Il Vangelo della Domenica
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In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».  (Luca 13,1-9)

                           COMMENTO

Per Gesù   la conversione non è un optional,ma la condizione necessaria per non perire, per non perdersi,per non vivere una vita subita, e trovarsi alla fine con  nel cuore la parola fallimento.                                                                                                                                                         Gesù nel brano del Vangelo di questa Domenica porta il paragone con un avvenimento realmente accaduto in una rivolta giudaica contro Roma, che ebbe come effetto la morte di alcuni galilei  caduti sotto un torre franata. Egli non vuole la misurare la colpa di pochi o di tanti,ma invita alla conversione perché nessuno corra il pericolo di perire per sempre.                                                                                                                                                                      Ma a chi dobbiamo convertirci? Su quale modello  dobbiamo misurare la nostra conversione?                          Il brano dell’Esodo(3.1-8.13.15) ci presenta Dio che si incontra con Mosè, pastore nel deserto  ,dietro le pecore del  suocero Iedro. L’attenzione del pastore, fuggito dall’Egitto, si fissa su un roveto lontano che brucia,e che egli, avvicinatosi, scopre che il fuoco non lo consuma. E mentre è lì ,perplesso a guardare,dal roveto fumante una voce che lo invita a togliersi i calzari perché sta calpestando un luogo sacro, e la voce rivela la sua identità:sono Iddio dei tuoi padri! Oltre l’identità  la voce  manifesta ancora a Mosè che per lui c’è la missione di andare a liberare il popolo ebreo dall’Egitto,sfidando il Faraone ,in nome di Dio ,che ha un nome:”Io sono colui che sono!”.Una missione ardua ,quella di Mosè,che vede aprirsi dinanzi a lui il Mistero di Dio,la sua conoscenza, la forza della sua potenza, e della sua presenza accanto a lui.                                                                                                                                                                                                               Quello rivelatosi a Mosè  è il nostro Dio,  colui che vuole che noi usciamo dagli antri della nostra schiavitù, e guardando Cristo,come il popolo dietro a Mose, attraversiamo il deserto della nostra purificazione, e giungiamo la, dove il Signore ci attende per riconoscerci destinati e fatti ad immagine del Figlio suo.                            Quello della conversione è un cammino di misericordia, di perdono da parte di Dio,ma anche un cammino di giustizia e di grazia che noi dobbiamo realizzare verso i fratelli con i quali compiamo questo cammino. Dio non abbandonò mai il suo popolo,ma sempre esaudì le preghiere di Mose, che intercedeva per esso, infatti lo guidò, lo sfamò, lo dissetò, lo difese dai nemici,lo rese vittorioso in battaglia,anche se a volte il popolo si mostrava  di dura cervice.                                                                                                                                   La certezza di questa presenza nel nostro cammino di conversione deve aiutarci a non sentirci soli, ma anche a porre in atto lo sforzo di infrangere la durezza della mente e del cuore,e acquistare una mentalità e uno stile semplice, ma vero, che ci renda sempre ovunque accetti a Dio, in modo che la nostra conversione possa portare anche i frutti da Dio sognati per noi.                                                                                                                                   Si sa che la conversione si paga di persona e ha il suo costo,però se si è pronti a pagarlo,riusciremo a perdere il nostro “io” ed ad acquistare la dolce pace dell’anima.

Commento a cura di P .Pierluigi Mirra passionista

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