Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».
Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.
commento
Lameta è ormai vicina,e il Profeta esorta i suoi a rallegrarsi, a riprendere forza,a guardare oltre gliultimi momenti,a irrobustire leginocchia fiaccate,per percorre gli spazi che li separano dalla meta.Certamente il Profeta parla della vicina liberazione delsuo popolo dalla schiavitùbabilonese, ma a noi il suo messaggio arriva come speranza di una presenza che si è fatta in mezzoa noi in Cristo, e che opera in ciascuno di noi una vita nuova. Presenza che concretizza la promessa di Dio che “rimane fedele per sempre e rende giustizia agli oppressi,da il pane agli affamati,e libera i prigionieri”
La venuta di Cristo ci ha aperto di nuovo le porte della nostra città di origine,facendociritornare dalla schiavitù delpeccato,rioffrendoci l’aria della patria lasciata. E questa cose arriveranno come consolazione e certezze,Eanche agli orecchi del Battista prigioniero di Erode attraverso i suoi discepoli che portano le risposte alla domande da lui poste:” I ciechi vedono, gli zoppi camminano..” E’ l’affermazione forte che si sono riaperte le porte della cittadella cittaperduta con il peccato .e si sono riaperte per tutti.
L’importante è che destatosi perla novità,non ci riaddormentiamo nel torpore dell’attesa. Infatti l’apostolo Giacomo ci da unaforte scrollata e ci esorta a rinfrancare i nostri cuori,a non stancarci nell’attesa, ma come ilcontadino che vive di speranza nell’attesa che il seme gettato tra le zolle porterà il suo frutto, e imitando i Profeti che non solo non persero la fiducia nelle promesse del Signore,ma sepperoanche soffrire per le incomprensioni delle gente e le persecuzioni dei loro i capi.
Continuiamoa vivere l’Avvento,non in un’attesa inerte e sterile, ma ponendo in atto gesti di misericordia, cercando di operare ilbene,per essere per gli altri, a Natale, un dono di grazia del Signore.
Vangelo di DOMENICA III DI AVVENTO (11 Dicembre 2016) - Matteo 11,2-11 Commento di P .Pierluigi Mirra passionista
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