In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». (Marco 9,30-37)

 

 

COMMENTO

Per camminare rettamente ci vuole davvero un forte equilibrio!

 Guardare in fondo al viale del proprio percorso, fissare  e focalizzare il traguardo del nostro cammino, e non perdersi,, guardando a destra o a sinistra. E poi farsi guidare dalla  sapienza di cui parla Giacomo nella II Lettura  di questa domenica,una sapienza che ha tutti gli attributi,i quali , se vissuti, rendono la vita serena non solo,ma fruttuosa nel tempo con frutti che durano.

 E poi è una sapienza che ci libera dalla gelosia, la quale ,spesso, è all’origine di ogni spirito di contesa, di ogni disordine, e porta sicuramente ad agire contro coscienza, cadendo nella cattiveria.

 Una forte gelosia  era nata  anche  nella comitiva dei discepoli di Gesù.

 Gesù,anche in questo nuovo viaggio verso Cafarnao, di cui ci parla Marco, aveva ancora una volta prospettato ai suoi discepoli, quasi in confidenza il destino che lo attendeva. Abbiamo visto già la reazione di Pietro e la controreazione di Gesù ad una mentalità prettamente umana, della quale erano inquinati anche i discepoli.  Essi avevano del Messia, perciò di Gesù la mentalità che egli fosse venuto a restaurare il Regno di Davide, a liberare Israele e tutta la Palestina dal giogo dei Romani .Perciò quando Gesù parlava del Regno,essi intendevano  un Regno umano, fondato sul potere, e pensano  ad accaparrarsi i primi posti al fianco del trono su cui sarebbe seduto il Messia.

 Ma a chi di loro toccherà il posto più vicino al nuovo re?

 Che contrasto, Gesù parla di Passione e di Morte, e gli apostoli dell’accaparramento più prossimo di un posto nel Regno!  E tra di loro nasce la discussione animata,chissà forse fondata su eventuali meriti acquisiti, o sull’ordine di chiamata al discepolato con  Gesù.  Ed ecco l’intervento di Gesù, che propone ancora loro una pedagogia non di facile accesso per la loro mentalità:”Se uno di voi vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti.” La fede degli apostoli non è ancora limpida e forte,ed è molto ancora lontana dal progetto del Padre su Gesù.

Come farà Gesù farà capire loro  il senso del servizio,e che il primo sia l’ultimo?

Prende a misura un bambino, che pone come metro dell’accoglienza di ogni fratello,cioè un’accoglienza senza calcolo,fatta nella semplicità e senza secondi scopi. E il Maestro vuole ancora dire  che  nella vita ogni suo discepolo deve porsi non nell’atteggiamento di avere  ma in quello di dare,come lui stesso affermerà:”Io sono in mezzo a voi come colui che serve:”(Lc.22,27)

 Essi devono comprendere che sono alla sequela di un Dio che si dona , e non di un dominatore,che attraverso il potere, vuole prendere dai sudditi.

Tutti allora abbiamo bisogno di recuperare in Sapienza per  entrare nella mentalità di Dio,  di viverla nel donarsi, e pensare che anche la sofferenza ,a volte , è un modo che Dio usa per farsi amare.

 E non avere paura della  Croce!

 “Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte!”(K. Gisbran).

 E  in attesa dell’alba, nel cammino della notte, la cosa più bella, e di cui Dio gode, è amare!

Commento  di  P.Pierluigi  Mirra passionista

 

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». 

Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà». (Marco 8,27-35)

 

 

COMMENTO                            

Coloro che dopo la sfida di Cafarnao sono rimasti con Gesù, compreso Giuda, che era quello che forse doveva veramente andarsene, il Maestro,in un momento di relax a Cesarea di Filippo, nella convivialità del trattenersi insieme, pone una domanda che,più partire dalla sua curiosità, voleva essere un testo importante per vedere se i discepoli fossero certi della sua identità. Egli parte da lontano e poi stringe il cerchio degli interpellati. Facile agli Apostoli riferire circa l’opinione che la gente ha di Gesù,un’opinione che non indovina certo la sua identità, paragonandolo a personaggi importanti del passato.                                                          

A Gesù interessa ciò che di lui pensano quelli che sono rimasti alla sua sequela. “E voi,chi dite che io sia?”. Marco nel riferirci la scena è molto conciso, ma nella versione di Matteo( 16,13-19) sembra che alla domanda di Gesù i dodici  abbiano un attimo di esitazione, fino  alla confessione di Pietro che Gesù riconosce ispirata all’apostolo dall’Alto.  In Marco Pietro confessa:” tu sei il Cristo”,mentre in Matteo sembra essere più teologico, e lo definisce “Figlio di Dio”.                                                                                                      

Alla confessione di Pietro sulla identità di Gesù segue un grande rimprovero allo stesso. Gesù ,dopo avere accettato il riconoscimento di  Pietro circa la sua identità,prospetta come lui, il Figlio di Dio, era destinato  tra poco ad essere preso dagli uomini, torturato, messo in croce e poi risuscitare il terzo giorno.                                   

Ma Pietro il solito entusiasta, l’uomo dai moti primi-primi, si oppone a queste prospettive  che Gesù offre loro.      

Non c’è da meravigliarsi  della reazione di Pietro,perché la sua logica umana non accetta la Croce,nè meravigliarsi della reazione forte di Gesù,che identifica Pietro con Satana,perchè Egli sente forte il desiderio di rimanere nella volontà del Padre, e di essere in questa, fin o alla morte di Croce.                                                                                    

E poi  traccia il percorso di salvezza per ogni suo discepolo:” Se qualcuno vuole seguirmi,rinneghi se  stesso, prenda la sua croce e mi segua!”.                                                                                                                                        

Come  Gesù non arriva alla Pasqua senza passare per il Calvario,,così ogni suo discepolo non può arrivare a realizzare il suo percorso di salvezza senza  portare ogni giorno la sua croce, e passare per il Calvario.               

Una logica del tutto diversa da quella umana,che ama non essere scomodata,o ,al massimo, a caricarsi di piccoli croci, scelte nel grande vivaio della vita. Ma Gesù,una volta da noi  riconosciuta la sua identità,ci scomoda, e ci dice che non siamo chiamati a vivere nello stagno  dell’acqua cheta, e solo a gracidare, foss’anche tipi di preghiere,  ma a volare,carico del peso di quella croce che Dio ci pone sulle spalle,e vuole attraverso questo volo verso l’alto renderci simili al Figlio suo,sia nella sofferenza,come nella risurrezione.         

Una mistica francese scriveva:” Io credo che la sofferenza sia stata concessa da  Dio all’uomo in un grande atto di amore e di misericordia”(Elisabettya Leseur)

Commento di P. Pierluigi Mirra passionista

 

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