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    Capua - È stato da

poco pubblicato il volume di Giancarlo Bova, Le pergamene aragonesi della Mater Ecclesia Capuana (1443-1449), iii. L’Età di Alfonso il Magnanimo, Salerno 2018, pp. 624 (8 foto in bianco e nero + 24 a colori), edito dall’Editrice Palladio di Salerno, diretta dal cav. dr. Franco Di Matteo, per i tipi della Cecom Artigrafiche di Bracigliano.

     Il volume fa parte del Corpus membranarum Capuanarum, imponente Collezione di fonti medievali di Terra di Lavoro, diretta dallo stesso Autore, con la quale il Bova ha fatto conoscere alla Comunità Scientifica di tutto il mondo la storia di Capua e della Provincia di Caserta (M. Balard, Sorbonne). Di lui è conosciuto da tempo l’alto profilo scientifico e il valore delle sue pubblicazioni (A. Galdi, Università di Salerno). Da più di vent’anni ha avviato infatti un preciso programma di ricerche fondamentali per la ricostruzione dell’intero Corpus membranaceo capuano, con l’intento di restituire alla cultura europea un patrimonio di eccezionale valore per la storia del Sud Italia. Con la pubblicazione finora di circa milletrecento pergamene, è stato sempre più evidente come il Corpus è un’impressionante Collezione di primaria importanza in Europa (A. Espinosa Ruiz, University of Alicante). Bisogna tra l’altro tenere presente che le pergamene del fondo Curia si trovano in pessimo stato di conservazione e di esse non si dispone né di un inventario né di un mero elenco: ciò rende ancor più meritorio il lavoro di edizione che sta portando avanti Giancarlo Bova (F. Senatore, Università di Napoli), tra molti intralci.

     Il quadro storico che si presenta in questo volume è desolante. Si riscontra una carenza di contadini nel territorio a causa della peste e delle guerre, cui si aggiunge nel 1456 il terremoto e l’infausto passaggio della cometa di Halley. A causa delle perdite il Capitolo Capuano redige nel 1471 un inventario dei propri beni. Altre notizie riguardano l’esistenza di una domus dei Templari a Teano, la riparazione del Palazzo Arcivescovile, alcune proprietà della contessa di Caserta Maria de Capua. Seguono pagine dedicate a una certa Angelica, a un indemoniato, al notaio imperiale Iohannes Iacobi, alias Faber de Broquito, canonico della diocesi di Liegi, a Giovanni de Luna e a Paolo de Legistris, capitani di Capua. Notevole importanza il Bova dedica ai centri abitati di Bellona, Triflisco e S. Augusto. Per quanto riguarda Marcianise e Trentola, l’Autore tratta della lavorazione della canapa, della lana e del lino. Il Bova fa ancora alcune osservazioni sulla datazione del placito capuano del 21 (?) marzo 960, sul Concilio di Costanza e sul saccheggio del Palazzo Arcivescovile (1414-1418) a opera di Fabrizio de Capua. Inoltre svela il mistero dell’ubicazione della diocesi di Aquaviva (x-xi sec.), che fin dal 1700 ha tormentato gli studiosi, palesando che essa dipendeva dall’arcidiocesi di Capua. Conclude con un ricordo del principe Gem, fratello del sultano Bayazid ii, morto prigioniero a Capua il 25 febbraio 1495.

     Ci auguriamo che l’impresa editoriale portata avanti da Giancarlo Bova da oltre un ventennio vada avanti, nonostante i molti intralci cui va incontro l’Autore e l’assenza delle istituzioni.

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