GRAZZANISE (Raffaele Raimondo) – Per il 27 gennaio, Giornata della Memoria, l’Artemisia, associazione gemmata dalla “storica” scuola di musica Contemporanea, ha voluto promuovere, in parallelo con le celebrazioni svoltesi dappertutto, una sua iniziativa interna di rievocazione della Shoah. E lo ha fatto nel solco della sua peculiare mission proiettata sulla diffusione di una cultura musicale al servizio della crescita personale ed artistica. Rispetto alla tradizione della Contemporanea, esclusivamente attenta all’appena detta finalità, Artemisia infatti ha ampliato lo spettro, cimentandosi con successo, ormai da più di qualche anno, in gratificanti percorsi di “scuola estiva”, mercatini natalizi ed altri eventi comunque interconnessi con l’originaria vocazione. Pertanto, nella fredda serata di venerdì, la persidente Simmaca Miele ha riunito un “gruppo di studio” che ha sviluppato un ardito focus intorno al tema “Il popolo ebreo: misterodella storia. La Shoah”. Ne è derivato un confronto stimolante e meritevole di ulteriori approfondimenti nel tempo, ma anche foriero di concrete attività pubblicamente rilevanti: per comprendere meglio le ragioni che dettero luogo all’incredibile sterminio nazista, per conservarne la memoria onde contribuire a quel megatraguardo chesi esprime con lo slogan “affinché non accada mai più”, per trasferire il senso della “memoria” alle giovani generazioni cui giunge soltanto l’eco lontana di quello “scandalo” dell’umanità, per rafforzare inoltre la sensibilità e l’operatività orientate allo sviluppo dello spirito democratico e alla diefsa della libertà e della pace. Un mirato intermezzo musicale, affidato al pianista Antonio Abbate e alla cantante Chiaravita Mannillo, è servito a stemperare il pathos generato dall’incontro, ma pure a ritrovare più serenamente le vere ragioni dell’appuntamento. Naturalmente, nel corso del dibattito sono emersi “problemi aperti” sui quali, già a breve e medio periodo, potranno attivarsi percorsi giudicati estremamente fertili. Ad esempio, nell’ambito del costante impegno di Artemisia per il territorio, s’è discusso dell’opportunità di articolare forme interassociative tendentia razionalizzare e intensificare collaborazioni. Si è anche prospettato il vantaggio che un’estensione delle ricerche di storia locale comporterebbe nella direzione del superamento dei vecchi stereotipi ancora diffusi nell’immaginario collettivo del paese e, tutto sommato, nella prospettiva di portare nuova linfa alle sorgenti di una stagione finalmente caratterizzata da un ritrovato senso dell’appartenenza, nell’alveo del miglioramento complessivo della qualità della vita nella realtà cittadina e comprensoriale.

GRAZZANISE (Raffaele Raimondo) – Il 1° febbraio di quest’anno 2017 sarà scritto nelle pagine di storia grazzanisana come il giorno della fine terrena dell’ultimo maniscalco, Emilio Nardelli. Singolare uomo-simbolo degli antichi mestieri locali, mast’Emilio ‘u ferracavall’ è venuto a mancare alla veneranda età di 93 anni, lasciando nel dolore la moglie Martella, la sorella Girolama, i molti familiari, tanti concittadini e pure alcuni superstiti suoi amici ed estimatori di altri paesi dove egli, in oltre 70 anni di attività, ha lavorato, con la serietà e l’impegno che lo hanno sempre distinto. Era espertissimo, mast’Emilio, nell’impiantare i ferri a U ...portafortuna e sapeva tant’altro della vita del nobile cavallo e di altri animali ai quali assestava i metallici zoccoli. Notissimo nei Mazzoni per la sua precisione, per il carattere schivo, talora severo, e per la bontà d’animo. Figlio d’arte, suo padre Antonio gli aveva insegnato tutti i segreti ed egli nel tempo seppe perfezionare le tecniche con vero talento. Mentre i due fratelli si dedicarono ad altre fatiche – Michele operaio e Peppe insegnante –  mast’Emilio volle raccogliere con fierezza l’eredità paterna spendendovi le migliori energie. Non lo si vedeva a feste o a raduni politici, ma non fu misantropo, anzi credeva profondamente nel rispetto umano e nella vicendevole solidarietà. Quando trovava tempo libero, le sue uscite ‘ncopp’ ‘o pont’ ‘e Razzanise gli bastavano per incontrare gli amici, fra i quali sopra tutti Giuann’ ‘u mulinar e Gennarino Bisesto: il primo lo ha preceduto, anni fa, nel volo all’Aldilà, dopo aver chiuso il mulino che aveva a Via Cesare Battisti; Gennarino, appassionato carabiniere in pensione, per sua fortuna rimane l’unico in buona salute del vecchio capannello che si formava nei pressi del bar Sport di Ludovico D’Abrosca, già ‘e zi’ ‘Ntunino. Alle ore 15 di giovedì 2 febbraio i funerali: il mesto corteo, partito dalla casa avìta di Via Nazario Sauro, s’è mosso in direzione della chiesa dell’Annunziata, dove padre Francesco Monticelli ha officiato il rito funebre, prima chiedendo però ai partecipanti di non discorrere “del più e del meno” già durante il cammino e specialmente nei sacri momenti della celebrazione eucaristica, ma di pregare e pregare, seppur solo ripetendo, a nome del defunto, l’invocazione “Signore, solleva l’anima mia!”. Essi, tuttavia, avevano già avvertito un tenero sussulto, osservando per l’ultima volta l’incudine che troneggiava nel cortile: mast’Emilio l’aveva lasciata là, in bella mostra, quando smise di lavorare: a lui serviva guardarla, quasi contemplarla, per ricordare ogni giorno il sudore versato, le migliaia e migliaia di zoccoli infuocati battuti, le occupazioni e preoccupazioni che avevano riempito la sua esistenza. Oltre al manifesto di famiglia, è stato affisso il manifesto del direttore e del personale dell’ufficio postale, in segno di condivisione del lutto che ha colpito la nipote Concetta, figlia di suo fratello Michele. Chi sa vivere sa anche morire e, in quest’alveo, una curiosità: mast’Emilio è morto con un solo anno di anticipo rispetto alla scadenza della sua carta d’identità timbrata al 22 gennaio 2018, ma soltanto perché Dio gli ha donato un anno in più di meritata felice eternità. La scomparsa dell’ultimo maniscalco ha segnato un nuovo spartiacque nel lavoro a Grazzanise, lo stesso che si avvistò allorché si spensero Luciano ‘u spazzin, l’ultimo banditore, Carzo’, femmena ‘e campo, zi’ Aitano ‘o sciér’, l’ultimo sterratore, zi’ Pepp ‘a vamman’, decano dei falegnami, Pepp’ berolin, il calzolaio-poeta-maestro di satira stupenda, ed altri instancabili lavoratori d’un’ epoca che non è più. Alle giovani generazioni comunque resta l’eredità ideale che quegli uomini e quelle donne degnamente interpretarono,  nei tempi dell’educativa miseria e della privazione, con generoso spirito e ...poche parole.

 

 

GRAZZANISE (Raffaele Raimondo) – «Il sottoscritto Vincenzo Petrella, nato il 3 settembre 1948, in qualità di coerede del Prof. Benedetto Petrella, nato il 4 agosto 1933 e deceduto il 17 aprile 2014, a nome di tutti gli altri Eredi, col presente Atto dona al Comune di Grazzanise, a titolo del tutto gratuito, n. 425 libri della Biblioteca del suddetto Prof. Benedetto Petrella di cui all’allegato Catalogo che fa parte integrante dell’Atto medesimo.

Si chiede, nel contempo, che la dotazione in parola sia messa a disposizione dei cittadini e di chiunque abbia interesse alla consultazione. Si ringraziano, per il contributo alla stesura del Catalogo, il Sig. Giovanni Petrella e la Dott.ssa Maddalena Petrella»: sono le testuali parole del documento di donazione della biblioteca personale del latinista-poeta Benedetto –

deceduto il Giovedì Santo del 2014 – firmate il 19 gennaio ultimo scorso dal fratello Enzo, insigne cardiologo, e dall’assessore comunale alla Cultura, Angela Simone, alla presenza attiva dell’omologa alle Politiche sociali, Gabriella Parente.

E’ venuta a chiudersi così, positivamente, un’operazione di trasferimento di un bene privato a “bene comune”: e ciò grazie alla generosità della famiglia Petrella, al profuso impegno di catalogazione concretizzato dall’educatrice Maddalena e alla sensibilità dimostrata dalle due

avvenenti componenti della Giunta-Gravante. In realtà, una dotazione di 425 volumi non è proprio una gigantesca riserva culturale, ma l’averla acquisita, a cura del nostro Municipio, costituisce evento altamente simbolico perlomeno alla luce di tre ordini di ragioni.

La prima è riconducibile allo sparpagliamento delle biblioteche del brillante parroco don Carlo Raimondo (morto nel 1958), del geniale don Ciccio Montesano (geniale prete antifascista scomparso nel 1980), del buon don Angelo Florio (l’unico ad averci lasciato un libro organico di storia locale da lui pubblicato nel 1954), di mons. Modesto Petrella (illustre canonico-musicista-oratore grazzanisano perìto, nel 1974, in un grave incidente stradale): dei sudati libri di questi autori, tutti ecclesiastici – a conferma che nel lontano passato gran parte degli studi (storici soprattutto) si muoveva con larga prevalenza in contesti religiosi –, quasi niente è andato nella disponibilità pubblica. Glissiamo, per il momento, sulle cause del triste fenomeno.

La seconda ragione induce a ribadire il valore emblematico della donazione in parola, specialmente se, con enorme rammarico, ricordiamo al lettore che moltissimi volumi della vecchia struttura che, negli anni Sessanta, vide don Florio “bibliotecario comunale” sono via via finiti in case private, determinandosi in tal modo il paio coi libri, parimenti spariti, del Centro di Lettura (una volta ubicato in Via San Giovanni).

La terza ed ultima ragione attiene all’abbandono in cui da anni versa l’attuale biblioteca municipale. Sorta per volontà dell’amministrazione guidata dal sindaco Enrico Parente (al suo primo mandato: 2000-2005) e per certosino carico operativo del prof. Franco Tessitore, cui poi subentrò l’insegnante Marta Raimondo, la biblioteca è stata chiusa nel più recente e travagliato periodo della gestione svoltista (2005-2012) e lo è tuttora, senza che si levi alcun grido di sdegno, eccezion fatta per la petizione promossa in questo mese dagli attivisti di Senso Civico capitanàti dal dott. Enrico Petrella.

In definitiva, ferma restando l’opportunità di far altra luce sui “perché” e sui “come” di tanto scempio culturale,  s’individua l’urgente necessità di riaprire, in tempi brevi, la struttura. E questo è dovere che va anzitutto in capo al sindaco in carica, dott. Vito Gravante, e a tutta la maggioranza consiliare di stampo unionista. In quali termini e con quali fondi provvedére poi al potenziamento organizzativo e digitale del “Centro” (coesistente, in Piazza Roma, nello stesso palazzo che ospita il Circolo polivalente per anziani e pensionati) sarà problema da affrontare poi con la dovuta solerzia.

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