Oggi si chiude l’Anno Liturgico ,e insieme , il Giubileo della Misericordia. La Solennità di Cristo Re riepiloga in sè il cammino annuale fatto con Cristo nel vivere la Parola di Dio, nostro cibo per un anno, e trovare in lui il riferimento del nostro essere cristiani. Davanti a Cristo Re ci inchiniamo riverenti ,salutandolo e proclamandolo Re , non seduto su un trono regale ,ma appeso all’albero della Croce, trono con quale si è conquistata l’umanità di sempre, trono dal quale tende le sue mani , e apre il suo cuore a tutti i suoi “sudditi”. E’ la Croce il luogo della manifestazione della regalità di Cristo, Croce che per lui diventa pulpito e trono. Pilato ,scrivendo la targa da apporre sul legno, INRI, non ha fatto altro che affermare la dignità senza tempo di colui che egli vi ha crocifisso.
Un regno però il suo, che non è di questo mondo. Infatti durante l’interrogatorio, alla domanda fattagli dal procuratore circa la sua regalità, Gesù afferma di essere re, ma il suo” regno non è di questo mondo” (Gv18,36). E da quel trono egli detta un testamento che riassume un grande discorso regale. Agli insulti e alla provocazioni dei suoi concittadini ,che pretendono di averlo ridotto al silenzio, egli risponde con delle parole che si stagliano nella storia dei suoi discepoli e diventano pietre focali che riscalderanno per sempre il loro cuore.
Un re condannato ingiustamente che non solo perdona i suoi uccisori, ma chiede scusa al Padre per loro. Un re che ,dopo aver regalato tutto se stesso ai suoi, dona loro anche sua Madre. Un re che tende la mano ad un condannato come lui, che riconosce la sua innocenza e la sua identità ,e gli promette di condividere con lui il suo regno. Un re che grida al cielo la sua sofferenza, ma che poi si trova ad accettare ogni cosa per portare a fine la missione che gli è stata affidata.
La Croce dunque il patibolo, il trono, ma anche segno della vittoria di Cristo!
Proprio nell’umiliazione più profonda, Cristo mostra la sua identità ,e dopo un’apparente sconfitta, egli ,proprio sulla croce, proclama e realizza la sua vittoria. Un re che si dichiara ”servo”, che è “venuto a servire” quelli che gli appartengono ,e non disdegna nessuno. Egli si china sulla sofferenza, sulla morte, e la sua mano è tesa specialmente agli ultimi e agli emarginati. Un re che non crea distanza tra lui e i suoi sudditi, ma si pone a camminare in mezzo a loro, e lascia loro in eredità, come caratteristica del suo regno di sempre, lo slogan:”Amare e servire”.
Regna la pace, dove regna il Signore.
Vangelo della SOLENNITA’ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO- Luca 23,35-43 - Commento di P. Pierluigi Mirra Passionista
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