In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. (Marco 4,26-34)
COMMENTO
Non si so può arrendere dinanzi all’oscurità che cade, quando si distruggono alcuni valori fondanti dell’uomo e del cristiano. La fedeltà di Dio ,che va al di sopra di ogni scelta dell’uomo, non si arrende mai dinanzi alla fedeltà del popolo che gli appartiene. Egli, come dice il Profeta Ezechiele (I Lettura), è capace di riprendere un ramoscello secco,piantarlo, irrigarlo,e da esso fare sorgere la vita,e sarà lui stesso a farlo crescere e a cogliere da esso i nuovi frutti. L’occhio e il cuore di Dio va oltre e sa recuperare anche le foglie secche e farle rinverdire,come nutre quelle verdi e le da vita. Dunque tutto ci spinge ad avere sempre e ovunque la fiducia in Dio che non ci abbandona mai, se ci sforziamo di essere a lui fedeli in questo spazio di tempo che chiamiamo esistenza, per essere poi graditi un giorno dinanzi a lui nell’ora in cui dal tempo passiamo all’eternità.
Per fare sì che questo avvenga, è necessario, dice l’Apostolo Paolo ( Filippesi 1,21-25), superare la lotta che ci mette alle strette nello sforzo di esse sciolti per essere con Cristo.
“Per me vivere è Cristo e morire un guadagno!”
Morire in Cristo è vivere e seminare il bene lasciato come eredità di vita. Il seme cade nella terra portando però con se nella oscurità la luce e la carica di speranza, che poi crescerà morendo e vivrà crescendo. Il mistero della salvezza ha una grandezza insita nella piccolezza e nell’umiltà del seme.
La bontà non ha bisogno di fare rumore, né ha bisogno, per essere autentica, del plauso umano,ma arriva di per sé,portando a volte una carica di frescura improvvisa anche su una pianta arida che si sta avviando alla morte. Il bene cresce come una foresta verde e ha come armonia di fondo il silenzio che,mentre cresce, fa salire al Cielo una grande lode. Per crescere e diventare autentica ,di essere purificata da ogni strana scoria , spesso la pianta del bene ha bisogno dell’ombra del Calvario e di quell’umore sacro che scende per il monte, che come una specie di sacro concime la rinforza e la rende perenne e gradita a Dio. Ma per crescere l’albero del bene ha bisogno sempre dell’aiuto di Dio. Infatti così abbiamo pregato nella Colletta:”.. poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, , soccorrici con la tua grazia,perché nella fedeltà posiamo esserti accetti!”
Nel nostro cammino non rimaniamo a contare o a piangere sulle foglie secche, ma cerchiamo di essere “buon seme” nelle mani dell’Altissimo, e delle tenere pianticelle verdi da piantare,e il resto lasciamolo a lui. IL resto è opera sua! Abbandonati con fiducia in Dio,non resteremo solo a sognare un mondo più verde, ma insieme con lui riusciremo a costruirlo, vivendo da uomini “ migliori” che sanno rendere migliore la terra.
Commento a cura di P. Pierluigi Mirra passionista