Cronaca
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“È cagnat'o vient”, mi scrive Gennarino Parsifall, da Napoli, e mi manda il link del fondo (termine che può essere variamente inteso...) di Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere della sera: “Il governo e il Sud che non c'è”, pubblicato addì 21 dicembre dell'anno del Signore 2015. Gli sembra che il richiamo del “quotidiano nazionale” (ovvero: lombardo venduto pure altrove e parlo di aree di diffusione e di contenuti) sia segno di inedita attenzione.

Gennari', te voglje bene, ma l'hai letto l'articolo? Anzi, siamo sotto Natale, diventiamo tutti più buoni, scrivo una letterina a Galli della Loggia e gli dico quello che avrei detto a te.

Illustre professore (solo una battuta e poi giuro che mi ricordo che è Natale: trasmetta la mia solidarietà ai suoi allievi),

il suo articolo “Il governo e il Sud che non c'è” sembra suggerire l'idea che lei si sia accorto che il Sud non è come lo raccontano e come lei usa raccontarlo. Così, il mio amico Gennarino (che esiste davvero, non me lo sono inventato ed è un professionista con i fiocchi) mi ha scritto, sull'onda della sorpresa: “È cagnat'o vient”. Forse si è fermato alla prima parte Gennarino. Perché il suo articolo è un campionario dei luoghi comuni, dei pregiudizi, della disinformazione sul Sud.

Se lei e io avessimo più tempo, potremmo analizzare il testo rigo per rigo, ma converrà limitarci a pochi esempi. Perché lo faccio? Per mostrarle, ove in lei ci fosse buona fede (le ho detto che il clima è natalizio...), che lei usa come argomenti gli effetti, incolpandone chi li subisce, e tacendo le cause. Il gene, il meme (gene della cultura), il mito e la colpa hanno una cosa in comune: non importa come e quando nascano, ma una volta nati non muoiono più, sono immortali e le loro “ogni volta” sono sempre “prima volta”; il che comporta che la colpa, non potendo essere distrutta, può solo essere spostata (di questo campano gli analisti).

La colpa segue linee di potenza: il ricco è cleptomane, il povero è ladro; e, in un sistema a due, può solo passare dalle spalle dell'oppressore a quelle dell'oppresso. La vittima è colpevole. Lei compie questa operazione di trasferimento. Se lo fa inconsapevolmente, ahi!; se consapevolmente, ahi, ahi!

Lei, per dire, fa un accenno alla qualità dell'assistenza ospedaliera al Sud, ma non dice nulla sul fatto che la salute di un settentrionale vale più di quella di un meridionale, secondo la spesa pro-capite di uno Stato che distingue fra i suoi cittadini, chi merita di essere salvato e chi no: quindi lei cita le brutte conseguenze, non la pessima causa (ma l'ospedale con il record del deficit è lombardo, milanese, il San Raffaele: da solo, più che diverse Regioni del Sud messe insieme).

Scrive che “tutto ciò che riguardava il Sud, a cominciare dalla sua classe politica ha acquistato un sapore di imbroglio, di corruzione, di raccomandazione. Certo il resto d'Italia non era da meno. Però lo era di meno”. Fantastico! È da premio: conferma il pregiudizio, mentre sembra non volerlo assecondare.

La classe politica meridionale non merita, in gran parte, difesa. Ma, da come lo dice lei, emerge che quella settentrionale è migliore. Davvero? Parla di quel Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia, ora ministro, che in dieci anni non si accorge di quello che è sotto gli occhi di tutti, e cioè che la sua città è diventata “il bancomat della 'ndrangheta”?

O parla di quelli di Tangentopoli? O della Lombardia che ci ha dato la Giunta e il Consiglio più indagati e incarcerati di sempre, da quando esistono le Regioni? La stessa regione che ha appena visto finire con indifferenza in galera (è l'abitudine? Chissà cosa avrebbe scritto Galli della Loggia se fosse successo in Campania, in Calabria, in Sicilia) il suo vicepresidente, mentre l'assessore al Bilancio è indagato.

O si riferisce alla città e alla Regione più dissestate d'Italia, Torino e il Piemonte, che, forse per premiare il merito, danno i presidenti dell'Associazione dei Comuni, Fassino, sindaco di Torino e della Conferenza delle Regioni, Chiamparino, presidente del Piemonte? O sta parlando della città più corrotta d'Italia (non perché siano milanesi, solo perché girano più soldi, le tentazioni sono maggiori e l'essere umano fallibile e peccatore), al punto che si è dovuto nominare un commissario ad hoc?

Per raccomandazioni intende quelle che portano alla guida di reparti ospedalieri lombardi solo iscritti a Comunione e Liberazione o simpatizzanti, istruttrici di damine di compagnia minorenni per cene eleganti al Consiglio regionale, insieme al figlio Trota del capo del partito razzista e ad altri protetti vario a titolo? Vuole che continui o lo diamo per detto?

Quindi in cosa è “meno” il Nord? È vero esattamente il contrario (ripeto: solo perché le tentazioni sono più numerose; l'idea che “quelli là”, chiunque e ovunque siano, debbano essere per qualche ragione naturalmente più ladri di altri la lascio a chi non ha argomenti migliori): Michele Emiliano, anni fa, calcolò che la sola truffa Parmalat, da sola, vale più di tutte quelle di Napoli messe insieme; dalla sola Expo, in una manciata di mesi, sono state interdette per mafia 70 imprese. Ha idea di cosa voglia dire?

Legga il nuovo libro di Isaia Sales: più interdizioni per mafia, in pochi mesi, all'Expo di Milano, che in mezzo secolo per la Salerno-Reggio Calabria. E la tangente più alta di sempre è quella del Mose di Venezia.

D'accordo sulle deleterie conseguenze della nascita delle Regioni, ma “l'immagine unitaria” dell'Italia la vede giusto lei: le sembra unito un Paese che con i soldi di tutti fa l'alta velocità sono a Centro-Nord, mentre a Matera lo Stato non ha mai portato la ferrovia? Le sembra unito un Paese in cui ci vogliono due ore e mezza per fare 700 chilometri da Milano a Roma e 14 ore e mezza per meno di 300 in Sicilia?

Lei cita il “distacco dal Nord” del Mezzogiorno, dando l'idea che sia il secondo ad allontnarsi, non il primo a respingerlo. In tutto il suo articolo non c'è un cenno alla scellerata azione dei governi a trazione leghista; non uno alla rapina di soldi destinati al Sud e spesi al Nord; parla della disoccupazione epidemica al Sud e riesce a tacere dei fondi europei che dovevano attenuarla sono stati trasferiti per il 73 per cento al Nord; che persino i 3,5 miliardi del fondo di Coesione sono stati sbloccati con una legge apposita e, invece di creare più lavoro a Sud, sono stati usati per incrementare l'occupazione al Nord; non una parola sugli 80 euro di Giuda Renzi che sono andati ai meno poveri fra i poveri e comunque a chi ha un lavoro e non ai disoccupati, quindi: al Nord.

Mi fermo, perché o la sua ignoranza è enciclopedica o lo è il suo silenzio. Riesce a parlare del calo delle iscrizioni nelle università del Sud, senza dire del criminale decreto del governo Letta, firmato dall'allora disgraziatamente ministra Carrozza, grazie al quale le università meridionali, già fortemente penalizzate, sono state condannate alla chiusura, eliminano corsi e perdono ricercatori e docenti a beneficio di quelle del Nord.

Dice che non c'è una sola università “di qualità” al Sud e dimentica che il Politecnico di Bari, giusto un esempio, ma ce ne sarebbero altri, è migliore di quello di Milano (legga la classifica della Carrozza, corretta sotto la gestione Giannini), che ogni 100mila euro spesi dal Politecnico di Bari, si hanno risultato doppi e tripli, come qualità e diffusione della ricerca, rispetto a quelli dell'IIT di Genova, l'Istituto italiano di tecnologia e, in più, con la stessa somma, si fa didattica, cosa che a Genova non si fa.

E ora, per “meritocrazia”, si aprirà il centro di Milano (a occhio Milano fotterà Genova). Come dire che si tagliano le gambe alla Sanità, ai trasporti, all'università, eccetera e poi si rimprovera: Vedete? Non corrono. Gli effetti..., le cause...

“Mancano larghi dibattiti, autocritiche, progetti”, scrive pure. Ci sono, ci sono i dibattiti, ma non sono quelli che le piacciono. Lei è riuscito a condannare ancora una volta il Sud, accusandolo degli effetti della politica anti-meridionale e razzista che dura da un secolo e mezzo, poi chiede pure l'autocritica!

Ovvero quell'esercizio che non ha mai chiesto a quella parte d'Italia e del potere di cui, sospetto, lei è parte. Perché di autocritiche, manca pure la sua. Ricorda quello che lei scriveva delle stragi compiute dai piemontesi a Sud? Io sì, avendo beneficiato della sua attenzione; ma non ricordo un rigo uno, suo, di autocritica, dopo che il presidente della Repubblica inviò a Pontelandolfo (con Casalduni paese-simbolo delle rappresaglie proto-nazistaìe dei bersaglieri), un messaggio per chiedere scusa a nome dell'Italia.

Non ricordo una sua parola una sul dibattito (forse non abbastanza “largo”, per lei) sulla esclusione, a opera del ministero dell'Istruzione vergognosamente affidato alla Gelmini, di poeti e scrittori del Sud, pur se premi Nobel per la letteratura, dai programmi di letteratura dei licei. Era distratto? Può ancora rimediare, e gliene sarei immensamente grato, perché quella infame indicazione del ministero è ancora valida, non corretta dai ministri Profumo (te lo raccomando: aveva diviso l'Italia in tre), Carrozza (la killer delle università meridionali), Giannini (che può fare ancora in tempo, ma sta perdendo tempo).

Se condanna chi subisce gli effetti e assolve chi produce le cause, lei sta facendo un'operazione culturale orrenda. Ho imparato a capire che tanti, pur colti, preparati, lo fanno in assoluta buonafede, il che testimonia di quanto profondo sia il pregiudizio.

Onestamente, non mi sembra il suo caso, ma io, come tutti (mi spiace doverglielo dire: lei incluso!) posso sbagliare. Dovesse lei darmene prova, le mie scuse sono già pronte.
Dovesse lei darmene prova... Diciamo, spostando l'analisi un po' più sulle cause, evitando la facilità ingannevole delle certezze che paiono dare gli effetti.

Buon Natale; e non importa che io sia ateo: se qualcosa addolcisce il clima sociale, perché no?

di Pino Aprile (fonte: Terroni di Pino Aprile)

 

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