì dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie.

Smith ha chiesto in un audizione al Congresso Usa di investire almeno 54 milioni di dollari in finanziamenti per mettere a punto un antibiotico mirato contro il batterio 'HO41' e per avviare campagne di informazione pubblica.

Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, invita le istituzioni sanitarie a lanciare una campagna di informazione, rivolta ai cittadini, per sostenere la necessità di effettuare controlli periodici per diagnosticare tempestivamente la malattia, curarla e contrastarne la diffusione. Ma l’invito è inoltre rivolto a tutti i  cittadini affinchè prestino la massima attenzione nella profilassi e nella prevenzione durante i rapporti sessuali.

 

Rimbalza dalla Svizzera una notizia che dovrebbe invitare all’attenzione le nostre autorità sanitarie nazionali. È stato accertato nel canton Friburgo, per la prima volta da circa cinquant'anni, un caso di tubercolosi bovina. A seguito di tanto le autorità locali hanno sottoposto a sequestro l'intera mandria interessata e emesso un divieto di fornitura del latte.

A detta delle autorità cantonali che hanno rivelato la scoperta, si tratta, in particolare, di una mucca nata il 31 gennaio 2002 nella regione dello Gibloux che presentava i sintomi e le lesioni tipiche della malattia al momento della macellazione lo scorso 4 marzo. Il povero bovino non produceva più latte da oltre un mese. Ovviamente la carcassa è stata posta sotto sequestro. Ed a seguito delle analisi del laboratorio nazionale di riferimento è stato confermato il sospetto che si trattava di tubercolosi bovina.

È quindi scattata la procedura che prevede le analisi epidemiologiche; e così ogni capo della mandria è sottoposto ad accurati esami.

Le preoccupazioni delle autorità sanitarie che hanno sottolineato come siano state prese tutte le misure dettate dal caso, sono state determinate dal fatto che la tubercolosi bovina può essere trasmessa all'uomo, sia attraverso il consumo di latte crudo e prodotti non pastorizzati oppure attraverso il contatto diretto con un animale che abbia subito il contagio.

Ad ogni modo, l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) ha fatto sapere di aver sottoposto ad analisi dei rischi i formaggi prodotti con il latte proveniente dallo stesso allevamento ed ha appurato che è stato utilizzato solo per la trasformazione in prodotti trattati termicamente. In virtù delle metodologie adottate e alla durata della maturazione i formaggi sono considerati sicuri.

Venendo allo specifico, vi è da precisare che nei bovini adulti il periodo di incubazione della malattia può durare diversi mesi, mentre la fonte del contagio può essere un altro animale o l'uomo. In Svizzera non erano più stati registrati casi di tubercolosi bovina addirittura dagli anni Sessanta. Mentre in Francia, Germania e Austria si è rilevato un aumento dei casi negli animali da allevamento ma anche in quelli selvatici, in particolare nei cervi e nei tassi.

Alla luce della diffusione di questa pericolosa malattia, anche in connessione con i rischi di contagio animale – prodotti derivati – uomo, Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, invita le Autorità Sanitarie italiane a vigilare sui prodotti provenienti da oltre frontiera in particolare sulle carni, sul latte e i rispettivi derivati affinché, in virtù del sacrosanto principio di precauzione si eviti che i consumatori entrino in contatto con prodotti contaminati dal temibile batterio causa del particolare tipo di tubercolosi in questione.

 

Giunge l’allerta da oltralpe su una pericolosissima droga sintetica che sta prendendo piede tra il confine italiano e quello svizzero.

A lanciare l’allarme l’altro ieri è stato il Centro di cooperazione di polizia doganale di Chiasso durante un summit trimestrale.

Questo tipo di sostanza stupefacente distribuita in pasticche sarebbe quattro volte più forte di quelle normalmente spacciate di ecstasy. Infatti, il principio attivo contenuto la  metaclorofenilpiperazina potrebbe addirittura condurre alla morte per spasmi.

Il coordinatore svizzero del Centro di cooperazione e ufficiale della polizia giudiziaria ticinese, Christophe Cerinotti, che ha spiegato come questo sia uno dei casi più eclatanti al momento per le autorità doganali, ha rivelato che mentre in Svizzera il problema è già conosciuto, tant’è che la pillola è già stata inserita nel catalogo delle sostanze pericolose, al contrario in Italia, costituisce una vera e propria novità.

La nuova potentissima droga è giunta sulle pagine dei giornali del Nord Italia a seguito di un recente sequestro di un sacchetto pieno di pastiglie azzurre in una discoteca varesina. I tossicologi di Varese, che al momento della perizia non conoscevano la sostanza, si sono appoggiati agli omologhi svizzeri per identificarla.

Non si conoscono, al momento, casi letali derivati dall’assunzione di tale pasticca, ma secondo le autorità doganali d’oltreconfine i rischi sono attualissimi e concreti perché vi siano conseguenze pregiudizievoli da parte dei giovani assuntori.

Tale novità in negativo,” ci porta a chiedere un innalzamento del livello d’allarme nel Nostro Paese sia per la facilità con cui queste sostanze riescono ad essere smerciate perché spesso sfuggono ai controlli antidroga, ma soprattutto per il rischio di sottovalutazione da parte dei giovani che sono troppo spesso spinti a provare droghe sempre più potenti senza pensare agli effetti devastanti per la propria salute.

Giovanni D’AGATA

 

In questi giorni una patologia misteriosa sta generando preoccupazione in Germania. Secondo quanto riportato da alcuni media in marzo due persone sono morte nei pressi di Amburgo dopo essersi ammalate mentre per altre cinque si sospetta il contagio. Per i medici si tratta di un rebus: un poliziotto di 49 anni è deceduto nella clinica universitaria di Amburgo-Eppendorf, per una patologia che avrebbe colpito tutti gli organi. Un secondo agente, di 38 anni, che non avrebbe avuto contatti professionali col primo, sarebbe a rischio anche se presenta gli stessi sintomi, una specie di influenza e una polmonite.

Nelle ultime ore anche un'insegnante è morta nello stesso ospedale, dopo un collasso generale degli organi mentre sono sette i pazienti contagiati complessivamente. Secondo un portavoce istituzionale citato dallo Schleswig-Hollsteinische Zeitungsverlag i sintomi sono quelli di una influenza che fanno pensare a un "virus mutato"

Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei diritti”, anche se le istituzioni non hanno fatto scattare alcuna allerta. è ancora troppo presto per confermare la vera dimensione del problema.

Balzo in avanti sulla ricerca della pelle artificiale per trapianti o test dei cosmetici e prodotti chimici.Presso il Kinderspital di Zurigo i ricercatori sono in grado di produrre pelle umana in laboratorio. Le cellule sono prelevate dalla cute umana e vengono quindi isolate per fare scattare la loro moltiplicazione. Così si creano nuovi tessuti. La coltivazione durerà sei settimane. La pelle artificiale sarà impiegata in trapianti o test dei cosmetici e prodotti chimici e per grandi ferite, come ad esempio ustioni. Lo ha reso noto ieri l'Università di Zurigo sul suo giornale online "UZH News".

In estate sarà impiegata per curare i primi bambini ustionati. Finora, per le bruciature i medici utilizzavano soprattutto pelle prelevata dalla testa dei pazienti. Questa presenta però uno strato sottocutaneo (ipoderma) molto sottile che rende difficile il trapianto. La pelle prodotta in laboratorio offre diversi vantaggi. Sviluppata a partire da un frammento prelevato dal paziente, essa è composta di epidermide, derma e ipoderma e include pure cellule staminali, vasi sanguigni e cromatofori, ossia cellule contenenti pigmento. Quest'estate saranno trapiantati i primi campioni, di superficie massima di 20 centimetri per dieci, su 20 pazienti. In seguito saranno curati 40 giovani a Berlino e 40 ad Amsterdam. Presto anche altri tessuti come la cartilagine saranno prodotti artificialmente.

 

La natura in aiuto della scienza medica. Non è la prima volta ed anzi pare si susseguano ad un ritmo incessante le scoperte scientifiche che prendono spunto da manifestazioni spontanee dell’esistente e che Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile contribuire alla divulgazione nell'attività di tutela degli ammalati e dei cittadini. L’ultima interessante notizia in tal senso riguarda le cozze. Sì, proprio i gustosi mitili che troviamo naturalmente sulle nostre coste o allevate nei bacini rivieraschi. Quasi tutti, sanno che questi mitili (Mytilus edulis) secernono un sostanza adesiva resistente che le consente di rimanere agganciate sulle rocce spazzate via dalle onde. Una versione sintetica di questa colla ha importanti applicazioni mediche in chirurgia, hanno rivelato questo fine settimana alcuni scienziati, riuniti in concomitanza  della conferenza annuale dell'associazione americana Advancement of Science (AAAS).Le cozze comuni, possono resistere in virtù di questo potente e durevole adesivo ad una pressione dell'acqua molto forte.

Secondo il dottor Herbert Waite, professore di biologia molecolare presso l'Università della California, "Un paio di questi molluschi è in grado di sostenere il peso di un uomo", ha ricordato alla stampa nella giornata di ieri. I mitili in questione secernono,infatti, un adesivo in grado di attaccarsi con un ineguagliabile tenacia su quasi tutte le superfici inorganici e organiche, secche o bagnate.Il professor Phillip Messersmith, docente di ingegneria biomedica presso la Northwestern University, vicino a Chicago ha specificato che "È un processo notevole che consiste nella secrezione di proteine uniche con un'alta concentrazione di un amminoacido chiamato DOPA formando un adesivo liquido che indurisce rapidamente ed è resistente all'acqua".

Le equipe scientifiche che hanno studiato questo fenomeno, hanno scoperto il segreto di questo adesivo e con il loro team di ricerca hanno sviluppato una versione sintetica che è anche resistente all'acqua."Alcuni aspetti di questo processo hanno ispirato lo sviluppo delle versioni sintetiche di questa colla con applicazioni pratiche mediche", ha precisato lo studioso ricordando in particolare "la riparazione o la ricostruzione dei tessuti nel corpo umano che sono difficili, perché è un ambiente immerso nei fluidi".I ricercatori stanno lavorando per diverse applicazioni, tra cui la riparazione delle lesioni nella membrana fetale per evitare aborti, nascite premature o complicazioni, che sono attualmente molto difficili da trattare.Phillip Messersmith e il suo team stanno lavorando con i ricercatori in Europa per condurre studi clinici.Altre applicazioni future sono previste per il trasporto di antibatterici idrogel e polimeri resistenti all'acqua, in grado di rimanere inattivo nel sangue fino a raggiungere la loro destinazione per esempio per il trattamento dei tumori.

Il professor Waite ha anche detto che altri gruppi di ricerca hanno lavorato allo sviluppo di versioni di questa speciale colla sintetica per riparare le ossa o i denti fratturati. Queste colle sono, infatti, ben tollerate dall'organismo e sono resistenti all'acqua. Il che le rende ideali per le riparazioni all'interno del corpo. Oltre alle applicazioni mediche, questo meccanismo di produzione dell'adesivo naturale delle cozze sembra essere un buon indicatore dei cambiamenti nell'ambiente principalmente al riscaldamento globale, secondo un altro studio presentato alla conferenza di AAAS.Esperimenti di laboratorio della professoressa Emily Carrington, docente di biologia presso l'Università di Washington a Seattle hanno dimostrato che la base di queste cozze era significativamente meno adesivo quando la temperatura è salita. Così la normale resistenza di queste fibre, in acque da 10 a 18 gradi, diminuisce del 60% quando la temperatura è di 25 gradi.

Gli scienziati hanno già osservato che il piede delle cozze risulta indebolito alla fine dell'estate.

"Stiamo cercando di chiarirele cause di questo indebolimento stagionale e determinare se è legata a climi più caldi, al loro ciclo riproduttivo o altri fattori," ha detto alla stampa la biologa.

"Vogliamo sapere se le fluttuazioni ambientali aumentano i rischi per la specie, che è importante per l'ecosistema".

Giovanni D’AGATA

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