Glauco Mauri e Roberto Sturno, ritornano, a distanza di oltre vent'anni, con un nuovo allestimento a esplorare la profondità del lavoro dell’autore irlandese
Al Teatro Nuovo di Napoli un grande attore per uno dei massimi drammaturghi del Novecento: Glauco Mauri porta in scena, da mercoledì 30 gennaio 2013 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 3 febbraio), Da Krapp a Senza parole, uno spettacolo che comprende il prologo e quattro atti unici di Samuel Beckett, lo scrittore irlandese cui fu assegnato il premio Nobel per la letteratura nel 1969. Con Mauri, che cura anche la regia, sarà in scena l’inseparabile Roberto Sturno.
Con questa messa in scena, presentata dalla Compagnia Mauri-Sturno, Mauri ripercorre, praticamente, tutta la sua lunga vicenda teatrale. Fu, infatti, il primo attore italiano a portare in scena, negli anni ’60, i capolavori del grande drammaturgo irlandese. Ed è toccante che in “L’ultimo nastro di Krapp”, nel quale un personaggio solitario dialoga con la propria voce registrata anni prima al magnetofono, l’attore si trovi a confrontarsi proprio con la registrazione di quella lontana messa in scena, quindi col se stesso del 1961, quando la pièce venne presentata con la regia di Franco Enriquez.
Di questo nuovo allestimento fanno parte: Il prologo, in cui è Beckett stesso che ci parla, raccontato attraverso alcune sue dichiarazioni da Glauco Mauri e Roberto Sturno. Atto senza parole e L’ultimo nastro di Krapp, due testi relativamente brevi al confronto di altri famosi capolavori, sono forse le opere che più chiaramente esprimono alcuni aspetti del mondo di Beckett.
Nello stupito, grottesco silenzio di Atto senza parole l’uomo beffato e ingannato dalla vita che sembra sempre soccorrerlo, ma poi sempre lo delude, trova la sua commovente dignità nel rifiuto e nella voluta solitudine. Ne L’ultimo nastro il vecchio Krapp ascolta una bobina che ha registrato tanti anni fa: la sera del suo 39º compleanno. Riaffiorano persone, visi ormai sbiaditi dal tempo, si riscoprono sentimenti, e, tra questi, ormai dimenticata, una storia d’amore. La bobina finisce e Krapp rimane disperatamente solo nel buio della sua “vecchia tana” piena di bobine che raccontano la storia della sua vita ma che finiranno sempre col rimanere vuote. Respiro. Un cumulo di macerie. Pochi secondi, è la vita. La vita che passa tra il primo vagito e l’ultimo respiro. Ma in quale mondo. In Improvviso dell’Ohio, il titolo lo si deve perché il testo fu scritto per l’Università Columbus dello stato dell’Ohio e lì rappresentato per la prima volta per festeggiare i settantacinque anni di Beckett, un uomo (il Lettore) legge un libro ad un altro uomo (l’Ascoltatore) per aiutarlo a sopportare il dolore di un’assenza dolorosa,
Beckett è certamente un innovatore nella storia del Teatro. Con le sue opere ha mostrato un nuovo modo di interpretare il rapporto tra la vita e l’uomo: una visione grottesca, che spesso sfocia in una disperata comicità, dell’uomo e la sua fatica del vivere.
I testi di Beckett sono presentati nelle storiche traduzioni di Carlo Fruttero e Franco Lucentini. Le musiche sono a cura di Germano Mazzocchetti, l’impianto scenico di Francesco De Summa, le luci di Gianni Grasso.
Da Krapp a Senza parole di Samuel Beckett
Napoli, Teatro Nuovo – dal 30 gennaio al 3 febbraio 2013
Inizio delle rappresentazioni ore 21.00 (feriali), ore 18.30 (domenica)
Info e prenotazioni al numero 0814976267 email botteghino@teatronuovonapoli.it
Da mercoledì 30 gennaio a domenica 3 febbraio 2013
Napoli, Teatro Nuovo
Compagnia Mauri-Sturno
presenta
Da Krapp a Senza parole
di Samuel Beckett
traduzioni Carlo Fruttero e Franco Lucentini
Il prologo
Respiro
Improvviso dell’Ohio
Atto senza parole
L’ultimo nastro di Krapp
con Glauco Mauri e Roberto Sturno
regia Glauco Mauri
musiche Germano Mazzocchetti
impianto scenico Francesco De Summa
luci Gianni Grasso
Durata della rappresentazione 110’, con intervallo
"Far capire al pubblico che non è Beckett difficile e complicato, ma difficile e complicata è la vita. La vita che Beckett pur nella sua angoscia, ha saputo raccontarci con una sotterranea ma struggente pietà. Questo vogliamo esprimere con il nostro spettacolo, questo è il nostro desiderio"
Glauco Mauri e Roberto Sturno, ritornano a distanza di oltre vent'anni, con un nuovo allestimento a esplorare la profondità del lavoro di Beckett.
E' del 1990 la messinscena, Premio della Critica 1991, di dieci atti unici, suddivisi in due parti, la prima: "Dal Silenzio al Silenzio" con gli atti unici L'ultimo nastro di Krapp, Improvviso dell'Ohio, Respiro, Frammento di Teatro, Atto senza parole; la seconda parte dal titolo "Senza voce, tra le voci rinchiuse con me" era composta da Pochade radiofonica, Passi, Catastrofe, Quella volta, Cosa dove.
A proposito di…
Il prologo
E’ Beckett stesso che ci parla – attraverso due dei suoi tanti personaggi – con i suoi più significativi pensieri tratti dalle sue opere teatrali e dai suoi romanzi.
Respiro
Il critico inglese Kenneth Tynan mentre stava mettendo in scena Oh! Calcutta – spettacolo “erotico” che rappresentò un grande avvenimento a favore della liberazione sessuale – chiese un contributo a Beckett per il suo spettacolo. Beckett accettò e gli fece pervenire (pare tramite una semplice cartolina) il brevissimo testo di Respiro (Breath). Tynan collocò Respiro all’inizio dello spettacolo. Senza chiedere il parere di Beckett, adattò il testo allo spirito di Oh! Calcutta e aggiunse ai “rifiuti eterogenei” sparsi sulla scena previsti da Beckett anche alcuni attori completamente nudi. Non condividendo la scelta di Tynan, Beckett vietò che Respiro fosse incluso nelle successive repliche.
La prima rappresentazione di Oh! Calcutta con Respiro ebbe luogo il 17 giugno 1969 in un teatro di off Broadway.
Respiro nella edizione voluta da Beckett andò in scena al Close Theatre Club di Glasgow nell’ottobre del 1969.
La prima messa in scena italiana di Respiro ebbe luogo al Teatro Flaiano di Roma nella Stagione 1972-73 all’interno dello spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Roma, Beckett 73 con Laura Betti e Glauco Mauri che comprendeva anche Non io, L’ultimo nastro di Krapp e Atto senza parole, con la regia Franco Enriquez.
Improvviso dell’Ohio
Il titolo del testo non ha nulla a che vedere con il suo contenuto.
Nel 1981 in occasione del settantacinquesimo compleanno di Samuel Beckett fu organizzato dall’Ohio State University un convegno in suo onore. L’autore fu invitato a scrivere un breve testo per l’occasione e… così nacque Improvviso dell’Ohio che andò in scena nel campus di Columbus allo Stadium 2 Theatre il 9 maggio 1981. Il testo ancora oggi, dà motivo alle più varie interpretazioni: chi è la donna della quale si parla? E’ Suzanne, la moglie?
“E’ Suzanne. L’ho immaginata morta tante volte. Ho anche immaginato che mi trascinavo fino alla sua tomba”. Questo ha detto Beckett parlando di Improvviso dell’Ohio in un’intervista-conversazione con James Knowlson autore di una delle più fedeli e complete biografie su Samuel Beckett.
Atto senza parole
Il 3 aprile 1957 al Royal Court Theatre, fu rappresentata a Londra la sua seconda opera teatrale Finale di partita e come conclusione della serata Beckett volle che fosse rappresentato anche Atto senza parole che aveva già scritto nel 1956.
Perché dopo un testo così intenso come Finale di partita Beckett sentì la necessità di rappresentare anche Atto senza parole? Perché? Me lo chiesi subito quando mi accinsi a interpretare quest’opera. Nello stupito, grottesco silenzio di Atto senza parole, l’uomo
beffato e ingannato dalla vita che sembra sempre soccorrerlo, ma poi sempre lo delude, trova la sua commovente dignità nel rifiuto e nella voluta solitudine.
In questo breve atto Beckett ci fa chiaramente comprendere la sua visione dello scontro tra l’uomo e la vita. E forse per questo che ha voluto aggiungere a chiusura della serata il suo Atto senza parole?
L’Ultimo Nastro di Krapp
Prima rappresentazione – Londra – Royal Court Theatre – 28 ottobre 1958.
Prima rappresentazione italiana con Glauco Mauri – Milano – Teatro di Via Manzoni – 12 ottobre 1961.
Nel 1961 stavo recitando a Milano Il rinoceronte di Jonesco con la Compagnia dei Quattro. Aspettai la notte (volevo contare su un silenzio assoluto) e con il caro Sussi, l’elettricista della Compagnia, sul palcoscenico del Teatro di Via Manzoni, cominciai a registrare L’ultimo nastro di Krapp. Gli strumenti erano poveri ma ci adattammo. Non una sala di incisione ma un palcoscenico vuoto con le sue misteriose sonorità.
Quel nastro, registrato quella sera, mi ha tenuto compagnia per tanti anni… e ancora oggi, dopo più di 50 anni è “quel nastro” che Krapp ascolta.
Ho interpretato tanti personaggi ricchi di poesia e di umanità ma il turbamento del vecchio Krapp che ascolta la voce di quel giovane Glauco è una delle emozioni più sincere che mi ha donato il teatro.
Un ricordo particolare
A Napoli nel 1963 durante la rappresentazione di Atto senza parole il pubblico, si era poco abituati al Teatro di Beckett, cominciò a rumoreggiare: alcuni ridevano, altri gridavano “Hai perso la voce? Smettila!" o peggio ancora “Cosa sei una scimmia?”. Il trambusto diventava sempre più intenso. Alcuni spettatori, invece, entusiasti, reagirono con grande determinazione: si arrivò quasi alle mani. Tra i miei difensori più calorosi c’era anche Gian Maria Volonté anche lui a Napoli per una registrazione televisiva. Io intanto continuavo per nulla intimorito, anzi, felice che il teatro fosse “una cosa viva”.
Alla fine urla di bravo e fischi (che certamente erano in maggioranza) chiusero una serata tra le più divertenti della mia carriera.
Prima messa in scena italiana con Glauco Mauri (Compagnia dei Quattro) al Teatro di Via Manzoni di Milano, nel 1962.
Beckett ... Glauco Mauri e Roberto Sturno
Primo interprete italiano de L'ultimo nastro di Krapp e di Atto senza parole è Glauco Mauri che, per la Compagnia dei Quattro diretta da Franco Enriquez, li presentò per la prima volta al Teatro di via Manzoni di Milano per i "Pomeriggio dei Quattro" nel 1961.
Giorgio Prosperi su "Il Tempo" del 26 novembre 1961, parlò di un Krapp che riascoltava la sua voce del passato "quasi a cercarvi il perché della sua esistenza [...]. L'autore sembra respingere ogni speranza, e tuttavia non si occupa d'altro. Glauco Mauri, nella parte di Krapp, ha empito il vuoto e la solitudine di pensieri, di angosce, di rancori. Il suo volto dialogando muto col nastro magnetico, ha raggiunto la forza espressiva dei primi piani cinematografici".
Un giudizio più articolato fu quello di Paolo Emilio Poesio, su "La Nazione" del 18 novembre 1961: "Il testo di Beckett è un esempio lucido della concezione moderna della tragedia: una tragedia nella quale gli dei sono la voce metallica di un registratore, il cono di luce che spiove da una lampada, l'ombra assillante che circonda e imprigiona Krapp, questo fratello ideale degli altri derelitti personaggi di Beckett. Krapp è un rottame, un essere squassato dall'esistenza, un uomo che ha scoperto la sua solitudine [...]. Glauco Mauri ha sostenuto il monologo-dialogo di Krapp con una ricchezza di mezzi interpretativi da sbalordire. C'era su di lui davvero accumulata la polvere di un'eternità spietata, c'erano su di lui la miseria, la follia, l'angoscia, tutti i tarli che possono corrodere e rimpicciolire e annientare l'essere umano. [...]. E' un'interpretazione che non si dimentica facilmente".
Per Arturo Lazzari, "L'Unità" del 28 ottobre 1962, Atto senza parole è: "una piccola, breve, agghiacciante pantomima sulla condizione umana secondo Beckett".
Nella recensione per Atto senza parole Sandro De Feo, su "L'Espresso" del 21 aprile 1963, scrive: "Moltissimi applausi a Glauco Mauri nell'azione mimica con un solo personaggio di Beckett, ed egli se li è certamente meritati per l'intensità che ha messo nell'inseguire e poi rifiutare i miraggi e le esche che gli venivano offerti dagli enti misteriosi e malvagi, nel deserto in cui egli è capitato. [...] Mauri ha reso come meglio non si sarebbe potuto l'angoscia di chi ormai non spera più in nulla e si lascia andare".
Per il secondo studio beckettiano di Glauco Mauri (oltre che interprete anche regista) del 1990 la critica espresse il suo plauso all'unanimità.
Gian Luca Favetto su "La Repubblica" del 25 aprile 1991: "La voce tonante di un irlandese che non parla. [...] A volte leggendo Samuel Beckett accade che lo sguardo si conceda con emozione alle linee bianche della pagina più che alle parole: il vuoto preferito al pieno. E' l'attrazione per il canto bianco del silenzio, quel silenzio del tempo e delle cose che la scrittura macchia nello sforzo di rimediare una spiegazione e un senso alla condizione umana.
Eppure, se c'è uno scrittore che ti apre gli occhi e, dopo un crudele sberleffo o un
fendente di luce, ti permette di continuare a tenerli aperti è proprio il grande irlandese, il quale attraverso le parole, mette in comunicazione con chi l'ascolta il silenzio.
Per avere di ciò una prova, ci si rechi al Teatro Adua: Glauco Mauri e Roberto Sturno distillano in meno di due ore cinque atti unici e alcune poesie di Beckett. Due ottimi attori al completo servizio di un esploratore sublime della scrittura".
Domenico Danzuso su "La Sicilia"del 14 agosto 1990 scrive: "Glauco Mauri è grandissimo nelle sottigliezze interpretative, registiche e attoriali, nel dare coerenza all'accostamento dei vari brani, percependone l'intima interdipendenza, nel sentire l'ansia del vivere e del sopravvivere con grande sofferenza ; Roberto Sturno è straordinario in Atto senza parole".
Rita Sala, su "Il Messaggero" del 5 aprile 1991, parla della linea "umana" che Mauri ha impresso al suo lavoro sullo scrittore irlandese: "un alito azzurrino e fumigante capace di mitigare il Nulla fino a trasformarlo nel Quasi niente. [...] La regia e gli interpreti scelgono di rappresentare l'odissea di "uno di casa" al quale ne capitano di tutti i colori e decidono, per amore del divertimento collettivo, di far vedere cosa gli sia successo"
E Ubaldo Soddu su "Il Messaggero" del 10 aprile 1991 aggiunge: "Beckett e la misteriosa parabola dell'esistenza. [...] Mauri e Roberto Sturno sono calibratissimi, ottimamente inseriti nel clima beckettiano".
Claudio Cumani su "Il Resto del Carlino" dell'8 maggio 1993: "Silenzio, si riflette. [...] Atto senza parole, la tragedia ridicola dell'uomo-clown impotente alla vita e costretto a muoversi al suono del fischietto. E in questo ruolo, che tanti anni fa fu di Mauri, Roberto Sturno offre una prova davvero precisa e tagliente. Senza cadere nel rischio dell'antologismo, dal Silenzio al Silenzio consegna allo spettatore un senso di teatralità densa e accurata che il Mauri regista disegna con rigore. Laddove il Mauri interprete si muove sul baratro del Nulla con un'assoluta adesione interiore alla fatica di sopravvivere".
Da Krapp a Senza parole di Samuel Beckett
Glauco Mauri e Roberto Sturno, ritornano, a distanza di oltre vent'anni, con un nuovo allestimento a esplorare la profondità del lavoro dell’autore irlandese
Al Teatro Nuovo di Napoli un grande attore per uno dei massimi drammaturghi del Novecento: Glauco Mauri porta in scena, da mercoledì 30 gennaio 2013 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 3 febbraio), Da Krapp a Senza parole, uno spettacolo che comprende il prologo e quattro atti unici di Samuel Beckett, lo scrittore irlandese cui fu assegnato il premio Nobel per la letteratura nel 1969. Con Mauri, che cura anche la regia, sarà in scena l’inseparabile Roberto Sturno.
Con questa messa in scena, presentata dalla Compagnia Mauri-Sturno, Mauri ripercorre, praticamente, tutta la sua lunga vicenda teatrale. Fu, infatti, il primo attore italiano a portare in scena, negli anni ’60, i capolavori del grande drammaturgo irlandese. Ed è toccante che in “L’ultimo nastro di Krapp”, nel quale un personaggio solitario dialoga con la propria voce registrata anni prima al magnetofono, l’attore si trovi a confrontarsi proprio con la registrazione di quella lontana messa in scena, quindi col se stesso del 1961, quando la pièce venne presentata con la regia di Franco Enriquez.
Di questo nuovo allestimento fanno parte: Il prologo, in cui è Beckett stesso che ci parla, raccontato attraverso alcune sue dichiarazioni da Glauco Mauri e Roberto Sturno. Atto senza parole e L’ultimo nastro di Krapp, due testi relativamente brevi al confronto di altri famosi capolavori, sono forse le opere che più chiaramente esprimono alcuni aspetti del mondo di Beckett.
Nello stupito, grottesco silenzio di Atto senza parole l’uomo beffato e ingannato dalla vita che sembra sempre soccorrerlo, ma poi sempre lo delude, trova la sua commovente dignità nel rifiuto e nella voluta solitudine. Ne L’ultimo nastro il vecchio Krapp ascolta una bobina che ha registrato tanti anni fa: la sera del suo 39º compleanno. Riaffiorano persone, visi ormai sbiaditi dal tempo, si riscoprono sentimenti, e, tra questi, ormai dimenticata, una storia d’amore. La bobina finisce e Krapp rimane disperatamente solo nel buio della sua “vecchia tana” piena di bobine che raccontano la storia della sua vita ma che finiranno sempre col rimanere vuote. Respiro. Un cumulo di macerie. Pochi secondi, è la vita. La vita che passa tra il primo vagito e l’ultimo respiro. Ma in quale mondo. In Improvviso dell’Ohio, il titolo lo si deve perché il testo fu scritto per l’Università Columbus dello stato dell’Ohio e lì rappresentato per la prima volta per festeggiare i settantacinque anni di Beckett, un uomo (il Lettore) legge un libro ad un altro uomo (l’Ascoltatore) per aiutarlo a sopportare il dolore di un’assenza dolorosa,
Beckett è certamente un innovatore nella storia del Teatro. Con le sue opere ha mostrato un nuovo modo di interpretare il rapporto tra la vita e l’uomo: una visione grottesca, che spesso sfocia in una disperata comicità, dell’uomo e la sua fatica del vivere.
I testi di Beckett sono presentati nelle storiche traduzioni di Carlo Fruttero e Franco Lucentini. Le musiche sono a cura di Germano Mazzocchetti, l’impianto scenico di Francesco De Summa, le luci di Gianni Grasso.
Da Krapp a Senza parole di Samuel Beckett
Napoli, Teatro Nuovo – dal 30 gennaio al 3 febbraio 2013
Inizio delle rappresentazioni ore 21.00 (feriali), ore 18.30 (domenica)
Info e prenotazioni al numero 0814976267 email botteghino@teatronuovonapoli.it
Da mercoledì 30 gennaio a domenica 3 febbraio 2013
Napoli, Teatro Nuovo
Compagnia Mauri-Sturno
presenta
Da Krapp a Senza parole
di Samuel Beckett
traduzioni Carlo Fruttero e Franco Lucentini
Il prologo
Respiro
Improvviso dell’Ohio
Atto senza parole
L’ultimo nastro di Krapp
con Glauco Mauri e Roberto Sturno
regia Glauco Mauri
musiche Germano Mazzocchetti
impianto scenico Francesco De Summa
luci Gianni Grasso
Durata della rappresentazione 110’, con intervallo
"Far capire al pubblico che non è Beckett difficile e complicato, ma difficile e complicata è la vita. La vita che Beckett pur nella sua angoscia, ha saputo raccontarci con una sotterranea ma struggente pietà. Questo vogliamo esprimere con il nostro spettacolo, questo è il nostro desiderio"
Glauco Mauri e Roberto Sturno, ritornano a distanza di oltre vent'anni, con un nuovo allestimento a esplorare la profondità del lavoro di Beckett.
E' del 1990 la messinscena, Premio della Critica 1991, di dieci atti unici, suddivisi in due parti, la prima: "Dal Silenzio al Silenzio" con gli atti unici L'ultimo nastro di Krapp, Improvviso dell'Ohio, Respiro, Frammento di Teatro, Atto senza parole; la seconda parte dal titolo "Senza voce, tra le voci rinchiuse con me" era composta da Pochade radiofonica, Passi, Catastrofe, Quella volta, Cosa dove.
A proposito di…
Il prologo
E’ Beckett stesso che ci parla – attraverso due dei suoi tanti personaggi – con i suoi più significativi pensieri tratti dalle sue opere teatrali e dai suoi romanzi.
Respiro
Il critico inglese Kenneth Tynan mentre stava mettendo in scena Oh! Calcutta – spettacolo “erotico” che rappresentò un grande avvenimento a favore della liberazione sessuale – chiese un contributo a Beckett per il suo spettacolo. Beckett accettò e gli fece pervenire (pare tramite una semplice cartolina) il brevissimo testo di Respiro (Breath). Tynan collocò Respiro all’inizio dello spettacolo. Senza chiedere il parere di Beckett, adattò il testo allo spirito di Oh! Calcutta e aggiunse ai “rifiuti eterogenei” sparsi sulla scena previsti da Beckett anche alcuni attori completamente nudi. Non condividendo la scelta di Tynan, Beckett vietò che Respiro fosse incluso nelle successive repliche.
La prima rappresentazione di Oh! Calcutta con Respiro ebbe luogo il 17 giugno 1969 in un teatro di off Broadway.
Respiro nella edizione voluta da Beckett andò in scena al Close Theatre Club di Glasgow nell’ottobre del 1969.
La prima messa in scena italiana di Respiro ebbe luogo al Teatro Flaiano di Roma nella Stagione 1972-73 all’interno dello spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Roma, Beckett 73 con Laura Betti e Glauco Mauri che comprendeva anche Non io, L’ultimo nastro di Krapp e Atto senza parole, con la regia Franco Enriquez.
Improvviso dell’Ohio
Il titolo del testo non ha nulla a che vedere con il suo contenuto.
Nel 1981 in occasione del settantacinquesimo compleanno di Samuel Beckett fu organizzato dall’Ohio State University un convegno in suo onore. L’autore fu invitato a scrivere un breve testo per l’occasione e… così nacque Improvviso dell’Ohio che andò in scena nel campus di Columbus allo Stadium 2 Theatre il 9 maggio 1981. Il testo ancora oggi, dà motivo alle più varie interpretazioni: chi è la donna della quale si parla? E’ Suzanne, la moglie?
“E’ Suzanne. L’ho immaginata morta tante volte. Ho anche immaginato che mi trascinavo fino alla sua tomba”. Questo ha detto Beckett parlando di Improvviso dell’Ohio in un’intervista-conversazione con James Knowlson autore di una delle più fedeli e complete biografie su Samuel Beckett.
Atto senza parole
Il 3 aprile 1957 al Royal Court Theatre, fu rappresentata a Londra la sua seconda opera teatrale Finale di partita e come conclusione della serata Beckett volle che fosse rappresentato anche Atto senza parole che aveva già scritto nel 1956.
Perché dopo un testo così intenso come Finale di partita Beckett sentì la necessità di rappresentare anche Atto senza parole? Perché? Me lo chiesi subito quando mi accinsi a interpretare quest’opera. Nello stupito, grottesco silenzio di Atto senza parole, l’uomo
beffato e ingannato dalla vita che sembra sempre soccorrerlo, ma poi sempre lo delude, trova la sua commovente dignità nel rifiuto e nella voluta solitudine.
In questo breve atto Beckett ci fa chiaramente comprendere la sua visione dello scontro tra l’uomo e la vita. E forse per questo che ha voluto aggiungere a chiusura della serata il suo Atto senza parole?
L’Ultimo Nastro di Krapp
Prima rappresentazione – Londra – Royal Court Theatre – 28 ottobre 1958.
Prima rappresentazione italiana con Glauco Mauri – Milano – Teatro di Via Manzoni – 12 ottobre 1961.
Nel 1961 stavo recitando a Milano Il rinoceronte di Jonesco con la Compagnia dei Quattro. Aspettai la notte (volevo contare su un silenzio assoluto) e con il caro Sussi, l’elettricista della Compagnia, sul palcoscenico del Teatro di Via Manzoni, cominciai a registrare L’ultimo nastro di Krapp. Gli strumenti erano poveri ma ci adattammo. Non una sala di incisione ma un palcoscenico vuoto con le sue misteriose sonorità.
Quel nastro, registrato quella sera, mi ha tenuto compagnia per tanti anni… e ancora oggi, dopo più di 50 anni è “quel nastro” che Krapp ascolta.
Ho interpretato tanti personaggi ricchi di poesia e di umanità ma il turbamento del vecchio Krapp che ascolta la voce di quel giovane Glauco è una delle emozioni più sincere che mi ha donato il teatro.
Un ricordo particolare
A Napoli nel 1963 durante la rappresentazione di Atto senza parole il pubblico, si era poco abituati al Teatro di Beckett, cominciò a rumoreggiare: alcuni ridevano, altri gridavano “Hai perso la voce? Smettila!" o peggio ancora “Cosa sei una scimmia?”. Il trambusto diventava sempre più intenso. Alcuni spettatori, invece, entusiasti, reagirono con grande determinazione: si arrivò quasi alle mani. Tra i miei difensori più calorosi c’era anche Gian Maria Volonté anche lui a Napoli per una registrazione televisiva. Io intanto continuavo per nulla intimorito, anzi, felice che il teatro fosse “una cosa viva”.
Alla fine urla di bravo e fischi (che certamente erano in maggioranza) chiusero una serata tra le più divertenti della mia carriera.
Prima messa in scena italiana con Glauco Mauri (Compagnia dei Quattro) al Teatro di Via Manzoni di Milano, nel 1962.
Beckett ... Glauco Mauri e Roberto Sturno
Primo interprete italiano de L'ultimo nastro di Krapp e di Atto senza parole è Glauco Mauri che, per la Compagnia dei Quattro diretta da Franco Enriquez, li presentò per la prima volta al Teatro di via Manzoni di Milano per i "Pomeriggio dei Quattro" nel 1961.
Giorgio Prosperi su "Il Tempo" del 26 novembre 1961, parlò di un Krapp che riascoltava la sua voce del passato "quasi a cercarvi il perché della sua esistenza [...]. L'autore sembra respingere ogni speranza, e tuttavia non si occupa d'altro. Glauco Mauri, nella parte di Krapp, ha empito il vuoto e la solitudine di pensieri, di angosce, di rancori. Il suo volto dialogando muto col nastro magnetico, ha raggiunto la forza espressiva dei primi piani cinematografici".
Un giudizio più articolato fu quello di Paolo Emilio Poesio, su "La Nazione" del 18 novembre 1961: "Il testo di Beckett è un esempio lucido della concezione moderna della tragedia: una tragedia nella quale gli dei sono la voce metallica di un registratore, il cono di luce che spiove da una lampada, l'ombra assillante che circonda e imprigiona Krapp, questo fratello ideale degli altri derelitti personaggi di Beckett. Krapp è un rottame, un essere squassato dall'esistenza, un uomo che ha scoperto la sua solitudine [...]. Glauco Mauri ha sostenuto il monologo-dialogo di Krapp con una ricchezza di mezzi interpretativi da sbalordire. C'era su di lui davvero accumulata la polvere di un'eternità spietata, c'erano su di lui la miseria, la follia, l'angoscia, tutti i tarli che possono corrodere e rimpicciolire e annientare l'essere umano. [...]. E' un'interpretazione che non si dimentica facilmente".
Per Arturo Lazzari, "L'Unità" del 28 ottobre 1962, Atto senza parole è: "una piccola, breve, agghiacciante pantomima sulla condizione umana secondo Beckett".
Nella recensione per Atto senza parole Sandro De Feo, su "L'Espresso" del 21 aprile 1963, scrive: "Moltissimi applausi a Glauco Mauri nell'azione mimica con un solo personaggio di Beckett, ed egli se li è certamente meritati per l'intensità che ha messo nell'inseguire e poi rifiutare i miraggi e le esche che gli venivano offerti dagli enti misteriosi e malvagi, nel deserto in cui egli è capitato. [...] Mauri ha reso come meglio non si sarebbe potuto l'angoscia di chi ormai non spera più in nulla e si lascia andare".
Per il secondo studio beckettiano di Glauco Mauri (oltre che interprete anche regista) del 1990 la critica espresse il suo plauso all'unanimità.
Gian Luca Favetto su "La Repubblica" del 25 aprile 1991: "La voce tonante di un irlandese che non parla. [...] A volte leggendo Samuel Beckett accade che lo sguardo si conceda con emozione alle linee bianche della pagina più che alle parole: il vuoto preferito al pieno. E' l'attrazione per il canto bianco del silenzio, quel silenzio del tempo e delle cose che la scrittura macchia nello sforzo di rimediare una spiegazione e un senso alla condizione umana.
Eppure, se c'è uno scrittore che ti apre gli occhi e, dopo un crudele sberleffo o un
fendente di luce, ti permette di continuare a tenerli aperti è proprio il grande irlandese, il quale attraverso le parole, mette in comunicazione con chi l'ascolta il silenzio.
Per avere di ciò una prova, ci si rechi al Teatro Adua: Glauco Mauri e Roberto Sturno distillano in meno di due ore cinque atti unici e alcune poesie di Beckett. Due ottimi attori al completo servizio di un esploratore sublime della scrittura".
Domenico Danzuso su "La Sicilia"del 14 agosto 1990 scrive: "Glauco Mauri è grandissimo nelle sottigliezze interpretative, registiche e attoriali, nel dare coerenza all'accostamento dei vari brani, percependone l'intima interdipendenza, nel sentire l'ansia del vivere e del sopravvivere con grande sofferenza ; Roberto Sturno è straordinario in Atto senza parole".
Rita Sala, su "Il Messaggero" del 5 aprile 1991, parla della linea "umana" che Mauri ha impresso al suo lavoro sullo scrittore irlandese: "un alito azzurrino e fumigante capace di mitigare il Nulla fino a trasformarlo nel Quasi niente. [...] La regia e gli interpreti scelgono di rappresentare l'odissea di "uno di casa" al quale ne capitano di tutti i colori e decidono, per amore del divertimento collettivo, di far vedere cosa gli sia successo"
E Ubaldo Soddu su "Il Messaggero" del 10 aprile 1991 aggiunge: "Beckett e la misteriosa parabola dell'esistenza. [...] Mauri e Roberto Sturno sono calibratissimi, ottimamente inseriti nel clima beckettiano".
Claudio Cumani su "Il Resto del Carlino" dell'8 maggio 1993: "Silenzio, si riflette. [...] Atto senza parole, la tragedia ridicola dell'uomo-clown impotente alla vita e costretto a muoversi al suono del fischietto. E in questo ruolo, che tanti anni fa fu di Mauri, Roberto Sturno offre una prova davvero precisa e tagliente. Senza cadere nel rischio dell'antologismo, dal Silenzio al Silenzio consegna allo spettatore un senso di teatralità densa e accurata che il Mauri regista disegna con rigore. Laddove il Mauri interprete si muove sul baratro del Nulla con un'assoluta adesione interiore alla fatica di sopravvivere".
Glauco Mauri e Roberto Sturno, ritornano, a distanza di oltre vent'anni, con un nuovo allestimento a esplorare la profondità del lavoro dell’autore irlandese
Al Teatro Nuovo di Napoli un grande attore per uno dei massimi drammaturghi del Novecento: Glauco Mauri porta in scena, da mercoledì 30 gennaio 2013 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 3 febbraio), Da Krapp a Senza parole, uno spettacolo che comprende il prologo e quattro atti unici di Samuel Beckett, lo scrittore irlandese cui fu assegnato il premio Nobel per la letteratura nel 1969. Con Mauri, che cura anche la regia, sarà in scena l’inseparabile Roberto Sturno.
Con questa messa in scena, presentata dalla Compagnia Mauri-Sturno, Mauri ripercorre, praticamente, tutta la sua lunga vicenda teatrale. Fu, infatti, il primo attore italiano a portare in scena, negli anni ’60, i capolavori del grande drammaturgo irlandese. Ed è toccante che in “L’ultimo nastro di Krapp”, nel quale un personaggio solitario dialoga con la propria voce registrata anni prima al magnetofono, l’attore si trovi a confrontarsi proprio con la registrazione di quella lontana messa in scena, quindi col se stesso del 1961, quando la pièce venne presentata con la regia di Franco Enriquez.
Di questo nuovo allestimento fanno parte: Il prologo, in cui è Beckett stesso che ci parla, raccontato attraverso alcune sue dichiarazioni da Glauco Mauri e Roberto Sturno. Atto senza parole e L’ultimo nastro di Krapp, due testi relativamente brevi al confronto di altri famosi capolavori, sono forse le opere che più chiaramente esprimono alcuni aspetti del mondo di Beckett.
Nello stupito, grottesco silenzio di Atto senza parole l’uomo beffato e ingannato dalla vita che sembra sempre soccorrerlo, ma poi sempre lo delude, trova la sua commovente dignità nel rifiuto e nella voluta solitudine. Ne L’ultimo nastro il vecchio Krapp ascolta una bobina che ha registrato tanti anni fa: la sera del suo 39º compleanno. Riaffiorano persone, visi ormai sbiaditi dal tempo, si riscoprono sentimenti, e, tra questi, ormai dimenticata, una storia d’amore. La bobina finisce e Krapp rimane disperatamente solo nel buio della sua “vecchia tana” piena di bobine che raccontano la storia della sua vita ma che finiranno sempre col rimanere vuote. Respiro. Un cumulo di macerie. Pochi secondi, è la vita. La vita che passa tra il primo vagito e l’ultimo respiro. Ma in quale mondo. In Improvviso dell’Ohio, il titolo lo si deve perché il testo fu scritto per l’Università Columbus dello stato dell’Ohio e lì rappresentato per la prima volta per festeggiare i settantacinque anni di Beckett, un uomo (il Lettore) legge un libro ad un altro uomo (l’Ascoltatore) per aiutarlo a sopportare il dolore di un’assenza dolorosa,
Beckett è certamente un innovatore nella storia del Teatro. Con le sue opere ha mostrato un nuovo modo di interpretare il rapporto tra la vita e l’uomo: una visione grottesca, che spesso sfocia in una disperata comicità, dell’uomo e la sua fatica del vivere.
I testi di Beckett sono presentati nelle storiche traduzioni di Carlo Fruttero e Franco Lucentini. Le musiche sono a cura di Germano Mazzocchetti, l’impianto scenico di Francesco De Summa, le luci di Gianni Grasso.
Da Krapp a Senza parole di Samuel Beckett
Napoli, Teatro Nuovo – dal 30 gennaio al 3 febbraio 2013
Inizio delle rappresentazioni ore 21.00 (feriali), ore 18.30 (domenica)
Info e prenotazioni al numero 0814976267 email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Da mercoledì 30 gennaio a domenica 3 febbraio 2013
Napoli, Teatro Nuovo
Compagnia Mauri-Sturno
presenta
Da Krapp a Senza parole
di Samuel Beckett
traduzioni Carlo Fruttero e Franco Lucentini
Il prologo
Respiro
Improvviso dell’Ohio
Atto senza parole
L’ultimo nastro di Krapp
con Glauco Mauri e Roberto Sturno
regia Glauco Mauri
musiche Germano Mazzocchetti
impianto scenico Francesco De Summa
luci Gianni Grasso
Durata della rappresentazione 110’, con intervallo
"Far capire al pubblico che non è Beckett difficile e complicato, ma difficile e complicata è la vita. La vita che Beckett pur nella sua angoscia, ha saputo raccontarci con una sotterranea ma struggente pietà. Questo vogliamo esprimere con il nostro spettacolo, questo è il nostro desiderio"
Glauco Mauri e Roberto Sturno, ritornano a distanza di oltre vent'anni, con un nuovo allestimento a esplorare la profondità del lavoro di Beckett.
E' del 1990 la messinscena, Premio della Critica 1991, di dieci atti unici, suddivisi in due parti, la prima: "Dal Silenzio al Silenzio" con gli atti unici L'ultimo nastro di Krapp, Improvviso dell'Ohio, Respiro, Frammento di Teatro, Atto senza parole; la seconda parte dal titolo "Senza voce, tra le voci rinchiuse con me" era composta da Pochade radiofonica, Passi, Catastrofe, Quella volta, Cosa dove.
A proposito di…
Il prologo
E’ Beckett stesso che ci parla – attraverso due dei suoi tanti personaggi – con i suoi più significativi pensieri tratti dalle sue opere teatrali e dai suoi romanzi.
Respiro
Il critico inglese Kenneth Tynan mentre stava mettendo in scena Oh! Calcutta – spettacolo “erotico” che rappresentò un grande avvenimento a favore della liberazione sessuale – chiese un contributo a Beckett per il suo spettacolo. Beckett accettò e gli fece pervenire (pare tramite una semplice cartolina) il brevissimo testo di Respiro (Breath). Tynan collocò Respiro all’inizio dello spettacolo. Senza chiedere il parere di Beckett, adattò il testo allo spirito di Oh! Calcutta e aggiunse ai “rifiuti eterogenei” sparsi sulla scena previsti da Beckett anche alcuni attori completamente nudi. Non condividendo la scelta di Tynan, Beckett vietò che Respiro fosse incluso nelle successive repliche.
La prima rappresentazione di Oh! Calcutta con Respiro ebbe luogo il 17 giugno 1969 in un teatro di off Broadway.
Respiro nella edizione voluta da Beckett andò in scena al Close Theatre Club di Glasgow nell’ottobre del 1969.
La prima messa in scena italiana di Respiro ebbe luogo al Teatro Flaiano di Roma nella Stagione 1972-73 all’interno dello spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Roma, Beckett 73 con Laura Betti e Glauco Mauri che comprendeva anche Non io, L’ultimo nastro di Krapp e Atto senza parole, con la regia Franco Enriquez.
Improvviso dell’Ohio
Il titolo del testo non ha nulla a che vedere con il suo contenuto.
Nel 1981 in occasione del settantacinquesimo compleanno di Samuel Beckett fu organizzato dall’Ohio State University un convegno in suo onore. L’autore fu invitato a scrivere un breve testo per l’occasione e… così nacque Improvviso dell’Ohio che andò in scena nel campus di Columbus allo Stadium 2 Theatre il 9 maggio 1981. Il testo ancora oggi, dà motivo alle più varie interpretazioni: chi è la donna della quale si parla? E’ Suzanne, la moglie?
“E’ Suzanne. L’ho immaginata morta tante volte. Ho anche immaginato che mi trascinavo fino alla sua tomba”. Questo ha detto Beckett parlando di Improvviso dell’Ohio in un’intervista-conversazione con James Knowlson autore di una delle più fedeli e complete biografie su Samuel Beckett.
Atto senza parole
Il 3 aprile 1957 al Royal Court Theatre, fu rappresentata a Londra la sua seconda opera teatrale Finale di partita e come conclusione della serata Beckett volle che fosse rappresentato anche Atto senza parole che aveva già scritto nel 1956.
Perché dopo un testo così intenso come Finale di partita Beckett sentì la necessità di rappresentare anche Atto senza parole? Perché? Me lo chiesi subito quando mi accinsi a interpretare quest’opera. Nello stupito, grottesco silenzio di Atto senza parole, l’uomo
beffato e ingannato dalla vita che sembra sempre soccorrerlo, ma poi sempre lo delude, trova la sua commovente dignità nel rifiuto e nella voluta solitudine.
In questo breve atto Beckett ci fa chiaramente comprendere la sua visione dello scontro tra l’uomo e la vita. E forse per questo che ha voluto aggiungere a chiusura della serata il suo Atto senza parole?
L’Ultimo Nastro di Krapp
Prima rappresentazione – Londra – Royal Court Theatre – 28 ottobre 1958.
Prima rappresentazione italiana con Glauco Mauri – Milano – Teatro di Via Manzoni – 12 ottobre 1961.
Nel 1961 stavo recitando a Milano Il rinoceronte di Jonesco con la Compagnia dei Quattro. Aspettai la notte (volevo contare su un silenzio assoluto) e con il caro Sussi, l’elettricista della Compagnia, sul palcoscenico del Teatro di Via Manzoni, cominciai a registrare L’ultimo nastro di Krapp. Gli strumenti erano poveri ma ci adattammo. Non una sala di incisione ma un palcoscenico vuoto con le sue misteriose sonorità.
Quel nastro, registrato quella sera, mi ha tenuto compagnia per tanti anni… e ancora oggi, dopo più di 50 anni è “quel nastro” che Krapp ascolta.
Ho interpretato tanti personaggi ricchi di poesia e di umanità ma il turbamento del vecchio Krapp che ascolta la voce di quel giovane Glauco è una delle emozioni più sincere che mi ha donato il teatro.
Un ricordo particolare
A Napoli nel 1963 durante la rappresentazione di Atto senza parole il pubblico, si era poco abituati al Teatro di Beckett, cominciò a rumoreggiare: alcuni ridevano, altri gridavano “Hai perso la voce? Smettila!" o peggio ancora “Cosa sei una scimmia?”. Il trambusto diventava sempre più intenso. Alcuni spettatori, invece, entusiasti, reagirono con grande determinazione: si arrivò quasi alle mani. Tra i miei difensori più calorosi c’era anche Gian Maria Volonté anche lui a Napoli per una registrazione televisiva. Io intanto continuavo per nulla intimorito, anzi, felice che il teatro fosse “una cosa viva”.
Alla fine urla di bravo e fischi (che certamente erano in maggioranza) chiusero una serata tra le più divertenti della mia carriera.
Prima messa in scena italiana con Glauco Mauri (Compagnia dei Quattro) al Teatro di Via Manzoni di Milano, nel 1962.
Beckett ... Glauco Mauri e Roberto Sturno
Primo interprete italiano de L'ultimo nastro di Krapp e di Atto senza parole è Glauco Mauri che, per la Compagnia dei Quattro diretta da Franco Enriquez, li presentò per la prima volta al Teatro di via Manzoni di Milano per i "Pomeriggio dei Quattro" nel 1961.
Giorgio Prosperi su "Il Tempo" del 26 novembre 1961, parlò di un Krapp che riascoltava la sua voce del passato "quasi a cercarvi il perché della sua esistenza [...]. L'autore sembra respingere ogni speranza, e tuttavia non si occupa d'altro. Glauco Mauri, nella parte di Krapp, ha empito il vuoto e la solitudine di pensieri, di angosce, di rancori. Il suo volto dialogando muto col nastro magnetico, ha raggiunto la forza espressiva dei primi piani cinematografici".
Un giudizio più articolato fu quello di Paolo Emilio Poesio, su "La Nazione" del 18 novembre 1961: "Il testo di Beckett è un esempio lucido della concezione moderna della tragedia: una tragedia nella quale gli dei sono la voce metallica di un registratore, il cono di luce che spiove da una lampada, l'ombra assillante che circonda e imprigiona Krapp, questo fratello ideale degli altri derelitti personaggi di Beckett. Krapp è un rottame, un essere squassato dall'esistenza, un uomo che ha scoperto la sua solitudine [...]. Glauco Mauri ha sostenuto il monologo-dialogo di Krapp con una ricchezza di mezzi interpretativi da sbalordire. C'era su di lui davvero accumulata la polvere di un'eternità spietata, c'erano su di lui la miseria, la follia, l'angoscia, tutti i tarli che possono corrodere e rimpicciolire e annientare l'essere umano. [...]. E' un'interpretazione che non si dimentica facilmente".
Per Arturo Lazzari, "L'Unità" del 28 ottobre 1962, Atto senza parole è: "una piccola, breve, agghiacciante pantomima sulla condizione umana secondo Beckett".
Nella recensione per Atto senza parole Sandro De Feo, su "L'Espresso" del 21 aprile 1963, scrive: "Moltissimi applausi a Glauco Mauri nell'azione mimica con un solo personaggio di Beckett, ed egli se li è certamente meritati per l'intensità che ha messo nell'inseguire e poi rifiutare i miraggi e le esche che gli venivano offerti dagli enti misteriosi e malvagi, nel deserto in cui egli è capitato. [...] Mauri ha reso come meglio non si sarebbe potuto l'angoscia di chi ormai non spera più in nulla e si lascia andare".
Per il secondo studio beckettiano di Glauco Mauri (oltre che interprete anche regista) del 1990 la critica espresse il suo plauso all'unanimità.
Gian Luca Favetto su "La Repubblica" del 25 aprile 1991: "La voce tonante di un irlandese che non parla. [...] A volte leggendo Samuel Beckett accade che lo sguardo si conceda con emozione alle linee bianche della pagina più che alle parole: il vuoto preferito al pieno. E' l'attrazione per il canto bianco del silenzio, quel silenzio del tempo e delle cose che la scrittura macchia nello sforzo di rimediare una spiegazione e un senso alla condizione umana.
Eppure, se c'è uno scrittore che ti apre gli occhi e, dopo un crudele sberleffo o un
fendente di luce, ti permette di continuare a tenerli aperti è proprio il grande irlandese, il quale attraverso le parole, mette in comunicazione con chi l'ascolta il silenzio.
Per avere di ciò una prova, ci si rechi al Teatro Adua: Glauco Mauri e Roberto Sturno distillano in meno di due ore cinque atti unici e alcune poesie di Beckett. Due ottimi attori al completo servizio di un esploratore sublime della scrittura".
Domenico Danzuso su "La Sicilia"del 14 agosto 1990 scrive: "Glauco Mauri è grandissimo nelle sottigliezze interpretative, registiche e attoriali, nel dare coerenza all'accostamento dei vari brani, percependone l'intima interdipendenza, nel sentire l'ansia del vivere e del sopravvivere con grande sofferenza ; Roberto Sturno è straordinario in Atto senza parole".
Rita Sala, su "Il Messaggero" del 5 aprile 1991, parla della linea "umana" che Mauri ha impresso al suo lavoro sullo scrittore irlandese: "un alito azzurrino e fumigante capace di mitigare il Nulla fino a trasformarlo nel Quasi niente. [...] La regia e gli interpreti scelgono di rappresentare l'odissea di "uno di casa" al quale ne capitano di tutti i colori e decidono, per amore del divertimento collettivo, di far vedere cosa gli sia successo"
E Ubaldo Soddu su "Il Messaggero" del 10 aprile 1991 aggiunge: "Beckett e la misteriosa parabola dell'esistenza. [...] Mauri e Roberto Sturno sono calibratissimi, ottimamente inseriti nel clima beckettiano".
Claudio Cumani su "Il Resto del Carlino" dell'8 maggio 1993: "Silenzio, si riflette. [...] Atto senza parole, la tragedia ridicola dell'uomo-clown impotente alla vita e costretto a muoversi al suono del fischietto. E in questo ruolo, che tanti anni fa fu di Mauri, Roberto Sturno offre una prova davvero precisa e tagliente. Senza cadere nel rischio dell'antologismo, dal Silenzio al Silenzio consegna allo spettatore un senso di teatralità densa e accurata che il Mauri regista disegna con rigore. Laddove il Mauri interprete si muove sul baratro del Nulla con un'assoluta adesione interiore alla fatica di sopravvivere".
Da Krapp a Senza parole di Samuel Beckett
Glauco Mauri e Roberto Sturno, ritornano, a distanza di oltre vent'anni, con un nuovo allestimento a esplorare la profondità del lavoro dell’autore irlandese
Al Teatro Nuovo di Napoli un grande attore per uno dei massimi drammaturghi del Novecento: Glauco Mauri porta in scena, da mercoledì 30 gennaio 2013 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 3 febbraio), Da Krapp a Senza parole, uno spettacolo che comprende il prologo e quattro atti unici di Samuel Beckett, lo scrittore irlandese cui fu assegnato il premio Nobel per la letteratura nel 1969. Con Mauri, che cura anche la regia, sarà in scena l’inseparabile Roberto Sturno.
Con questa messa in scena, presentata dalla Compagnia Mauri-Sturno, Mauri ripercorre, praticamente, tutta la sua lunga vicenda teatrale. Fu, infatti, il primo attore italiano a portare in scena, negli anni ’60, i capolavori del grande drammaturgo irlandese. Ed è toccante che in “L’ultimo nastro di Krapp”, nel quale un personaggio solitario dialoga con la propria voce registrata anni prima al magnetofono, l’attore si trovi a confrontarsi proprio con la registrazione di quella lontana messa in scena, quindi col se stesso del 1961, quando la pièce venne presentata con la regia di Franco Enriquez.
Di questo nuovo allestimento fanno parte: Il prologo, in cui è Beckett stesso che ci parla, raccontato attraverso alcune sue dichiarazioni da Glauco Mauri e Roberto Sturno. Atto senza parole e L’ultimo nastro di Krapp, due testi relativamente brevi al confronto di altri famosi capolavori, sono forse le opere che più chiaramente esprimono alcuni aspetti del mondo di Beckett.
Nello stupito, grottesco silenzio di Atto senza parole l’uomo beffato e ingannato dalla vita che sembra sempre soccorrerlo, ma poi sempre lo delude, trova la sua commovente dignità nel rifiuto e nella voluta solitudine. Ne L’ultimo nastro il vecchio Krapp ascolta una bobina che ha registrato tanti anni fa: la sera del suo 39º compleanno. Riaffiorano persone, visi ormai sbiaditi dal tempo, si riscoprono sentimenti, e, tra questi, ormai dimenticata, una storia d’amore. La bobina finisce e Krapp rimane disperatamente solo nel buio della sua “vecchia tana” piena di bobine che raccontano la storia della sua vita ma che finiranno sempre col rimanere vuote. Respiro. Un cumulo di macerie. Pochi secondi, è la vita. La vita che passa tra il primo vagito e l’ultimo respiro. Ma in quale mondo. In Improvviso dell’Ohio, il titolo lo si deve perché il testo fu scritto per l’Università Columbus dello stato dell’Ohio e lì rappresentato per la prima volta per festeggiare i settantacinque anni di Beckett, un uomo (il Lettore) legge un libro ad un altro uomo (l’Ascoltatore) per aiutarlo a sopportare il dolore di un’assenza dolorosa,
Beckett è certamente un innovatore nella storia del Teatro. Con le sue opere ha mostrato un nuovo modo di interpretare il rapporto tra la vita e l’uomo: una visione grottesca, che spesso sfocia in una disperata comicità, dell’uomo e la sua fatica del vivere.
I testi di Beckett sono presentati nelle storiche traduzioni di Carlo Fruttero e Franco Lucentini. Le musiche sono a cura di Germano Mazzocchetti, l’impianto scenico di Francesco De Summa, le luci di Gianni Grasso.
Da Krapp a Senza parole di Samuel Beckett
Napoli, Teatro Nuovo – dal 30 gennaio al 3 febbraio 2013
Inizio delle rappresentazioni ore 21.00 (feriali), ore 18.30 (domenica)
Info e prenotazioni al numero 0814976267 email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Da mercoledì 30 gennaio a domenica 3 febbraio 2013
Napoli, Teatro Nuovo
Compagnia Mauri-Sturno
presenta
Da Krapp a Senza parole
di Samuel Beckett
traduzioni Carlo Fruttero e Franco Lucentini
Il prologo
Respiro
Improvviso dell’Ohio
Atto senza parole
L’ultimo nastro di Krapp
con Glauco Mauri e Roberto Sturno
regia Glauco Mauri
musiche Germano Mazzocchetti
impianto scenico Francesco De Summa
luci Gianni Grasso
Durata della rappresentazione 110’, con intervallo
"Far capire al pubblico che non è Beckett difficile e complicato, ma difficile e complicata è la vita. La vita che Beckett pur nella sua angoscia, ha saputo raccontarci con una sotterranea ma struggente pietà. Questo vogliamo esprimere con il nostro spettacolo, questo è il nostro desiderio"
Glauco Mauri e Roberto Sturno, ritornano a distanza di oltre vent'anni, con un nuovo allestimento a esplorare la profondità del lavoro di Beckett.
E' del 1990 la messinscena, Premio della Critica 1991, di dieci atti unici, suddivisi in due parti, la prima: "Dal Silenzio al Silenzio" con gli atti unici L'ultimo nastro di Krapp, Improvviso dell'Ohio, Respiro, Frammento di Teatro, Atto senza parole; la seconda parte dal titolo "Senza voce, tra le voci rinchiuse con me" era composta da Pochade radiofonica, Passi, Catastrofe, Quella volta, Cosa dove.
A proposito di…
Il prologo
E’ Beckett stesso che ci parla – attraverso due dei suoi tanti personaggi – con i suoi più significativi pensieri tratti dalle sue opere teatrali e dai suoi romanzi.
Respiro
Il critico inglese Kenneth Tynan mentre stava mettendo in scena Oh! Calcutta – spettacolo “erotico” che rappresentò un grande avvenimento a favore della liberazione sessuale – chiese un contributo a Beckett per il suo spettacolo. Beckett accettò e gli fece pervenire (pare tramite una semplice cartolina) il brevissimo testo di Respiro (Breath). Tynan collocò Respiro all’inizio dello spettacolo. Senza chiedere il parere di Beckett, adattò il testo allo spirito di Oh! Calcutta e aggiunse ai “rifiuti eterogenei” sparsi sulla scena previsti da Beckett anche alcuni attori completamente nudi. Non condividendo la scelta di Tynan, Beckett vietò che Respiro fosse incluso nelle successive repliche.
La prima rappresentazione di Oh! Calcutta con Respiro ebbe luogo il 17 giugno 1969 in un teatro di off Broadway.
Respiro nella edizione voluta da Beckett andò in scena al Close Theatre Club di Glasgow nell’ottobre del 1969.
La prima messa in scena italiana di Respiro ebbe luogo al Teatro Flaiano di Roma nella Stagione 1972-73 all’interno dello spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Roma, Beckett 73 con Laura Betti e Glauco Mauri che comprendeva anche Non io, L’ultimo nastro di Krapp e Atto senza parole, con la regia Franco Enriquez.
Improvviso dell’Ohio
Il titolo del testo non ha nulla a che vedere con il suo contenuto.
Nel 1981 in occasione del settantacinquesimo compleanno di Samuel Beckett fu organizzato dall’Ohio State University un convegno in suo onore. L’autore fu invitato a scrivere un breve testo per l’occasione e… così nacque Improvviso dell’Ohio che andò in scena nel campus di Columbus allo Stadium 2 Theatre il 9 maggio 1981. Il testo ancora oggi, dà motivo alle più varie interpretazioni: chi è la donna della quale si parla? E’ Suzanne, la moglie?
“E’ Suzanne. L’ho immaginata morta tante volte. Ho anche immaginato che mi trascinavo fino alla sua tomba”. Questo ha detto Beckett parlando di Improvviso dell’Ohio in un’intervista-conversazione con James Knowlson autore di una delle più fedeli e complete biografie su Samuel Beckett.
Atto senza parole
Il 3 aprile 1957 al Royal Court Theatre, fu rappresentata a Londra la sua seconda opera teatrale Finale di partita e come conclusione della serata Beckett volle che fosse rappresentato anche Atto senza parole che aveva già scritto nel 1956.
Perché dopo un testo così intenso come Finale di partita Beckett sentì la necessità di rappresentare anche Atto senza parole? Perché? Me lo chiesi subito quando mi accinsi a interpretare quest’opera. Nello stupito, grottesco silenzio di Atto senza parole, l’uomo
beffato e ingannato dalla vita che sembra sempre soccorrerlo, ma poi sempre lo delude, trova la sua commovente dignità nel rifiuto e nella voluta solitudine.
In questo breve atto Beckett ci fa chiaramente comprendere la sua visione dello scontro tra l’uomo e la vita. E forse per questo che ha voluto aggiungere a chiusura della serata il suo Atto senza parole?
L’Ultimo Nastro di Krapp
Prima rappresentazione – Londra – Royal Court Theatre – 28 ottobre 1958.
Prima rappresentazione italiana con Glauco Mauri – Milano – Teatro di Via Manzoni – 12 ottobre 1961.
Nel 1961 stavo recitando a Milano Il rinoceronte di Jonesco con la Compagnia dei Quattro. Aspettai la notte (volevo contare su un silenzio assoluto) e con il caro Sussi, l’elettricista della Compagnia, sul palcoscenico del Teatro di Via Manzoni, cominciai a registrare L’ultimo nastro di Krapp. Gli strumenti erano poveri ma ci adattammo. Non una sala di incisione ma un palcoscenico vuoto con le sue misteriose sonorità.
Quel nastro, registrato quella sera, mi ha tenuto compagnia per tanti anni… e ancora oggi, dopo più di 50 anni è “quel nastro” che Krapp ascolta.
Ho interpretato tanti personaggi ricchi di poesia e di umanità ma il turbamento del vecchio Krapp che ascolta la voce di quel giovane Glauco è una delle emozioni più sincere che mi ha donato il teatro.
Un ricordo particolare
A Napoli nel 1963 durante la rappresentazione di Atto senza parole il pubblico, si era poco abituati al Teatro di Beckett, cominciò a rumoreggiare: alcuni ridevano, altri gridavano “Hai perso la voce? Smettila!" o peggio ancora “Cosa sei una scimmia?”. Il trambusto diventava sempre più intenso. Alcuni spettatori, invece, entusiasti, reagirono con grande determinazione: si arrivò quasi alle mani. Tra i miei difensori più calorosi c’era anche Gian Maria Volonté anche lui a Napoli per una registrazione televisiva. Io intanto continuavo per nulla intimorito, anzi, felice che il teatro fosse “una cosa viva”.
Alla fine urla di bravo e fischi (che certamente erano in maggioranza) chiusero una serata tra le più divertenti della mia carriera.
Prima messa in scena italiana con Glauco Mauri (Compagnia dei Quattro) al Teatro di Via Manzoni di Milano, nel 1962.
Beckett ... Glauco Mauri e Roberto Sturno
Primo interprete italiano de L'ultimo nastro di Krapp e di Atto senza parole è Glauco Mauri che, per la Compagnia dei Quattro diretta da Franco Enriquez, li presentò per la prima volta al Teatro di via Manzoni di Milano per i "Pomeriggio dei Quattro" nel 1961.
Giorgio Prosperi su "Il Tempo" del 26 novembre 1961, parlò di un Krapp che riascoltava la sua voce del passato "quasi a cercarvi il perché della sua esistenza [...]. L'autore sembra respingere ogni speranza, e tuttavia non si occupa d'altro. Glauco Mauri, nella parte di Krapp, ha empito il vuoto e la solitudine di pensieri, di angosce, di rancori. Il suo volto dialogando muto col nastro magnetico, ha raggiunto la forza espressiva dei primi piani cinematografici".
Un giudizio più articolato fu quello di Paolo Emilio Poesio, su "La Nazione" del 18 novembre 1961: "Il testo di Beckett è un esempio lucido della concezione moderna della tragedia: una tragedia nella quale gli dei sono la voce metallica di un registratore, il cono di luce che spiove da una lampada, l'ombra assillante che circonda e imprigiona Krapp, questo fratello ideale degli altri derelitti personaggi di Beckett. Krapp è un rottame, un essere squassato dall'esistenza, un uomo che ha scoperto la sua solitudine [...]. Glauco Mauri ha sostenuto il monologo-dialogo di Krapp con una ricchezza di mezzi interpretativi da sbalordire. C'era su di lui davvero accumulata la polvere di un'eternità spietata, c'erano su di lui la miseria, la follia, l'angoscia, tutti i tarli che possono corrodere e rimpicciolire e annientare l'essere umano. [...]. E' un'interpretazione che non si dimentica facilmente".
Per Arturo Lazzari, "L'Unità" del 28 ottobre 1962, Atto senza parole è: "una piccola, breve, agghiacciante pantomima sulla condizione umana secondo Beckett".
Nella recensione per Atto senza parole Sandro De Feo, su "L'Espresso" del 21 aprile 1963, scrive: "Moltissimi applausi a Glauco Mauri nell'azione mimica con un solo personaggio di Beckett, ed egli se li è certamente meritati per l'intensità che ha messo nell'inseguire e poi rifiutare i miraggi e le esche che gli venivano offerti dagli enti misteriosi e malvagi, nel deserto in cui egli è capitato. [...] Mauri ha reso come meglio non si sarebbe potuto l'angoscia di chi ormai non spera più in nulla e si lascia andare".
Per il secondo studio beckettiano di Glauco Mauri (oltre che interprete anche regista) del 1990 la critica espresse il suo plauso all'unanimità.
Gian Luca Favetto su "La Repubblica" del 25 aprile 1991: "La voce tonante di un irlandese che non parla. [...] A volte leggendo Samuel Beckett accade che lo sguardo si conceda con emozione alle linee bianche della pagina più che alle parole: il vuoto preferito al pieno. E' l'attrazione per il canto bianco del silenzio, quel silenzio del tempo e delle cose che la scrittura macchia nello sforzo di rimediare una spiegazione e un senso alla condizione umana.
Eppure, se c'è uno scrittore che ti apre gli occhi e, dopo un crudele sberleffo o un
fendente di luce, ti permette di continuare a tenerli aperti è proprio il grande irlandese, il quale attraverso le parole, mette in comunicazione con chi l'ascolta il silenzio.
Per avere di ciò una prova, ci si rechi al Teatro Adua: Glauco Mauri e Roberto Sturno distillano in meno di due ore cinque atti unici e alcune poesie di Beckett. Due ottimi attori al completo servizio di un esploratore sublime della scrittura".
Domenico Danzuso su "La Sicilia"del 14 agosto 1990 scrive: "Glauco Mauri è grandissimo nelle sottigliezze interpretative, registiche e attoriali, nel dare coerenza all'accostamento dei vari brani, percependone l'intima interdipendenza, nel sentire l'ansia del vivere e del sopravvivere con grande sofferenza ; Roberto Sturno è straordinario in Atto senza parole".
Rita Sala, su "Il Messaggero" del 5 aprile 1991, parla della linea "umana" che Mauri ha impresso al suo lavoro sullo scrittore irlandese: "un alito azzurrino e fumigante capace di mitigare il Nulla fino a trasformarlo nel Quasi niente. [...] La regia e gli interpreti scelgono di rappresentare l'odissea di "uno di casa" al quale ne capitano di tutti i colori e decidono, per amore del divertimento collettivo, di far vedere cosa gli sia successo"
E Ubaldo Soddu su "Il Messaggero" del 10 aprile 1991 aggiunge: "Beckett e la misteriosa parabola dell'esistenza. [...] Mauri e Roberto Sturno sono calibratissimi, ottimamente inseriti nel clima beckettiano".
Claudio Cumani su "Il Resto del Carlino" dell'8 maggio 1993: "Silenzio, si riflette. [...] Atto senza parole, la tragedia ridicola dell'uomo-clown impotente alla vita e costretto a muoversi al suono del fischietto. E in questo ruolo, che tanti anni fa fu di Mauri, Roberto Sturno offre una prova davvero precisa e tagliente. Senza cadere nel rischio dell'antologismo, dal Silenzio al Silenzio consegna allo spettatore un senso di teatralità densa e accurata che il Mauri regista disegna con rigore. Laddove il Mauri interprete si muove sul baratro del Nulla con un'assoluta adesione interiore alla fatica di sopravvivere".