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a cura del dott. Salvatore Ambrosio
A mente dell’art. 85 cp (“Capacità di intendere e di volere”): “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere”.
 
La normativa penale vigente prevede situazioni di imputabilità senza responsabilità (legittima difesa, stato di necessità, ecc.).
 
La responsabilità, invece, è così definita dall’art. 42 cp (Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva): “Nessuno può essere punito per una azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà” (omissis).
 
Con l’espressione capacità di intendere si indica la capacità di comprendere il valore dei propri atti, capacità di valutare l’efficienza causale di questi.
 
Mentre la capacità di volere è la capacità di esprimere una volontà normale, libera di orientarsi tra le opposte pressioni di motivi.
 
Entrambe le capacità presuppongono una certa maturità individuale tanto che la stessa legge fissa come limite anagrafico dell’imputabilità i 18 anni; al di sotto di tale limite si susseguono due condizioni diverse: non è imputabile il minore di 14 anni (art. 97 cp), mentre nell’intervallo tra i 14 anni e i 18 l’imputabilità va dimostrata nel caso specifico (art. 98 cp).
 
In quest’ultimo caso il Legislatore ha tenuto conto dell’estrema variabilità individuale durante l’adolescenza, per cui possono difettare una o ambedue le capacità, sia per scarsa consapevolezza delle conseguenze giuridiche sia per difetto dell’autodeterminismo.
 
Dal momento del compimento del diciottesimo anno, invece, una condotta si presuppone sempre imputabile, fino a prova contraria, ossia fino a che non ricorrano espressamente le condizioni previste dal Codice Penale, costituenti le cosiddette cause “patologiche” di esclusione dell’imputabilità.
 
 
CAUSA DI ESCLUSIONE DELL’IMPUTABILITÀ
 
 
Fra le condizioni patologiche di non imputabilità o di parziale imputabilità, il Codice penale vigente annovera l’infermità – psichica o fisica – che si ripercuote sullo stato di mente:
 
Art. 88 cp (“Vizio totale di mente”): “Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere e di volere”.
 
Art. 89 cp (“Vizio parziale di mente”): “Chi nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere e di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita”.
 
L’essere abnorme psichico si rende pienamente compatibile con l’imputabilità, sostiene il De Vincentis: è noto, ad esempio, il riconoscimento dell’imputabilità medesima nell’epilessia e perfino in talune psicosi. Comunque è chiaro che il giudizio va formulato in concreto, caso per caso, senza classificazioni rigide ed aprioristiche.
 
Altre cause di non imputabilità sono quelle relative all’ubriachezza ed, in genere, all’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti, indicate con la qualifica di “tossiche”.
 
Art. 91 cp (Ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore): “Non è imputabile chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva la capacità di intendere o di volere, a cagione di piena ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore.
 
Se l’ubriachezza non era piena, ma era tuttavia tale da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, la pena è diminuita”.
 
Art. 92 cp (Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata): “La ubriachezza non deriva da caso fortuito o da forza maggiore non esclude né diminuisce l’imputabilità.
 
Se l’ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato o preparatsi una scusa, la pena è aumentata”.
 
Art. 93 cp (Fatto commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti): “Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche quando il fatto è stato commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti”.
 
Art. 94 cp (Ubriachezza abituale): “Quando il reato è commesso in stato di ubriachezza e questa è abituale, la pena aumenta.
 
Agli effetti della legge penale, è considerato ubriaco abituale chi è dedito all’uso delle bevande alcooliche e in stato frequente di ubriachezza.
 
L’aggravamento di pena stabilito nella prima parte di questo articolo si applica anche quando il reato è commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti da chi è dedito all’uso di tali sostanze”.
 
Art. 95 cp (Cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti): “Per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli aricoli 88 e 89”.
 
La distinzione tra “ubriachezza abituale” e “cronica intossicazione da alcool”, considerata la gravità delle conseguenze che la norma prevede, non è ritenuta agevole sul piano pratico, dalla maggioranza dei medici legali.
 
Ancora più difficile si rivela la differenziazione nell’ambito delle sostanze stupefacenti, per la mancanza di segni se non proprio patognomonici, almeno manifestatamente significativi di quadri specifici o d’intossicazione cronica.
 
Rimane poi da menzionare l’art. 96 cp (Sordomutismo): “Non è imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva, per causa della sua infermità, la capacità di intendere o di volere.
 
Se la capacità di intendere o di volere era grandemente scemata ma non esclusa, la pena è diminuita”.
 
 
 

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