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L’Ottocento ha visto personaggi che furono considerati importantissimi in vita, e le loro gesta, le loro opere, ammirate dai contemporanei. Ma una volta scomparsi dalla scena della storia, scomparsi gli amici, discepoli, discendenti, rimaste solo la memoria delle loro azioni e la testimonianza delle loro opere, eccoli sottoposti ai processi spietati, alle revisioni critiche e inesorabili di chi considera la loro opera frutto di costume o peggio, della moda. E’ stato anche il caso di Franz Liszt, all’inizio del novecento umiliato e ridotto al rango di quelli che hanno usurpato la loro fama. A lui fu attribuito addirittura il ruolo mediocre di seguace poco geniale di musicisti grandi e piccoli, che lui stesso, al contrario, aveva incoraggiato, aiutato, spronato. Intorno al 1950 si è avuta una ripresa di interesse da parte della critica, soprattutto francese e inglese, con un’analisi più accurata delle sue ultime opere. Ne è venuto fuori un quadro stupefacente: la modernità, la straordinaria ricchezza di molte sue opere, come la sonata in si minore.

Franz Liszt nacque a Raiding, in Ungheria il 22 ottobre del 1811. Sua padre, amministratore del principe Nicola Esterhazy, era un buon dilettante di musica, tanto da impartirgli le prime lezioni di pianoforte. Talento precoce, a soli 9 anni tiene il primo concerto pubblico. Il successo fu tale da indurre un gruppo di aristocratici ungheresi ad offrirgli una borsa di studio per proseguire gli studi a Vienna, dove fu allievo di Czerny per il pianoforte e di Salieri per la composizione. Nel 1822, a soli 11 anni, diede il primo concerto a Vienna, riscuotendo enorme successo. Nel 1823 si stabilì a Parigi, continuando gli studi musicali ed esibendosi frequentemente come pianista, ormai già all’apice di una leggendaria bravura. Qui, aiutato anche  dall’intelligenza e dal  bell’aspetto, gli si aprirono i migliori salotti del tempo, dove strinse preziose amicizie con i maggiori musicisti, tra cui Chopin e letterati del tempo. A partire dal 1832 diminuisce l’attività di concertista e si occupa più intensamente di composizione. Pubblica i primi STUDI, la prima serie degli Anni di pellegrinaggio, gli Studi da Paganini, tutte pagine per pianoforte che, per le ardite innovazioni tecniche, costituiscono una tappa fondamentale per l’evoluzione di questo strumento. E’ l’epoca della relazione con Marie d’Agoult, dalla quale avrà tre figli, tra cui Cosima, futura moglie di Wagner. A Weimar, come direttore della cappella e del teatro granducale, si dedica soprattutto alla direzione d’orchestra. Compone i poemi sinfonici Les Préludes, la Faust Synphonie, il Concerto in mi bemolle, Totentanz. Si trasferisce a Roma, dove riceve gli ordini minori. In questo periodo si dedica soprattutto alla musica religiosa, senza trascurare il pianoforte, per il quale compone la terza serie degli Anni di pellegrinaggio.  Muore a Bayreuth il 31 luglio 1886. La sua tecnica pianistica è una delle conquista fondamentali dell’Ottocento perché rivoluziona completamente la letteratura per questo strumento, aprendogli prospettive amplissime. Tra le sue opere pianistiche più note vanno ricordate le Rapsodie ungheresi, il Mephisto Valzer, oltre a innumerevoli parafrasi per pianoforte tratte da arie di opere di Bellini, Verdi, Donizetti e Rossini. 

La tastiera è un corpo  di donna... 

 Con Liszt, le alcove delle belle  aristocratichesi aprirono alla  musica: l`esile e biondo giovanottino ungherese esordi nel 1832, a ventun’anni, seducendo Adèle de la Prunarède nella fatata  cornice di un castello isolato dalla neve,  nelle Alpi.  Quel momento segnò uno sconvolgimento nelle consuetudini dell`aristocrazia europea e nella sociologia della musica dove, da sempre, i musicisti erano  servi e gli aristocratici erano padroni.  Da parte sua, Liszt non scese mai di livello sociale, fedele al suo credo che  génie oblíge, esattamente come noblesse  oblige. Per rendersi conto di che cosa sígnificò la “carriera di libertino” di Liszt,  occorre sapere che soltanto una ventina  d’anni prima, a Vienna, l’inopportuna  mescolanza tra una nobile e un “musicante” era stata accuratamente nascosta: Beethoven secondo alcuni studiosi aveva avuto una figlia,  Minona, da Josephine von Brunsvik:  la sorella di Josephine, Therese von  Brunsvik, si immolò e, ingannando i  biografi, sostenne la parte della castissima ed “immortale amata” per tutta la  sua lunga vita, durata per buona parte  del secolo. Minona è stata scoperta dai biografi abbastanza di recente.  Ma Parigi non era la castigatissima Vienna, e appunto dalla capitale francese cominciò la rivoluzione di Liszt. Non si trattava di semplici conquiste femminili, come se ne trovano nelle biografie  di tanti musicisti: Mozart si innamorava  delle cantanti; Beethoven non andava  tanto per il sottile; l’ingenuo Schubert,  su questa via, si procurò un'infezione  venerea. Liszt si richiamava alla dignità dell`arte (e dell’artista) e alla nobiltà  dello spirito in confronto alla nobiltà  del sangue; si serviva, per sedurre le sue  belle aristocratiche, non soltanto della  gioventù, della bellezza e della bravura come pianista, ma anche  della spiritualità. Passati gli anni, quando era ormai un vecchio vestito da prete, che si aggirava  instancabile per l`Europa musicale, era  ancora capace di far provare alle giovani ammiratrici il brivido di sentirsi come  tastiere percorse dalle sue magiche mani. Liszt non riusciva a frenare il proprio narcisismo, ed aveva una passione  senza limiti per le sceneggiate in cui  amava sentirsi a tu per tu con la Grande  Passione, con il Grande Artista, con il  Grande Personaggio, con la Grande  Occasione. E allora, dai trionfi clamorosi in tutta  Europa ai raccoglimenti monastici a  villa d`Este, la sua vita fu tutto un  susseguirsi di congratulazioni, di abbracci, dì pianti, di giubili, di confessioni, di enfasi: una sorta di teatro, dove  il gesto era tutto ma dove, Franz Liszt restava poi sempre solo, dopo essere stato sfruttato.  Lo snobismo e il narcisismo non riescono a rendere antipatico Liszt, perché fu anche e sempre un entusiasta e  un generoso. 

A cura dei maestri Nicola Rusano e Anna Russano.

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