Il prof. Giancarlo Bova più volte si è interessato della storia di Pignataro. Per quanto riguarda la più antica pergamena che cita la cittadina, ricordiamo che nel 1957 Jole Mazzoleni, la quale per prima pubblicò il documento, trascrisse erroneamente Pignarii, non riuscendo a leggere bene la locuzione con relativo segno di abbreviazione, non riportato dalla studiosa nella sua edizione. Il prof. Bova, in una splendida riedizione di tale pergamena nel 2011, ha constatato invece che nell’originale era scritto Pignati e sulla sillaba ti era riportato un segno di abbreviazione generale, per cui la locuzione andava integrata nella forma Pignat(ar)i (G. Bova, I più antichi documenti di S. Maria la Fossa. Greci ed Ungheri, xii-xvi sec., Napoli 2012, 72).

     In verità, già alcuni anni prima, il prof. Bova si era occupato a lungo di Pignataro nel suo fondamentale libro Civiltà di Terra di Lavoro, gli stanziamenti ebraici tra Antichità e Medioevo (Napoli 2007 pp. 203-207), nel quale citava tutte le pergamene della diocesi di Capua che menzionavano il centro. In particolare pubblicava per la prima volta pure una pergamena del 1268, in cui era citata una pezza di terra sita «in loco sancti Petri ad Venulam, ubi nominatur ali Pinuli» (G. Bova, Le pergamene angioine della Mater Ecclesia Capuana, I, Napoli 2008, 96). Lo studioso menzionava anche altri documenti del 1239, 1303, 1313, 1376, 1455, in cui si faceva diretto riferimento al centro, da lui letti in originale. Bova inoltre rintracciava per la prima volta pure alcuni nomi propri di persone, derivati dal nome del centro, ad esempio: Silvester <filius> Pignatarii (1247), mentre un po’ diverso si presentava il caso di Giacomo de Ugone, figlio di Ugo de Pignataro (1248), in cui il cognome indicava provenienza e non casato.

     Per chi è interessato alla storia medievale del centro, rinviamo quindi alla lettura fondamentale del volume del prof. Giancarlo Bova, Civiltà di Terra di Lavoro, in cui sono indicati tra l’altro anche tutti i toponimi relativi alla cittadina, rinvenuti nelle pergamene di Capua: allo Cerquito, ala Selece, alla cupa subptus Silicem, alla Strata Magna, al Ponte Dellansi, alla Aqua Venole, alla selva Menachini, alla selva seu nemus S. Petri ad Campora, ecc., ecc. Per quanto riguarda in particolare Graczanus, si tratta ovviamente di un antroponimo latino (Gratianus > Gractianus > Grazzanus), già documentato per Grazzanise: «magister Grazzanus» (1303). Non sembra improbabile che la chiesa di S. Maria di Grazzano possa essere stata dedicata, in epoca imprecisata, anche alla Madonna delle Grazie. Bova inoltre citava nel volume indicato tutte le chiese medievali, con relative proprietà, presenti un tempo a Pignataro e nel territorio circostante. 

            CAPUA - Anche quest’anno, come negli altri anni, in data 24 luglio, è stato rievocato nella chiesa della Santella a Capua, il triste episodio noto come “il Sacco di Capua” (1501). Il riferimento più prossimo, utile e soprattutto scientificamente valido per la ricostruzione storica di tale episodio, è costituito senz’altro dalla bella pubblicazione del prof. Giancarlo Bova, Il Sacco di Capua. 24 luglio 1501, «nella quale l’Autore contribuisce, con l’apporto di documenti inediti, a fare maggiore chiarezza del racconto agghiacciante del Sacco» (A. Di Benedetto).

            Il prof. Bova, unico storico di rilievo nel territorio, noto per chiara fama in Italia e all’estero, con notevole acribia procede nel bel libro alla disamina delle fonti storiche locali a noi pervenute, dimostrando scientificamente che alcuni manoscritti conservati nel Museo Campano, considerati acriticamente coevi da alcuni appassionati locali, in effetti sono stati scritti due secoli dopo il Sacco. Non è esente da questa errata valutazione anche Agostino Pascale, autore di un racconto pubblicato a Napoli  nel 1682.

            Bisogna aggiungere che il prof. Bova pubblica nel volume anche numerosi documenti inediti, ivi comprese alcune pergamene, ma soprattutto pubblica il coevo e importantissimo Necrologio del Capitolo, che alla data del 24 luglio 1501 riporta la citazione della strage ed elenca inoltra alcuni caduti capuani durante il sacco, per i quali dal Capitolo Cattedrale sarà poi celebrata ogni anno una messa di suffragio. Esiste un manoscritto più importante di questo, relativo al Sacco?

            Ancora in Appendice il prof. Bova riporta la relazione coeva tratta per esempio dai Diarii di Marino Sanudo, quelle posteriori tratte dall’opera del Tarcagnota e dai manoscritti del Marchese, ecc. Tutte opere di cui a livello locale si ignorava l’esistenza!

            Come abbiamo già detto in altra occasione, i libri di Bova danno fastidio agli ignoranti e ai dilettanti della domenica, esperti solo nell’uso del taglia e incolla. Quella che poi in taluni casi ignorantemente viene chiamata erudizione, non è altro che la conoscenza necessaria di alcune scienze, indispensabili per poter procedere scientificamente alla ricostruzione storica dei fatti: euristica, ecdotica, filologia, paleografia, diplomatica, archivistica, araldica, ecc.

Ma forse è inutile parlare di queste scienze – conosciute solo dagli specialisti – a chi per esempio non ha frequentato una Facolta di Lettere Classiche o Moderne, preferendo altri indirizzi, certamente non così impegnativi come la Facoltà di cui parliamo. Nella Facoltà di Lettere, per riferirci solo allo studio del latino, uno studente desideroso di apprendere, inizia con rigorosi esami inerenti alla Storia della Lingua Latina (dialetti preitalici ed etrusco), alla Filologia Greca e Latina, al Latino Classico, al Latino Medievale, al Latino Umanistico, al Latino della decadenza, oltre a sostenere un impegnativo esame di Latino scritto!

Ovviamente, chi è abituato solo al taglia e incolla settimanale, non si pone neppure questi problemi perché li ignora. Allora si farebbe meglio a tacere! 

POMPEI - Riscoprire la Campania, in particolare il territorio tra Napoli e Pompei, come luogo di impareggiabile bellezza e stimolare i cittadini a ritrovare il carattere di un popolo attivo e virtuoso, per ricostruire i luoghi e la vita collettiva. Sono proprio le virtù campane celebrate nel libro “Viaggio in Italia” ad ispirare l’incontro letterario “Goethe tra Napoli e Pompei”, in programma venerdì 16 dicembre (ore 19,00) nel Teatro “Di Costanzo-Mattiello” di Pompei.

In occasione del bicentenario della prima edizione dell’opera “Viaggio in Italia” (1816 - 2016) dello scrittore e poeta tedesco Wolfgang Goethe, infatti, “Sensi - Linguaggi creativi”, laboratorio d'arte, design e comunicazione, organizza una rassegna di letture, musiche, danze, video e testimonianze che rappresenta un vero e proprio omaggio al Grand Tour, che nei secoli ha decantato le bellezze italiane e campane.

Il programma della serata sarà articolato con la lettura di stralci dal libro “Viaggio in Italia”, di poesie e di aforismi; esibizioni di musica dal vivo classica e napoletana del ‘700; coreografie di danza su musiche e testi di autori del ‘700; la proiezione di immagini “Oswald Achenbach e i pittori del ‘700”; il docu-film “Pompei Eternal Emotion” di Pappi Corsicato.

Condurranno la serata Marina De Honestis, Laura Del Verme, Francesco Domenico D'Auria. Per le testimonianze, tra gli ospiti figurano: Umberto Pappalardo (docente di Archeologia), Adele Lagi (Soprintendenza Pompei), Gabriel Zuchtriegel (direttore Parco archeologico di Paestum), Paolo Giulierini (direttore Museo Archeologico Nazionale Napoli), Andrea Damiati (Instaura), Giuseppe Lindinerro (associazione Amici di Pompei), Sergio Amitrano (Fondazione Bartolo Longo III Millennio), Laura Noviello, rappresentanti del Goethe-Institut Neapel e del liceo scientifico Pascal di Pompei.

Musica e danza, inoltre, faranno da cornice alla serata. I musici “Ravello Piano Trio” (Patrizio Rocchino al violino, Dario Orabona al violoncello e Luca Mennella al piano), eseguiranno brani di Mendelsshon e di Beethoven. I danzatori dell’Accademia del Balletto Classico di Gennaro Carotenuto eseguiranno coreografie su musiche di Mozart e di Schubert con la voce di Beniamino Gigli. I musici “Neapolis Mediterranea” (Fiorenza Calogero voce, tamburi a cornice e Marcello Vitale alla chitarra battente) eseguiranno: “So’ li sorbe e li nespole amare”, “Lo guarracino”, “Lu cardillo”, “A rumba de’ scugnizzi” e “Tre fronne e tre ciure”.

ROMA -  (di Nando Cimino) Cammina, Flaminia. Corre Flaminia. Respira Flaminia. Ti guarda, Flaminia e vuole che tu la guardi, diritto negli occhi. Flaminia, la strada, quella lunga striscia d’asfalto nero arsa dal sole, sferzata dal vento e picchettata dalla pioggia. E’ lì, su quel nastro di bitume e catrame, che si sono fermate le vite di tanti i cui volti immobili a loro stessa testimonianza, restano incastonati nelle troppe lastre di marmo livido che puntellano l’arteria capitolina. Veruska è incastrata in quel traffico, presa dai suoi pensieri, nel rivedere gli impegni della giornata. Gira lo sguardo verso il margine della carreggiata, mentre stancamente schiaccia i pedali del freno della frizione e ancora del freno; accelera piano per un metro in più. E guarda quei volti, sbalordita. “Quanti sono. E così giovani, poi. Quei fiori finti consumati dal tempo, quelle lapidi sporche di fumo e terra, rigate dalla pioggia. Chi sono. Chissà cosa pensavano, in quel momento”. Ed è così che nasce, Flaminia, il libro sofferto dell’attrice, Veruska Menna, che proprio non ne vuol sapere d’essere chiamata scrittrice.E forse ha ragione, poiché la sua opera letteraria continua a rivelarsi una tra le migliori e più dirette testimonianze, sulla difesa della stessa vita. La talentuosa attrice di teatro e insegnante di dizione, ha smesso i panni di scena per calarsi, appunto, in quelli della scrittrice, presa dall’intima necessità di testimoniare l’immaginario di dodici vite spezzate. Dodici personaggi abbracciati dall’autrice in un’esposizione che alterna riflessioni profonde a scene quotidiane, raccontate nel loro linguaggio, dalla stessa voce di quei volti, ancorati sulla Flaminia. Il libro di Menna, edito da Rapsodia Edizioni, nella sua prosa veloce e diretta, vuole essere ascoltato. Vuole entrare nella mente e nel cuore del suo giovane lettore, per indurre a riflettere anche sull’importanza della tutela pratica e quotidiana, di un bene unico, fragile e prezioso, come la vita stessa. Domani, giovedì 8 settembre dalle 20, Veruska Menna e Flaminia, saranno ospiti all’edizione 2016 de, “L’Estate Romana”, l’evento culturale organizzato dall’associazione “Ottavo Atto”, è stato realizzato col patrocinio del Comune di Roma, in collaborazione con Siae e la libreria, “Infinite Parentesi”. La manifestazione hala direzione artistica di, Benedetto Cesarini, e la consulenza artistica di, Fabrizio Giannini. Appuntamento a Roma, quindi, con Veruska Menna, a Lunghezza, Parco di via Medail (Parco della Sanitaria), al numero 5 di Via di Lunghezza.

Sono oltre 500.000 gli  studenti  che questa mattina sono impegnati nella seconda prova della Maturita' 2016. Al Classico i ragazzi dovranno vedersela con Greco mentre allo Scientifico, come di consueto, con Matematica. La prova è iniziata alle 8.30 con l'apertura del plico telematico, come già avvenuto per le tracce di italiano. L'autore selezionato per la prova di greco è Isocrate. "Isocrate esorta i suoi cittadini a non cadere nelle trappola dell’ingiustizia: chi viola le norme si illude di trarne un vantaggio immediato, ma alla lunga finisce in rovina. I comportamenti rispettosi della virtù, nono solo sono il fondamento di una vita sociale eticamente corretta, ma portano vantaggi indubbi anche sul piano politico ed economico" . Questa è la descrizione ministeriale che si trova sulla traccia. L'opera di Isocrate è "Sulla Pace" - 34, 35 e 36.

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