I mercati azionari della Cina sono stati sospesi questa notte dopo solo una mezz'ora di contrattazione quando cedevano oltre il 7% e quindi chiusi per l'intera giornata. Una mossa che ha provocato le critiche di molti analisti e investitori secondo i quali le autorità di Pechino avrebbero perso il controllo della situazione. Una moneta più debole, lo yuan è sceso dello 0,6% a 6,5925 mentre quello quotato a Hong Kong è leggermente risalito, può infatti aiutare le esportazioni ma fa crescere i rischi per le società indebitate in dollari e aumenta i timori che lo stato dell'economia del paese sia peggiore del previsto.

 Partenza pessima per Piazza Affari: il primo indice Ftse Mib segna una perdita del 3,21%, l'Ftse It All-Share un calo del 2,98%. I primi minuti di scambi confermano l'avvio molto pesante per Piazza Affari, ma con un parziale alleggerimento del clima anche se in avvio si sono registrate diverse sospensioni al ribasso: l'indice Ftse Mib è in calo del 2%, con Eni e Mps - tra i diversi titoli del paniere principale - in asta di volatilità, mentre Unicredit cede oltre il 3%. Avvio con ampie perdite per la Borsa di Londra: l'indice Ftse 100 segna un ribasso del 2,1% a 5.944 punti. Partenza molto debole anche per la Borsa di Parigi: l'indice Cac 40 registra un calo iniziale del 3% a 4.347 punti.
I timori di una situazione economica peggiore del previsto in Cina e la sovrapproduzione mandano al tappeto il prezzo del petrolio già in calo nei giorni scorsi. Il greggio Wti cede il 4% a 32,6 dollari al barile fra forti scambi mentre il Brent cala a 32,75 dollari. Per alcuni analisti la soglia dei 30 dollari non è più così lontana.

Bandiere della casa di Maranello a Piazza Affari questa mattina per il debutto del  titolo del Cavallino Rampante dopo la separazione da Fca .L'avvio delle contrattazioni è scattato  alle 9: alla cerimonia partecipa il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Davanti al Palazzo della Borsa, come era avvenuto a New York in occasione della quotazione a Wall Street, è esposta l'intera gamma della casa di Maranello: una decina di modelli tra i quali l'ultima nata, la F12 Tdf.

NAPOLI - Fine anno, tempo di bilanci. La Confesercenti ha raccolto i dati dell'anno solare 2015 che evidenziano uno stato di crisi delle imprese ancora imperante. Con riferimento specifico alla Campania, in 365 giorni (da dicembre 2014 allo stesso mese di quest'anno) ci sono state 6106 imprese che hanno cessato la loro attività (del commercio al dettaglio), a fronte di 3756 nuove iscrizioni. Una percentuale proccupante, perchè - in sostanza - per ogni nuova attività che nasce, ne muoiono due.

A Napoli e a Caserta i dati più allarmanti: la prima detiene il primato negativo di cessazione delle imprese (3090, il 50% dell'intera regione), la seconda la percentuale in proporzione più alta (-1.6% di chiusura di imprese al commercio al dettaglio rispetto al 2014).

«Il nostro è un grido d'allarme serio e netto - ammonisce Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Napoli e Campania -. Dov'è lo Stato? È assente, senza dubbi. E invece è chiamato a intervenire, in modo tempestivo e deciso. In questo momento di crisi non è possibile sostenere il 60% di tasse. È impensabile che le nostre imprese sostengano costi di gestione e lavoratori con il 40% del fatturato, senza dimenticare che nel 2016 sono previsti ulteriori aumenti di luce, gas e acqua. I nostri affiliati, gli esercenti e le imprese, sono sempre più deboli. Lo Stato intervenga. Il premier Renzi non può pensare di ridurre nel 2018 le tasse, deve farlo prima: di questo passo tra tre anni ci sarà la cessazione attività di altre 20mila imprese, con oltre 100mila lavoratori che saranno disoccupati, alzando ulteriormente il tasso di disoccupazione in Campania e al Sud. A quel tempo - conclude Schiavo - il malato sarebbe agonizzante, bisogna intervenire per “curarlo” prima». 
Lo studio della Confesercenti (in allegato) mette in rilievo anche altri dati: in generale in Campania hanno chiuso circa il 15% di imprese del commercio al dettaglio dell'intera Italia e il 25% del comparto Sud e Isole. Nel contempo nella nostra regione c'è stato solo il 17% di iscrizioni di nuove attività. Con riferimenti alle categorie commerciali, calano quasi tutte tranne la ristorazione (+3,1% a Napoli, 2,8% in Campania), edicole e giornali (+15,7% a Napoli, +9.2% in Campania) e soprattutto il commercio via internet, che registra finalmente un'impennata di iscrizioni di imprese nella nostra regione (+ 21.6% rispetto a dicembre 2014) con boom a Napoli (+28.2%). Oasi felici nel generale andamento negativo per il quale Schiavo e la Confesercenti regionale chiedono a gran voce l'intervento dello Stato.

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