Cronaca
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Per una strana circostanza, sono inciampato in una bella e appassionata poesia. Ottenuto il permesso dall’autrice, ho deciso di traghettarla nella nostra rubrica. Annamaria, giovane studentessa partenopea, mi ha confessato che, quei versi, sgorgavano dalla reazione alle continue provocazioni e offese delle fronde leghiste e di una certa parte del popolo del nord. Ho assunto il ruolo di mediatore e, per offrire il meglio ai nostri lettori, ho deciso di porre nelle giuste mani, l’analisi dei versi di Annamaria. Questo compito non poteva che essere non lasciarlo al mio amico, Enzo Di Brango, autore di ‘Il brigante che si fece generale Auto e controbiografia di Carmine Crocco,’ a cura di Valentino Romano e de ‘L’Italia si cerca e non si trova. Unità federalismo democrazia di fronte alla colonizzazione del Sud. Cronaca di 150 anni’ edito da Edizioni Qualecultura,. Giornalista, scrittore e storico, Enzo non ha indugiato, nell’accogliere la mia provocazione. Di seguito la poesia della giovane Annamaria Comparetti e la ‘lettera’ da Enzo Di Brango indirizzata a lei e a tutti i giovani meridionali.

Figlia D'Italia
Terrona? No. Figlia della Terra? Si. 
Sono figlia della terra a cui devo l'orgoglio e l'appartenenza. 
Sono figlia di quel suolo che anche tu, 

da ghiaccio delle tue montagne chiami patria. 

Sono figlia della terra, che ha acceso ardenti carboni d'idee

 e che ha mosso mille e più camicie rosse. 

Sono figlia della terra, quella che ci dona allo stesso modo dolci pomodori 

e grano per far la polenta. 

Ma se del tricolore è solo il verde che riesci a vedere, 

bada bene perchè il verde è speranza,

 che è stata per i tuoi e per i miei dal tempo di tre guerre,

 accompagnata dal rosso sangue e dalla bianca fede. 

Così ti offro il mio verde, la mia speranza. 

Io voglio esser figlia dell'Italia tutta, ma se dell'Italia questa non è la sorte,

come figlia della nostra terra preferirei la morte.

Lettera aperta ad Annamaria.

Cara Annamaria,

la tua educazione è la qualità più bella che i tuoi genitori, gente del Sud, hanno saputo donarti. Nell’Italia di oggi, ostaggio di chi strilla più forte, la tua poesia è un fiore posato dentro un cannone, è il giovane che ferma i carri armati in piazza Tien An Men, è Nelson Mandela che riscatta il suo paese dalla schiavitù coloniale. Ma è anche l’orgoglio di sentirsi Terrone, figlio della terra a cui somiglia anche nel colorito della pelle; Terrone, come un giovane poeta che presto ci ha lasciati, ha descritto così:

Noi non ci bagneremo sulle spiagge a mietere andremo noi e il sole ci cuocerà come la crosta del pane. Abbiamo il collo duro, la faccia di terra abbiamo e le braccia di legna secca colore di mattoni. Abbiamo i tozzi da mangiare insaccati nelle maniche delle giubbe ad armacollo. Dormiamo sulle aie attaccati alle cavezze dei muli. Non sente la nostra carne il moscerino che solletica e succhia il nostro sangue.

Ognuno ha le ossa torte non sogna di salire sulle donne che dormono fresche nelle vesti corte.

Questa Italia, che non si trova nella sua sciapita quotidianità, questa Italia disegnata senza consenso, questa Italia gradassa nei suoi 150 anni, l’Italia che De Gregori cantava “con le bandiere, l'Italia nuda come sempre”, è pur sempre ‘o scarraffone bello a mamma soja.

Il tuo tricolore si chiama sangue, fede e speranza, oggi realtà tradite quotidianamente dal volgare potere che ci sovrasta. Sangue lasciammo nelle fabbriche della morte, nelle strade colorate di bandiere dove urlammo la nostra rabbia, nelle terre lontane dove cercammo conforto ai morsi della fame. Fede perdemmo nei partiti, popolati di affaristi e faccendieri; fede perdemmo nello Stato che ci negò giustizia, da piazza Fontana, ad Ustica, a Brescia. Speranza morì davanti ai concorsi truccati, davanti alle promesse tradite, alle scuole ed agli ospedali che chiudono, alle quotidiane rapine dei beni comuni che i nostri padri ci lasciarono.

Conservati così, cara giovane e sconosciuta sodale, e permettimi di salutarti con il monito del giovane poeta, ancora quel Rocco Scotellaro che non smetterà mai di restare accanto a me in questa sporca quotidianità:

Io sono un filo d'erba un filo d'erba che trema. E la mia Patria è dove l'erba trema. Un alito può trapiantare il mio seme lontano.

Enzo Di Brango

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