Il Vangelo della Domenica
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    DOMENICA  IV  DEL  T.  O. (31 gennaio) Commento al Vangelo di Padre Pierluigi Mirra

                                                                                  Luca  4,21-30

 In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

 

                                                     Commento di P. Pierluigi Mirra passionista

 E ‘ proprio vero che ognuno di noi  ha dentro tante forze per poter curare  tutte le malattie del mondo,in particolare  quelle dell’anima. Da dove  viene questa forza che abbiamo dentro?   L’otteniamo dalla fonte  della nostra origine che è Dio. Oggi, nella prima Lettura, ce lo conferma il Profeta :”Prima di formarti nel seno materno,io ti ho conosciuto,prima che uscissi alla luce,ti ho consacrato…” Confortante sentire questa verità,ma urge anche viverla dentro di noi,nutrendola come si nutre un sentimento che vorremmo che mai finisse. Sognati, conosciuti, amati da Dio per?... Per raccontare la salvezza operata da Dio ogni momento,appoggiandoci a lui come a roccia,dimora, rupe, fortezza, come canta il almo 70/71.        La nostra vocazione è raccontare l’amore e la misericordia di Dio! L’Apostolo Paolo,dopo averci aperto gli occhi sui carismi che vivono nella chiesa e che appartengono a tutti, e ancora come tutti noi battezzati siamo membra di un solo corpo,pur nella diversità dei singoli,oggi, nel brano tolto dalla I Corinzi,ci presenta quale deve essere l’anima del nostro raccontare Dio. Egli fa l’elogio della carità,virtù unica, necessaria,eterna. Non basta avere fede, né solo guardare con la speranza oltre le situazioni e proiettarci nel futuro,è importante essere carità,vivere nella carità. La carità è quel segreto che ha dato la forza ai martiri,ed è la forza che oggi regge la fede di tanti nostri fratelli perseguitati in vaie parti del mondo,fratelli emarginati, ricercati, uccisi solo perché cristiani.     Essi animati da questo fuoco interiore che li rende forti ,sono pronti a tutto,con dentro anche la fiducia in Dio che è accanto a loro(…”non spaventarti di fronte a loro..”),e  affrontano la morte. La carità!.. Non è un sentimento o l’emozione di un momento,ma la forza che ci rende adulti nella fede,e testimoni di un amore grande che va oltre le barriere del tempo. E’ pur verro ,e la storia lo  narra,che la nostra fede vissuta rende noi cristiani gente un po’ scomoda a certe mentalità che sono abbarbicate al tempo,  e hanno l’orizzonte corto. Il Vangelo  ci  presenta  Gesù  apparso scomodo nella sua patria,perché non esaudisce  la curiosità dei suoi  di fare  miracoli, ma  mostra ad alta voce la sua identità. Però egli, come sempre farà nella sua vita terrena, non condanna,né si oppone,anche se  a volte lascia  i contestatori e va oltre,restando soli, quelli che forse non hanno compreso il suo linguaggio e la sua missione,e il tempo della salvezza a loro inviata. Non spaventarci,né perderci  dinanzi agli ostacoli che oggi il mondo pone al nostro cammino di gente che ha creduto all’more,e che spesso forse rimane nel suo ruolo di “profeta nel vento”. Come Gesù ,i suoi discepoli,non  cercano popolarità,ma con la loro vita offrono quell’amore di cui Paolo Apostolo fa un elogio  stupendo. Siamo chiamati ad essere un “piccolo gregge”,che, carico dello Spirito Santo, diventa una presenza,un volto, un luogo, dove ,chi cerca Dio,possa trovarlo.

Noi cristiani, pur se spesso siamo considerati  fuori moda,  siamo e rimaniamo un popolo di profeti.

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