“ Ecco vidi una moltitudine immensa che nessuno poteva contare di ogni nazione,tribù,popolo e lingua.                 Tutti stavano  in piedi davanti al trono e all’Agnello,avvolti in candide vesti, e tenevano in mano un ramo di palma.E gridavano a gran voce:”La salvezza  appartiene al nostro Dio,seduto sul trono e all’Agnello.”(Ap.7,9-11)    

Giovanni ci apre uno spiraglio di cielo per farci contemplare  una larga fascia di santi. Essi appartengono a quella parte di Chiesa,detta trionfante,i cui membri godono , dopo avere realizzato con io la loro chiamata alla fede e averla vissuta nella carità ,e partecipano alla  stessa eredità del Figlio di Dio.                                                      Molti di questi la Chiesa li venera anche con un culto nel tempo, ma i più numerosi sono, pur essendo santi,  i più  che godono solo della stima e della gloria di Dio. Ma tutti hanno cercato di sforzarsi di essere perfetti come il Padre di tutti noi. Hanno appagato il loro desiderio di Dio Padre, e nello stesso tempo ,e per l’eternità, la loro sete di felicità. Il loro sguardo è stato spinto sempre in alto,al di la delle situazioni terrene,si sono fatti guidare dalla fede,animare dalla speranza, hanno vissuto in profondità la carità.                                                                             Uomini e donne normali  come tanti, ma che hanno vissuto in modo straordinario le cose di ogni giorno. Hanno avuto come  stella di riferimento Dio:il primo , il solo, l’unico! …                                                                           Dio la luce che ha illuminato il loro cammino, il sole che ha riscaldato il loro andare, la forza con la quale hanno vinto gli assalti del male.    E ancora su Dio hanno misurato il proprio agire. Il loro programma di vita quello dettato da Gesù nel Discorso della Montagna.                                                                                                                                                                                       Essi sono stati “puri di cuore” e si sono specchiati solo in Dio. Sono stati “poveri in spirito ”,perché il loro cuore svuotato da tutto, Dio l’ha riempito d’infinito. E nei momenti di afflizione e di pianto hanno trovato rifugio presso il Cristo del Calvario. Sono stati “miti e misericordiosi”,apprendendo la lezione dal cuore aperto di Gesù. Sono stati gli” operatori di pace”,sapendo accettare anche le persecuzioni e le maledizioni degli uomini,con la serenità e la pace di chi ha Dio nel cuore.                                                                            Molti di loro hanno sperimentato anche  il momento di peccato,hanno lambito la polvere della terra ,sono caduti, però, tesi a Dio misericordioso,  hanno avuto sempre la forza di rialzarsi e di riprendere il cammino.          Non hanno cercato il plauso degli uomini, ma solo Dio è stato la loro gratificazione quaggiù,in attesa di quella eterna in Paradiso. In poche parole, essi hanno vissuto sul serio la loro presenza nel tempo, ritmando i loro passi su quelli di Cristo.                                                                                                                                            S.Agostino , il grande vescovo di Ippona, dinanzi alla voce che lo chiamava a rompere col passato e a compiere il passo decisivo,uscì nell’esclamazione:” Se questi e queste, perche non io?”

Commento di P. Pierluigi Mirra passionista

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». 

Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà». (Marco 10,17-30)

                                          

Tra i doni richiesti a Dio per poter vivere con frutto duraturo la propria esistenza e raggiungere il traguardo eterno, dove Dio attende il nostro ritorno a casa, quello da preferirsi, ci dice la I Lettura, è la sapienza.,che appare come la stessa personificazione di Dio. Allora  possiamo dire che l’unico, il  solo dono,che   a Dio posiamo chiedere e Dio stesso.                                                                                                                                

Dio prima di ogni cosa, al di sopra di ogni cosa!

Alla luce di tale richiesta,un dono che Dio certamente non ci negherà, poi misurare il nostro agire nel tempo,  un agire che deve essere che deve essere illuminato dalla Parola di Dio,la quale,a dire dell’autore della Lettera agli Ebre (4,12-13),” penetra fino al midollo…,e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore.”

Ed è questa  Parola che da luce e tono alle nostre azioni, le illumina della luce di Dio in un’ottica che sa di eternità, e le tonifica con la grazia che la presenza di Dio rende viva e palese.

La Parola di Dio ha anche il compito   di aiutarci a discernere ciò che è buono e gradito al Signore, e a darci la certezza che stiamo camminando con Dio e in Dio.

 Questo mancato discernimento appare nell’episodio del giovane ricco, amato da Gesù e interiormente chiamato a seguirlo. Ed è vero che il giovane cerca qualcosa che va al di la dell’osservanza della legge, sia pure perfetta,qualcosa che lo proietti  in un’eternità più sicura e gioiosa.

E Gesù con amore gli propone la libertà  di lasciare il poco per avere il tutto. Ma il giovane,pur entusiasta del messaggio di Gesù e attirato dalla sua figura, si accorge di avere il cuore occupato da ciò che possiede, e non sa discernere  ciò che è da ciò che ha.  Al giovane si pone il dilemma: lasciare quello che ha soltanto per una promessa futura? Non se  la sente,si rattrista,  e si da quasi ragione della scelta.  Sembra che anche Gesù si rattrista dinanzi  al mancato coraggio del giovane, e ancora una volta afferma che “ certi ricchi” non potranno entrare nel Regno dei cieli,perche troppo ingolfati nei beni terreni, nei quali batte anche il loro cuore. La ricchezza per molti è una benedizione perché frutto del loro lavoro e vissuta nella condivisione, per altri può diventare una vera trappola che  stringe il cuore e  gli toglie il respiro della liberta nel  vivere.

E dopo aver detto che presso Dio ogni salvezza possibile, rassicura Pietro e compagni, i quali hanno avuto il coraggio di lasciare tutto per seguire il Maestro, che essi presso Dio avranno la ricompensa,la stessa ricompensa del loro Maestro.

Per concludere possiamo dire  che quando  sull’essere prevale l’avere, la libertà è morta, e che dentro siamo diventati dei veri insipienti  che si sono fatti imbrogliare dalle cose effimere della terra.

E “c’è sempre da ricordare che alla porta di lassù ai arriva indossando una giacca senza tasche”(A:Dini)

Commento di P. Pierluigi  Mirra passionista

 

 

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». (Marco 9,30-37)

 

 

COMMENTO

Per camminare rettamente ci vuole davvero un forte equilibrio!

 Guardare in fondo al viale del proprio percorso, fissare  e focalizzare il traguardo del nostro cammino, e non perdersi,, guardando a destra o a sinistra. E poi farsi guidare dalla  sapienza di cui parla Giacomo nella II Lettura  di questa domenica,una sapienza che ha tutti gli attributi,i quali , se vissuti, rendono la vita serena non solo,ma fruttuosa nel tempo con frutti che durano.

 E poi è una sapienza che ci libera dalla gelosia, la quale ,spesso, è all’origine di ogni spirito di contesa, di ogni disordine, e porta sicuramente ad agire contro coscienza, cadendo nella cattiveria.

 Una forte gelosia  era nata  anche  nella comitiva dei discepoli di Gesù.

 Gesù,anche in questo nuovo viaggio verso Cafarnao, di cui ci parla Marco, aveva ancora una volta prospettato ai suoi discepoli, quasi in confidenza il destino che lo attendeva. Abbiamo visto già la reazione di Pietro e la controreazione di Gesù ad una mentalità prettamente umana, della quale erano inquinati anche i discepoli.  Essi avevano del Messia, perciò di Gesù la mentalità che egli fosse venuto a restaurare il Regno di Davide, a liberare Israele e tutta la Palestina dal giogo dei Romani .Perciò quando Gesù parlava del Regno,essi intendevano  un Regno umano, fondato sul potere, e pensano  ad accaparrarsi i primi posti al fianco del trono su cui sarebbe seduto il Messia.

 Ma a chi di loro toccherà il posto più vicino al nuovo re?

 Che contrasto, Gesù parla di Passione e di Morte, e gli apostoli dell’accaparramento più prossimo di un posto nel Regno!  E tra di loro nasce la discussione animata,chissà forse fondata su eventuali meriti acquisiti, o sull’ordine di chiamata al discepolato con  Gesù.  Ed ecco l’intervento di Gesù, che propone ancora loro una pedagogia non di facile accesso per la loro mentalità:”Se uno di voi vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti.” La fede degli apostoli non è ancora limpida e forte,ed è molto ancora lontana dal progetto del Padre su Gesù.

Come farà Gesù farà capire loro  il senso del servizio,e che il primo sia l’ultimo?

Prende a misura un bambino, che pone come metro dell’accoglienza di ogni fratello,cioè un’accoglienza senza calcolo,fatta nella semplicità e senza secondi scopi. E il Maestro vuole ancora dire  che  nella vita ogni suo discepolo deve porsi non nell’atteggiamento di avere  ma in quello di dare,come lui stesso affermerà:”Io sono in mezzo a voi come colui che serve:”(Lc.22,27)

 Essi devono comprendere che sono alla sequela di un Dio che si dona , e non di un dominatore,che attraverso il potere, vuole prendere dai sudditi.

Tutti allora abbiamo bisogno di recuperare in Sapienza per  entrare nella mentalità di Dio,  di viverla nel donarsi, e pensare che anche la sofferenza ,a volte , è un modo che Dio usa per farsi amare.

 E non avere paura della  Croce!

 “Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte!”(K. Gisbran).

 E  in attesa dell’alba, nel cammino della notte, la cosa più bella, e di cui Dio gode, è amare!

Commento  di  P.Pierluigi  Mirra passionista

 

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». 

Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». 
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro. (Marco 10,2-16)

                                              

 Il più be sogno di Dio è la famiglia umana!

Maschio e femmina li creò,e regalò ad essi il segreto della vita,perchè, in nome suo e da lui benedetti, rallegrassero il creato sempre di nuove creature, generando la vita.                                                                                  La I Lettura  ci presenta  il momento in cui Dio realizza  il suo sogno,con tratti che sanno di grande poesia e tenerezza, Creato l’uomo, Dio non lo vuole solo, ma cerca di dargli una compagnia. Tra gli essere viventi cerati l’uomo non trova nessuno a lui confacente,ed ecco Dio “inventare la donna” .

 Da una costola presa accanto al cuore dell’uomo,Dio plasma la donna, che l’uomo chiama Eva,la “primadonna del creato”,la compagna di vita del primo uomo. “Carne della mia carne, osso delle mie ossa”,dirà l’uomo, quasi ringraziando Dio del grande dono. E da Adamo ed Eva nascerà la vita,sentiranno la sofferenza,perché per un momento penseranno di potere fare a meno di Dio,ma la discendenza non si fermerà,perché Dio, anche se un pò deluso nel suo sogno,e pur punendo in un certo modo l’uomo e la donna, non si pentirà di aver creato la vita.

Saranno poi gli uomini,nei secoli, forse stanchi del progetto-famiglia  voluto da Dio ,a cominciare a porsi delle domande “difficili” e pericolose. Il Vangelo di oggi ci presenta uno di questi momenti in cui non si usa più il verbo “essere insieme”, ma gli  altri due “lasciare “ e “prendere”. E si pone l’accento non più sul progetto di Dio da salvare e da fare vivere, ma su se  “ è lecito o meno” rompere questo progetto,infrangendo il sogno originario di Dio.

Indissolubilità e unità del matrimonio cristiano:due fondamenti che oggi sembrano essere dimenticati, e con essi, oltre  a vacillare, sta  proprio crollando l’istituto famigliare.

 Dove è finito il sogno di Dio?  Dove più lo stupore dell’uomo che dinanzi  alla sorpresa che Dio gli fa,offrendogli la donna per compagna,dice:”Carne della mia carne, osso delle mie ossa?” Dove il progetto di Dio che l’uomo lasci  la sua casa e i suoi ,per camminare insieme solo con la sua donna, ritmando con essi i passi del cammino dell’amore? 

Tutto crolla perché è venuto meno l’amore ed i suoi corollari, quali la comprensione, la misericordia,il sapersi accettare , il rispetto, il perdono.

Ancora una volta Gesù,nel finale del brano di Marco,ci invita a misurare la nostra vita su quella dei bambini,nella cui mentalità non esiste la parola “calcolo”,”convenienza” “ comodità”,ma solo la semplicità con la quale un bimbo chiede  amore e tenerezza.

Ed è forse “per il sorriso dei bimbi che il mondo sta ancora in piedi!”

Commento di P. Pierluigi Mirra passionista

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». 

Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà». (Marco 8,27-35)

 

 

COMMENTO                            

Coloro che dopo la sfida di Cafarnao sono rimasti con Gesù, compreso Giuda, che era quello che forse doveva veramente andarsene, il Maestro,in un momento di relax a Cesarea di Filippo, nella convivialità del trattenersi insieme, pone una domanda che,più partire dalla sua curiosità, voleva essere un testo importante per vedere se i discepoli fossero certi della sua identità. Egli parte da lontano e poi stringe il cerchio degli interpellati. Facile agli Apostoli riferire circa l’opinione che la gente ha di Gesù,un’opinione che non indovina certo la sua identità, paragonandolo a personaggi importanti del passato.                                                          

A Gesù interessa ciò che di lui pensano quelli che sono rimasti alla sua sequela. “E voi,chi dite che io sia?”. Marco nel riferirci la scena è molto conciso, ma nella versione di Matteo( 16,13-19) sembra che alla domanda di Gesù i dodici  abbiano un attimo di esitazione, fino  alla confessione di Pietro che Gesù riconosce ispirata all’apostolo dall’Alto.  In Marco Pietro confessa:” tu sei il Cristo”,mentre in Matteo sembra essere più teologico, e lo definisce “Figlio di Dio”.                                                                                                      

Alla confessione di Pietro sulla identità di Gesù segue un grande rimprovero allo stesso. Gesù ,dopo avere accettato il riconoscimento di  Pietro circa la sua identità,prospetta come lui, il Figlio di Dio, era destinato  tra poco ad essere preso dagli uomini, torturato, messo in croce e poi risuscitare il terzo giorno.                                   

Ma Pietro il solito entusiasta, l’uomo dai moti primi-primi, si oppone a queste prospettive  che Gesù offre loro.      

Non c’è da meravigliarsi  della reazione di Pietro,perché la sua logica umana non accetta la Croce,nè meravigliarsi della reazione forte di Gesù,che identifica Pietro con Satana,perchè Egli sente forte il desiderio di rimanere nella volontà del Padre, e di essere in questa, fin o alla morte di Croce.                                                                                    

E poi  traccia il percorso di salvezza per ogni suo discepolo:” Se qualcuno vuole seguirmi,rinneghi se  stesso, prenda la sua croce e mi segua!”.                                                                                                                                        

Come  Gesù non arriva alla Pasqua senza passare per il Calvario,,così ogni suo discepolo non può arrivare a realizzare il suo percorso di salvezza senza  portare ogni giorno la sua croce, e passare per il Calvario.               

Una logica del tutto diversa da quella umana,che ama non essere scomodata,o ,al massimo, a caricarsi di piccoli croci, scelte nel grande vivaio della vita. Ma Gesù,una volta da noi  riconosciuta la sua identità,ci scomoda, e ci dice che non siamo chiamati a vivere nello stagno  dell’acqua cheta, e solo a gracidare, foss’anche tipi di preghiere,  ma a volare,carico del peso di quella croce che Dio ci pone sulle spalle,e vuole attraverso questo volo verso l’alto renderci simili al Figlio suo,sia nella sofferenza,come nella risurrezione.         

Una mistica francese scriveva:” Io credo che la sofferenza sia stata concessa da  Dio all’uomo in un grande atto di amore e di misericordia”(Elisabettya Leseur)

Commento di P. Pierluigi Mirra passionista

 

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