DOMENICA II DEL TEMPO ORDINARIO ( 17 gennaio)

       Vangelo

 Giovanni 2,1-11

 In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

                                                         Commento di P.Pierluigi Mirra Passionista

Nell’evento dell’Epifania, Gesù ha mostrato la sua identità di Messia tutte le genti, attraverso  il manifestarsi  ai Re Magi; sulle rive del Giordano,prima di iniziare la sua vita pubblica di evangelizzatore  della nuova umanità,  è la voce del Padre, venuta dall’alto  a dare sostegno  certezza alla sua identità; nel brano del V angelo di oggi  Gesù mostra  la sua identità e la sua potenza con il mutare l’acqua in vino alle Nozze di Cana.  A riportarci l’episodio è Giovanni Evangelista, un testimone oculare dell’acceduto.L’episodio riveste un tono di grande umanità e di tenerezza insieme.    L’umanità di Gesù che insieme con i suoi discepoli partecipa ad una festa, e ad una festa  di nozze, condividendo  la gioia e l’allegria degli sposi  e degli invitati.     La tenerezza di una Donna, la Madre di Gesù,un po’ diremmo la protagonista,insieme con gli sposi ,della festa, che attenta,constata,e interviene perchè la gioia non  si interrompa e non cali l’allegria della festa. Il vino  sta   per finire. Gli inservienti rallentano il passo, e i boccali cominciano a scarseggiare. Un’ombra si addensa sulla festa,ma  Maria,attenta, interviene ,con discrezione, senza farsi notare,per non  dare adito  a momenti di sgomento che potrebbero  far cadere sugli sposi e la famiglia un ombra di dispiacere.”Non hanno più vino!..”,  è la semplice frase  che  Maria,  quasi sussurra agli orecchi del Figlio suo, sapendo a chi stava e poteva chiedere.  La risposta di Gesù, sulle prima sembra disarmante per la Madre, ma la Donna, sembra non fare caso  alla risposta di Gesù, ed è lei stessa a mettere in moto  il tutto, perché il Figlio possa intervenire. “ Fate  quello che egli vi dirà..”, un’esortazione e un comando insieme. Gesù è ora lì, sotto lo sguardo della Madre a comandare ai servi di riempire le giare di acqua. Forse non sarà mancata una risatina di meraviglia,da parte dei servi,i quali però  obbediscono, e le giare ora  piene..Ma il contenuto  è quello di un buon vino che meraviglia anche il direttore di mensa,che non fa altro che congratularsi  con gli sposi  della continuità del buon servito dall’inizio alla fine  della cerimonia.E’ il primo miracolo  di Gesù, che adire dell’Evangelista, con il quale  mostrò non solo la sua gloria e, ma anche la fede degli Apostoli  ebbe  un bel scossone in avanti.Alle nozze di Cana, io,tu, quale ruolo potremmo avere?  Sicuramente quello dei servi: preparare in silenzio le giare,  riempiendole  delle nostre povertà, dei nostri dubbi, delle nostre incertezze. Solo riempiendo queste nostre giare,in umiltà e obbedendo alle   parola di Maria Vergine, in esse la misericordia  e la bontà di Dio,attraverso  Cristo,compirà il  prodigio di farci dono di un vino nuovo per fortificarci nel cammino nel tempo verso l’eternità.

“Fate quello che e gli   vi dirà..”: l’invito della Madre  a condividere il percorso insieme  con Cristo nostro fratello.

In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

Commento

 

Abbiamo bisogno di Dio!.. Questa sete che ogni uomo porta dentro di se, come un DNA divino, ci porta a  cercare, a non  accontentarci di ciò  che  ci si offre nel tempo,delle cose  che prendiamo, usiamo,ma che non ci rendono paghi. E Dio conosce questa nostra esigenza , e per rendere più facile l’usufruire di  cose che  riempiamo davvero questa nostra sete  di eterno, è sceso tra noi, attraverso il Figlio suo che si è incarnato nel grembo verginale di Maria di Nazareth. L’Evangelista Giovanni come  un inciso  in una  pietra viva, a carattere indelebili,  afferma questa verità:” Il Verbo si fece carne  ed ha preso dimora in mezzo noi!”                 In questa verità   si concretizza il Natale di ieri, di oggi ,di sempre,altri significati commerciali, poetici  o consumistici he si vogliono attribuire al  Natale  sono palliativi senso senso, e  destinati a    morire o cambiare come le mode .

Mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa, mentre la notte giungeva a metà del suo corso,il tuo Verbo onnipotente,o Signore,è sceso dal cielo,dal trono regale”,  cantava  secoli prima l’autore del Libro della Sapienza(18,124-15).Dio che per amore degli uomini, nel Figlio suo, lascia il suo trono regale,prende la veste umana, e si pone a camminare con l’uomo. E in questo suo progetto di amore e di offerta senza condizione all’umanità, è inserito anche ognuno  di noi. Dio è accanto a ciascuno di noi.                                                                             Lo pone in risalto  il brano della Lettera agli Efesini:siamo stati anche noi scelti fin dalla creazione del mondo per essere innanzi a lui  santi e immacolati nella carità. In parole concrete, anche noi, ciascuno di noi, è stato coinvolto e immesso in questo mistero di amore del Padre  nel Figlio suo.

E’ pur vero, come riprende Giovanni, che  Il Figlio venne nel mondo,ma i suoi non gli hanno dato  retta,presi dalle loro  convulsioni religiosi o distratti  dietro a politiche e affari temporali,anzi  lo hanno  rigettato,come un intruso nei loro programmi,però a coloro che  lo hanno accolto,  e tra questi ci siamo certamente noi, ha fato il potere  di diventare figli di Dio. Grande realtà  del mistero di amore sognato,e attuato da Dio per amore dell’uomo…. E  accogliendolo,altro grande mistero di amore, noi da lui abbiamo ricevuto grazia su grazia.

Come ricambiare questo dono? Come vivere  questa vocazione che  ci proietta al di la del tempo, e ci fa fissare lo sguardo dello spirito  nel mistero di amore di Dio? E’ ancora  nel brano della Lettera agli Efesini, la ricetta per attuare questa nostra stupenda vocazione  all’more senza confini: dobbiamo illuminarci alla luce di questo grande mistero  non solo per comprendere la speranza alla quale siamo stati chiamati,ma anche per dare consistenza a questa speranza,riempiendola di Dio, e offrendola all’umanità  che ci vive accanto.

 

                         Lasciare la strada  di Dio è sfociare in un deserto senza  vita

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 

Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

COMMENTO

Che gioia quando viene  al mondo un bambino,e quanta tristezza  quando un adulto dimentica di essere stato bambino,e nei confronti della infanzia assume atteggiamenti e stili di vita che non rivelano nessuna sensibilità e rispetto. Essere bambini, significa  avere il cuore pulito e genuino , come  l’originale uscito dalle mani di Dio, un cuore semplice che  sorride alla vita   e sentirsi bisognosi di affetto, quell’affetto che nell’alveo della famiglia si trova in modo  sano e a sazietà.

La Famiglia, il grande fiume di amore che anche Dio ha scelto perché la sua vita scorresse con gli uomini e come quella degli  uomini. La famiglia di Gesù:Maria  e Giuseppe,un uomo e una donna di fede,che  vivono , soffrono, lavorano per questo figlio che è stato loro affidato e che loro dovranno far crescere per offrirlo poi all’umanità .La famiglia , il sono più bello di Dio, un sogno in cui lui stesso si  è reinserito come realtà.              La famiglia, purtroppo oggi allo sbando, perché forse ha perduto il senso e la linfa delle sue radici di origine.

Oggi la Liturgia  ci fa  guardare ancora il presepe, ma non solo il bambino che vagisce in fasce, ma anche i due personaggi che accanto lo vegliano con amore,un padre e una madre il cui cuore  palpita per il piccolo nato. Ma il Vangelo di Luca  ci porta anche  ad un momento  di sofferenza  di questi due genitori.

SI, forse  noi  siamo portati a guardare questa famiglia., come  vivente sempre in un clima bellissimo,invece  dobbiamo toccare con mano che anch’essa fa esperienza della fragilità della umana natura.                                      Gesù è sparito nel grande affollamento della Pasqua di Gerusalemme. Due genitori che cercano ansanti un figlio,sentano in cuore responsabilità e dolore,ma non si fermano per tre giorni, fino a quando lo ritrovano. Sicuramente  sarà finita la loro ansia, ma dalla bocca della madre nasce il rimprovero al figlio, il rimprovero della responsabilità,anche se la risposta di Gesù è una di quella che Maria,insieme ad altre, conserverà nel suo cuore di Madre.

Essere genitori in un mondo  nel quale i valori della famiglia si sono appannati  con strane mode, oggi diventa difficile, e spesso penoso ,perché se da una parte  i genitori cercano di avviare i figli su binari sicuri, d’altra parte un tipo di società porta i figli su binari moti ,in stato di parcheggio,quasi a volerli  addormentare, facendo loro sognare   cose impossibili . Ma non  bisogna arrendersi, cos’ì come Maria e Giuseppe, non si arresero fino a quando il loro figlio non  fu ritrovato. Forse o senza  forse bisogna far rientrare Dio nella famiglia, l’ideatore della famiglia umana,e con lui i valori che rendano vivo non  lo stare insieme, ma l’essere insieme  per collaborare con Dio  a rendere vivo e presente  il mistero della vita.

            

    Un a casa senza Dio,  è una casa senza tetto, senza porte,…senza respiro.

COMMENTO - 

Con l’Epifania tutte le feste vanno via”,  dice il proverbio, ma non si può fare passare questa solennità, affidandolo soltanto  ai doni della cosiddetta Befana,e alla gioia di bambini. L’Epifania   è una grande solennità, essa  completa il  miracolo e il mistero del Natale.                                                                                                                          

Nel Natale  Dio  si incarna,  e si offre come la misericordia  del Padre, che prende vita nel grembo della Vergine Santa .Nell’Epifania, il Figlio di Dio diventato uomo, si mostra a tutte le nazioni , manifestando la sua identità  e la sua missione.

Sono tanti  gli elementi che caratterizzano  questa solennità, e ognuno  ha un significato , sempre riferito al Bambino della culla di Betlemme. Prima  di ogni cosa la Stella  Cometa, che fa luce al cammino dei Magi in ricerca,che attrae non solo questi  personaggi, ma dopo averla incontrata,essi  la seguono nel loro cam mino. Essa è la luce anche per tutte le genti, anche se il Bambino  che tale luce simboleggia, è venuto a splendere ,ma molti non   hanno accolto il suo splendore e il suo calore.

I  tre Re Magi,(maghi, studiosi, ricercatori, la cui identità possiamo lasciarla alle varie interpretazione), rappresentano gli uomini  di ogni nazione che è sotto il cielo, in ricerca della   verità,la quale per essi è incarnata in quel Bambino a cui offrono  vari e significativi doni. Personaggi che  nella loro ricerca  non cadono nella trappola  vendicativa del Re Erode,ma sempre guidati dalla luce, e per altra via, rientrano nei loro paesi, per dire a tutti ciò che hanno visto, e come la verità si è rivelato loro in un Bambino.

I Magi rappresentano un po’ i nomadi della fede,  si,ciascuno di noi che  si pone in ricerca, e chiede alla Stella di condurlo la dove la verità si manifesta, e la fede,avuto il compimento, diventa vita.                                             

Di luce abbiamo bisogno un po’ tutti, specialmente quando le tenebre della confusione e del caos senza uscita cerca di spegnere ogni fonte di illuminazione, e potere così la menzogna  agire indisturbata.                            

Siamo nomadi, siamo, uomini e donne in ricerca….. Guai se i Magi si fossero fermati ad ascoltare gli studiosi  interpellati  da Erode. Soltanto  il nome di una cittadine, piccola, diventata grande, cioè Betlemme di Giudea, riapre loro il cuore e la strada, e si sono rimessi, in cammino, riaffidandosi a guida sicura  della Stella.

Cercando la verità, i Magi i hanno avuto la sorpresa che verità si è fatto incontro a loro, ed  ha regalato ad essi,quasi  come segno di gratitudine per i don i ricevuti  dal Bambino, la certezza che la verità trovata  avrebbe per sempre illuminato il loro cammino, non solo nel ritorno alle loro case ma  anche er il resto della loro esistenza.

Siamo chiamati anche noi  a non fermarsi  davanti agli intellettualoidi del momento  che offrono soluzioni  e surrogati di verità,ma a cercare la verità e a viverla,non rimanendo in divano  nel momento in cui ci sembra di  averla trovata, ma ad intensificare il cammino,senza paura degli ostacoli ,delle barriere, dei venti contrari , delle notti di buio, o dei deserti di sabbia                                                                                                                     

Oltre tutti  questi ostacoli abita Dio che è la Verità.

 

Sono andato alla ricerca di Dio, ma dopo tanto cammino ho scoperto lui che mi aspettava.

  In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 

Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».                                                           

                                       COMMENTO

All’enfasi dell’autore della Lettera agli Ebrei, che pone in risalto come  Dio ,non più contento di parlare agli uomini  attraverso i Profeti, manda il suo Figlio che si fa Parola, perché il suo linguaggio misuri e redima  la debolezza degli uomini, fa eco il Prologo del  Vangelo di Giovanni,che pone in risalto come la Parola di Dio, il Verbo, si è fatto carne  per poter abitare nelle case degli uomini.

Nella liturgia della Notte Santa, abbiamo ascoltato le parole del Profeta  Isaia,nostro compagno di viaggio  nelle liturgie  nel cammino di Avvento, che  così definisce l’apparire della salvezza in mezzo a gli uomini:”             Un popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che  abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse..” E per il Profeta  questa luce non solo illumina il cammino degli uomini, ma nel cuore   che si apre, diventa gioia e letizia.

Al d la della poesia  che  circonda il Natale, il Vangelo di Giovanni, pone in risalto la realtà autentica, ed è la sola, del Natale:” il Verbo si è fatto carne ed ha posto la sua dimora in mezzo agli uomini.”                             L’Evangelista Giovanni non inizia il suo Vangelo  narrando dell’infanzia o dei primi gestii operati da Gesù, in particolare come Matteo e Luca,ma pone in atto una riflessione teologica, che ricade  sulla vita della umanità: la parola di Dio che si mostra nelle fragili carni di un neonato. Il Verbo di Dio che si apre all’umano, non per condannare o manipolare l’uomo,ma  si pone accanto  ad ognuno , e ,in tutta pazienza e libertà, attende  che il cuore si apra a lui. Né il Verbo di Dio viene per prendere o togliere, ma per  ridare all’uomo la dignità originale di essere figlio di Dio:”A coloro che lo hanno accolto   ha dato il potere di diventare  figli di Dio”, attraverso non meriti  dell’uomo, ma attraverso la sua bontà e la sua misericordia fattasi carne.

A Natale siamo  appunto chiamati a farci prendere da Dio,perché se  non siamo con lui, tutto quaggiù diventa  banale e senza significato,  rimanendo a morderci continuamente la coda, senza via di uscita.                                 Se  non ci immergiamo in questo mistero grande di amore che il Natale ha rivelato a noi, ci troviamo a cercare noi stessi, schiavi dell’egoismo, e il prossimo  più che diventare   il fratello   da amare, diventa un ostacolo da abbattere

Davanti al Presepe, nella contemplazione di un amore senza tempo, riscopriremo  che vivere   è una bella avventura, se ogni ora ,ogni attimo, viene preso e vissuto come dono di Dio. Ed è questo  il significato  che dobbiamo dare  agli auguri che ci scambiamo  con mano calda in questo giorno,  che siano auguri di pace e serenità alla luce  del Verbo che i è fatto carne per noi.

                      Se il Natale non cambia la vita, è un giorno  buttato al vento.

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