CONDOMINIO Merito e Cassazione
Carattere
"Ciò stante, la questione della conversione si pone in termini inversi rispetto a quelli in cui è stata finora affrontata: si tratta di stabilire se la domanda di annullamento di una deliberazione condominiale, proposta impropriamente con ricorso anzichè con citazione, possa essere ritenuta valida e se a questo fine sia sufficiente che entro i trenta giorni stabiliti dall’art. 1137 c.c., l’atto venga presentato al giudice, e non anche notificato. A entrambi i quesiti va data risposta affermativa, in quanto l’adozione della forma del ricorso non esclude l’idoneità al raggiungimento dello scopo di costituire il rapporto processuale, che sorge già mediante il tempestivo deposito in cancelleria, mentre estendere alla notificazione la necessità del rispetto del termine non risponde ad alcuno specifico e concreto interesse del convenuto, mentre grava l’attore di un incombente il cui inadempimento può non dipendere da una sua inerzia, ma dai tempi impiegati dall’ufficio giudiziario per la pronuncia del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione".

La sentenza integrale.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. -
Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente Sezione -
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere -
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere -
Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere -
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere -
Dott. DI CEREO Vincenzo – Consigliere -
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 872/2005 proposto da:

Z.A., L.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 63, presso lo studio dell’avvocato GARATTI Luciano, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAFFETTTNI FLAMINIO, per delega a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI Lorenzo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato RONZONI ALBERTO, per delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 859/2003 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 25/10/2003;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 01/03/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;
udito l’Avvocato Guido ROMANELLI per delega dell’avvocato Alberto Ronzoni;
udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

Con sentenza n. 1658/2000 il Tribunale di Bergamo dichiarò inammissibile, per tardività, la domanda proposta da L. A. e Z.A. nei confronti del condominio (OMISSIS): domanda intesa ad ottenere la dichiarazione di nullità o l’annullamento della Delib. assembleare 12 febbraio 1998, adottata in merito alla ripartizione delle spese di rifacimento della copertura di autorimesse interrate.

Con sentenza n. 1450/2000 lo stesso Tribunale respinse l’opposizione, ugualmente proposta da L.A. e Z.A., avverso il Decreto Ingiuntivo n. 1216 del 1998, avente per oggetto il pagamento al condominio “(OMISSIS)” della quota di loro pertinenza delle spese suddette.

Impugnate dai soccombenti, le due decisioni, previa riunione delle cause, sono state confermate dalla Corte d’appello di Brescia, che con sentenza n. 859/2003 ha rigettato i gravami, rilevando che il primo dei suddetti giudizi era stato promosso con citazione, mentre avrebbe dovuto esserlo con ricorso, nè la conseguente invalidità dell’atto era rimasta sanata, poichè esso era stato bensì notificato, ma non anche depositato in cancelleria, entro il termine di trenta giorni stabilito dall’art. 1137 c.c..

Contro tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione L. A. e Z.A., in base a due motivi. Il condominio “(OMISSIS)” si è costituito con controricorso e ha presentato due memorie.

Diritto

Con i due motivi addotti a sostegno del ricorso L.A. e Z.A. rivolgono alla sentenza impugnata essenzialmente una stessa censura, articolata rispettivamente sotto i profili dei vizi della motivazione e della violazione di norme di diritto:

lamentano che ingiustificatamente ed erroneamente la Corte d’appello ha escluso che la notificazione della citazione per il giudizio di primo grado, avvenuta entro il termine stabilito dall’art. 1137 c.c., fosse idonea ad evitare la decadenza comminata da tale norma.

Il resistente ha contestato la rilevanza di queste deduzioni, osservando che la deliberazione oggetto della causa è priva di una propria autonoma valenza, in quanto meramente confermativa di un’altra precedente, la quale non era stata a suo tempo impugnata ed era pertanto divenuta intingibile.

L’eccezione va disattesa, poichè l’assunto del controricorrente era già stato prospettato nel giudizio di secondo grado, ma la Corte d’appello espressamente ha affermato di poterne prescindere, lasciando quindi impregiudicata la questione; nè essa può avere ingresso in questa sede, in quanto implica la necessità di accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito non consentiti nel giudizio di legittimità.

La tesi sostenuta da L.A. e Z.A. attiene a un tema che ha dato luogo, nella giurisprudenza di legittimità, a divergenze e contrasti, per la cui composizione il ricorso è stato assegnato alle sezioni unite.

La prima decisione in materia, per quanto consta, è costituita da Cass. 5 maggio 1975 n. 1716, con la quale si è ritenuto che il giudizio deve essere introdotto con ricorso, poichè l’art. 1137 c.c., impiega appunto tale termine, nel disporre che “contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino dissenziente può fare ricorso all’autorità giudiziaria ma il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità stessa” e che “il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data della comunicazione per gli assenti”.

Questo principio è stato poi ribadito nelle pronunce successive, che hanno ravvisato la ratio della norma, così intesa, nell’”esigenza della sollecita soluzione delle questioni che possono intralciare o paralizzare la gestione del condominio” (Cass. 9 luglio 1997 n. 6205).

Si è tuttavia ammesso, in applicazione del principio di conservazione, che l’impugnazione delle deliberazioni condominiali possa avvenire efficacemente, pur se irritualmente, anche con citazione, a condizione però che nel termine di trenta giorni l’atto non sia soltanto notificato, ma anche depositato in cancelleria, poichè unicamente in tal caso può essere equiparato a un ricorso (Cass. 27 febbraio 1988 n. 2081). Questa affermazione è coerente con la costante giurisprudenza di questa Corte, relativa ai limiti della sanabilità della instaurazione con citazione dei giudizi per i quali è stabilita la forma del ricorso, come nelle materie del lavoro dipendente, della separazione personale tra coniugi, della cessazione degli effetti civili e dello scioglimento del matrimonio, delle locazioni (v., da ultimo, Cass. 27 maggio 2010 n. 12990).

A proposito delle impugnazioni delle deliberazioni condominiali, invece, è stato seguito anche un diverso orientamento, secondo cui è sufficiente la tempestiva notificazione della citazione, non occorrendo anche il suo deposito in cancelleria, che avviene successivamente, al momento della iscrizione a ruolo della causa:

Cass. 16 febbraio 1988 n. 1662, 30 luglio 2004 n. 14560, 11 aprile 2006 n. 8440, 27 luglio 2006 n. 17101, 28 maggio 2008 n. 14007.

Questa conclusione è stata giustificata, essenzialmente, in base alla considerazione che la notificazione esaurisce gli adempimenti di immediato interesse per la parte convenuta, mentre darebbe luogo a una incongrua contaminazione normativa imporre per la citazione gli adempimenti che sono richiesti per il ricorso.

Ritiene il collegio che l’art. 1137 c.c., non disciplina la forma che deve assumere l’atto introduttivo dei giudizi di cui si tratta.

Depone in questo senso, in primo luogo, la sedes materiae della disposizione, la quale è inserita in un contesto normativo – il codice civile – destinato alla configurazione dei diritti e all’apprestamento delle relative azioni sotto il profilo sostanziale dell’an e non anche sotto quello procedurale del quomodo: contesto normativo nel quale il termine “ricorso” è spesso utilizzato per indicare l’atto con cui si reagisce, eventualmente anche in sede stragiudiziale, alla lesione di un diritto. Proprio nell’ambito della disciplina del condominio, infatti, l’art. 1133 c.c., prevede la possibilità del “ricorso all’assemblea” contro i provvedimenti dell’amministratore, mentre la parola “citazione”, nell’art. 1131 c.c., indica tutti gli atti con cui il condominio è “convenuto in giudizio”, atti che ben possono avere la forma del ricorso, quando si verte in materie per le quali cosè è disposto. Non è quindi significativo l’argomento lessicale, che viene ricavato dal testo dell’art. 1137 c.c., nel quale il termine “ricorso” è impiegato nel senso generico di istanza giudiziale, che si ha facoltà di proporre per ottenere l’annullamento delle deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio.

Infatti la prescrizione del ricorso, come veste dell’atto introduttivo dei giudizi in determinate materie, è sempre accompagnata dalla fissazione di varie altre regole, intese in genere a delineare procedimenti caratterizzati da particolare snellezza e rapidità: regole che mancano del tutto con riguardo alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali, per le quali non si dubita che siano soggette alle norme comuni di procedura. Ciò non solo corrobora la tesi del significato generico del termine “ricorso”, come compare nell’art. 1137 c.c., ma fa cadere anche l’argomento relativo alle esigenze di celerità che la norma avrebbe inteso soddisfare: a questo fine risulta ininfluente che la causa sia promossa nell’una forma o nell’altra, se poi deve seguire il suo iter con il rito ordinario; nè rileva la diversità – sulla quale pure è stato posto l’accento – del sistema di fissazione della prima udienza, da parte del giudice invece che dell’attore, poichè eventuali manovre dilatorie di quest’ultimo possono essere efficacemente contrastate con il rimedio dell’an-ticipazione di cui all’art. 163 bis c.p.c., ma sono comunque già frustrate dalla prevista immediata esecutività delle deliberazioni condominiali, anche se impugnate.

Poichè dunque la norma in considerazione si limita a consentire ai dissenzienti e agli assenti di agire in giudizio, per contestare la conformità alla legge o al regolamento di condominio delle decisioni adottate dall’assemblea, ma nulla dispone in ordine alle relative modalità, queste vanno individuate alla stregua della generale previsione dell’art. 163 c.p.c., secondo cui “la domanda si propone mediante citazione”. Si evita così anche la discrasia, cui la contraria opinione da luogo, tra le azioni di annullamento e quelle di nullità delle deliberazioni condominiali, in quanto unanimemente soltanto alle prime si ritiene applicabile l’art. 1137 c.c. (v., tra le altre, Cass. 19 marzo 2010 n. 6714), sicchè nei due casi le domande dovrebbero essere proposte in forme diverse, anche quando si impugna una stessa deliberazione e si deduce che è affetta da vizi che ne comportano sia la nullità sia l’annullamento. Si evita altresì la divergenza, sopra evidenziata, tra le soluzioni adottate a proposito delle condizioni richieste per la sanabilità dell’atto, quando si verte nella materia del condominio o nelle altre per le quali è prescritto il ricorso.

Ciò stante, la questione della conversione si pone in termini inversi rispetto a quelli in cui è stata finora affrontata: si tratta di stabilire se la domanda di annullamento di una deliberazione condominiale, proposta impropriamente con ricorso anzichè con citazione, possa essere ritenuta valida e se a questo fine sia sufficiente che entro i trenta giorni stabiliti dall’art. 1137 c.c., l’atto venga presentato al giudice, e non anche notificato. A entrambi i quesiti va data risposta affermativa, in quanto l’adozione della forma del ricorso non esclude l’idoneità al raggiungimento dello scopo di costituire il rapporto processuale, che sorge già mediante il tempestivo deposito in cancelleria, mentre estendere alla notificazione la necessità del rispetto del termine non risponde ad alcuno specifico e concreto interesse del convenuto, mentre grava l’attore di un incombente il cui inadempimento può non dipendere da una sua inerzia, ma dai tempi impiegati dall’ufficio giudiziario per la pronuncia del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione.

In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altro giudice (che si designa in una diversa sezione della Corte d’appello di Brescia, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità) che si uniformerà al seguente principio di diritto: “L’art. 1137 c.c., non disciplina la forma delle impugnazioni delle deliberazioni condominiali, che vanno pertanto proposte con citazione, in applicazione della regola dettata dall’art. 163 c.p.c.”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2011.