Il Vangelo della Domenica
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In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». (Giovanni 6,24-35)

COMMENTO

La Liturgia di questa Domenica d’agosto ci presenta ancora una volta,nella I Lettura, un popolo in cammino che mormora contro Mosè,accusandolo di averlo portato a morire di fame e di sete nel deserto,e accenna al rimpianto  della stessa schiavitù, che però le dava da mangiare  pane e carne.                                                                        

Dio, come sempre, fedele alla sua Alleanza, non delude l’invocazione lamentosa del popolo,e fa scende dal cielo la manna ,e, alla sera,  uccelli che volano sull’accampamento.

 Quel cibo misterioso, chiamato manna,nella tradizione cristiana, è stato sempre visto come prefigurazione dell’Eucarestia, che sarà il cibo del Nuovo Popolo di Dio.                                                              

Proprio l’appartenenza a questo popolo nuovo,Paolo Apostolo richiama nel brano di Lettera agli Efesini, con l’esortazione e a vivere da uomini nuovi, rivestiti di giustizia e di santità vera.                                       

A  questo “uomo nuovo”,purificato  dal peccato dal Sangue Redentore di Cristo, il Maestro offre il “nuovo pane”,come nutrimento per la vita eterna.   Il pane che lui  da in cibo è lo stesso suo  corpo,che per chi crede e lo mangia diventa pegno di vita eterna:”                                                                                                       

La manna del deserto è il pane antico, quasi l’ombra di quello che lui stesso ci darà. Il Pane nuovo è Cristo stesso.  Ai suoi discepoli, a quelli che camminano con lui ne loro viaggio verso l’eternità,non offre nè la  manna, né l’acqua della roccia, neppure il pane   azzimo, ma il suo corpo come cibo, e il suo sangue come bevanda.                                                                                                                                                                              Il cibo terreno non provoca l’immortalità, ma quello impastato con le carni di Cristo,è pegno di immortalità e di vita eterna.                                                                                                                                                               Dalla bocca  della folla, accorsa a cercarlo, dopo aver mangiato il pane  della moltiplicazione, esce spontaneo il grido:” Signore, dacci sempre questo pane!” Ma Gesù non  è la madia per sfamare la fame materiale,né un oggetto da porsi accanto per darci sicurezza,egli vuole  la fede illimitata in lui,sola condizione per partecipare a questo banchetto,una fede che va oltre ciò che appare, e che sa fissare lo sguardo nell’amore infinito di Dio,che vede e provvede  il cibo ai suoi figli, un cibo che non perisce ,ma che prepara  l’uomo ad andare oltre il tempo, e da al tempo stesso  un tono divino.                                                                          Bene scrive S. Ambrogio:”Tutto abbi amo in Cristo, tutto è Cristo per noi.    Se vuoi curare le ferite, egli è medico.  Se sei ardente di febbre, egli è fontana. Se sei oppresso dall’ingiustizia, egli è giustizia                                           .Se hai bisogno di aiuto, egli è forza.    Se temi la morte,egli è la vita.    Se desideri il cielo, egli è la via.”

Commento a cura di P.Pierluigi Mirra passionista

 

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