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Arrestati due marò italiani rei secondo le autorità indiane di aver ucciso due pescatori, scambiandoli per pirati.

NEW DELHI - Si è sfiorata oggi  la crisi diplomatica nelle relazioni fra Italia e India per la  vicenda del fermo dei due marò della San Marco imbarcati sulla petroliera 'Enrica Leixe' e implicati nella morte mercoledì di due pescatori nel Mar Arabico, al largo della costa del Kerala. Da quanto è emerso nelle posizioni ufficiali delle parti e dalle indiscrezioni di fonti vicine all'incontro svoltosi in emergenza nel pomeriggio al ministero degli Esteri indiano subito dopo l'arrivo da Roma di esperti italiani, le delegazioni hanno esposto le loro tesi riguardanti la giurisprudenza prevalente, discutendo, ma senza trovare convergenze. Per il governo indiano non vi sono dubbi che trattandosi di un peschereccio indiano e di due vittime indiane "debba prevalere la legge della territorialità", mentre per l'ambasciatore Giacomo Sanfelice e per la missione interministeriale era evidente che l'episodio, avvenuto su una nave battente bandiera italiana ed in acque internazionali, dovesse essere sottratto all'autorità di New Delhi. Al termine la Farnesina ha diramato un comunicato in cui ufficializzava il mancato accordo, evocando "atti unilaterali" da parte della polizia indiana e ribadendo che i militari a bordo della petroliera "godono della immunità della giurisdizione rispetto agli Stati stranieri". Da parte sua il portavoce del ministero degli esteri indiano, Syed Akaruddin chiosava la riunione sostenendo che "abbiamo spiegato la logica della nostra posizione" e l'auspicio che "l'Italia voglia cooperare con noi nell'assicurare che la legge territoriale faccia il suo corso. Abbiamo anche chiesto loro di collaborare pienamente con la polizia del Kerala". Già in mattinata il cielo si era coperto di nubi minacciose quando gli agenti keralesi si sono diretti al porto di Kochi per salire sulla nave italiana ed esigere, in base ad un ultimatum, la consegna dei presunti responsabili della sparatoria. Il console generale di Mumbai, Giampaolo Cutillo, ha a questo punto nuovamente formulato dubbi sulla legittimità indiana di procedere al fermo. La situazione si è agitata, producendo una complessa trattativa da cui è scaturita alla fine l'accettazione da parte di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone di scendere a terra per rispondere alle domande degli inquirenti. Fonti vicine alla vicenda hanno spiegato che i due militari "sono tecnicamente in stato di fermo, in un processo che potrebbe scaturire nell'arresto per omicidio dopo la comparizione davanti ad un giudice". L'imputazione da verificare è quella prevista dall'art. 302 del codice penale indiano che prevede la condanna massima della pena di morte o l'ergastolo, ha affermato da parte l'ispettore generale della polizia Padma Kumar del distretto di Ernakulam, dove i due militari si sono consegnati alle autorità indiane. L'inchiesta è stata poi trasferita al distretto di Kollam, quello dei due pescatori uccisi. Circa un centinaio di giornalisti, fotografi e cameramen indiani hanno accolto sul molo il drappello guidato da Cutillo, all'interno del quale Latorre e Girone avanzavano in tuta mimetica, basco e stemma tricolore sulla spalla, circondati da ufficiali e agenti della polizia indiana. Il primo interrogatorio formale è avvenuto nella guest house della polizia centrale (CISF) di Kochi, dove i due marò sono alloggiati per la notte e dove presumibilmente resteranno anche domani, poiché per una festività nazionale dedicata al dio Shiva il tribunale distrettuale di Kollam sarà chiuso. Al di là della naturale contrapposizione delle tesi delle due parti riguardante il diritto di territorialità, il chiarimento dei molti punti oscuri della vicenda potrebbe indicare la direzione in cui si svilupperà l'inchiesta. Il promo di essi è la possibile esistenza non di uno ma di due incidenti in mare, viste le versione radicalmente discostanti dei marò e dei pescatori. Inoltre, un importante contributo dovrebbe venire anche dai risultati dell'autopsia dei cadaveri, che non sono stati però ancora resi disponibili. Come nulla si sa sulla ventina di fori che sarebbero stati rilevati sulla chiglia del peschereccio e che potrebbero far risalire facilmente agli autori degli spari, visto che i marò hanno assicurato di non avere mai puntato allo scafo aggressore. (ansa)

 

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