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Rispettate le attese fortemente volute dall'ANPAR.  Nella riforma forense recentemente approvata  dal Senato  in merito alla controversie stragiudiziali (mediazione civile e commerciale compresa)  si e' tenuto conto che le parti in lite   "possono"  richiedere prestazione  di consulenza ed assistenza  agli avvocati". Una vera manna dal cielo questa norma per i mediatori, perche'  nel caso in cui  la parte o le parti chiamate a mediare  non siano in grado di ottenere  autonomamente  i risultati desiderati potranno farsi assistere o chiedere consiglio ad un avvocato.  E' stata dunque lasciata libera la volonta' delle parti  di partecipare da solo alla mediazione e non di essere "obbligatoriamente costretta a servirsi di un legale", come paventato in  prima una prima stesura della norma. "Questo e' un risultato che ci fa onore  che abbiamo fortemente voluto -  dice Pecoraro presidente dell'associazione nazionale per la l'arbitrato  e la conciliazione, dal 1995, unica associazione regolamentata  ai sensi della Direttiva europea del  7 settembre 2005 e  e dell'art. 26 della legge n. 206/2007 a rappresentare i mediatori civili e commerciali alla relativa piattaforma  di Bruxelles.  Con questa norma, gli avvocati  non hanno piu' alibi da  contrapporre alla mediazione se  hanno a cuore veramente gli interessi dei propri  clienti.  Questa norma tra l'altro,  si adatta benissimo anche a quanto previsto dall'art. 55/bis del codice deontologico forense. Infatti, entro un anno  dall'entrata in vigore della legge,  un nuovo  decreto legislativo  disciplinera' le societa' tra Avvocati, i quali dovranno limitarsi a un unico campo o materia di studio:

o essere societa' di mediatori o di avvocati.  Il decreto legislativo, sara' emanato sulla base della delega conferita al Governo per disciplinare l'esercizio della professione forense in forma societaria; tra i suoi principi e criteri direttivi, la previsione che l'esercizio della professione forense in tale forma sia consentito esclusivamente a societa' di persone, a societa' di capitali o societa' cooperative i cui soci siano Avvocati iscritti all'Ordine. Tra gli altri criteri direttivi della delega, l'impossibilita' di far parte di piu' di una societa', l'inammissibilita' di estranei negli organi di gestione, la responsabilita' disciplinare, la qualificazione dei redditi prodotti dalla societa' come redditi di lavoro autonomo, l'esclusione  della societa' come attivita' di impresa e dunque l'esclusione dall'assoggettamento e dalla procedura fallimentare.  (Anpar)

 

 

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