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CAPUA (Raffaele Raimondo) – Tutti insieme: “Lo giuro!”. Col vigore e col cuore dei vent’anni!

L’hanno gridato forte in 900, nella rovente mattinata di venerdì 7 luglio, perfettamente schierati sul piazzale ‘Antonucci’ della caserma ‘Salomone’. I volontari in ferma prefissata di un anno del 1° Bando 2017, al termine del percorso di addestramento compiuto presso il 17° Reggimento ‘Acqui’, sono entrati così ufficialmente nella grande famiglia dell’Esercito Italiano. Li aveva appena invitati a pronunciare fedeltà alla Repubblica il loro ammirato comandante, col. Nicola Cucinieri, ed essi, fulminei, han giurato. Presenti e intensamente partecipi alla solenne cerimonia la massima autorità - il gen. di Corpo d’Armata Pietro Serino, all’apice di tutte le Scuole per la Formazione, la Specializzazione e la Dottrina dell’Esercito -, il gen. di Brigata Giuseppe Faraglia saggio comandante del Centro Addestramento Volontari, tante personalità civili, militari e religiose ospitate in tribuna d’onore, appassionate rappresentanze delle Associazioni combattentistiche e d’Arma, composti delegati che recavano i gonfaloni di alcune municipalità decorate ed innumerevoli familiari esultanti arrivati soprattutto dal Sud (Sicilia, Campania, Sardegna, Puglia, Calabria), ma anche dal Lazio e da altre regioni del Centro-Nord.

Per consolidata tradizione, ai volontari di ogni Bando è assegnato un mèntore scelto fra gl’insignìti di Medaglia d’Oro al Valor Militare, cioè coloro che – come ha ricordato il col. Cucinieri in uno dei passaggi più belli del suo vibrante discorso – “con coraggio ed orgoglio non esitarono a sacrificare la loro vita per il bene dell’Italia e per un mondo migliore”. E mèntore del 1° Bando 2017 è stato Luigi Settimo, un umile lavoratore, un semplice ma eroico soldato che combatté con la sua 5a compagnia del 3° Reggimento Fanteria, valorosamente morendo a Dosso Faiti (una collina del Carso sloveno) il 14 maggio 1917, durante la tremenda Grande Guerra il cui Centenario si concluderà il 4 novembre del prossimo anno 2018. Fulgido l’esempio del fante Luigi Settimo: “Privato delle gambe e delle braccia dallo scoppio di una granata che gli produceva anche una larga ferita alla faccia, incitava calorosamente i compagni a scagliarsi contro il nemico per respingerlo. Rifiutava ogni soccorso per non sottrarre soldati al combattimento. Respinto l’attacco, non volle essere asportato dalla trincea, chiedendo all’ufficiale di poter restare in linea, contento di morire tra i suoi compagni per la grandezza del suo Paese”. I giurandi hanno sentito commossi la rievocazione di quel sacrificio che ha fatto ancor più fremere i loro animi già rapìti dal pathos. Un’emozione culminata poi nel canto dell’Inno nazionale e nell’ascolto della Preghiera per la Patria seraficamente recitata da padre Giuseppe Palmesano, cappellano militare. In quegli attimi cruciali l’arcivescovo Salvatore Visco, a mani intrecciate, ha impartito la sua paterna e silente benedizione ai giovani in uniforme. Ad essi e a tutti gli intervenuti la massima autorità ha dedicato infine un’allocuzione densa di saluti, ringraziamenti, storici ricordi e chiari moniti istituzionali, soffermandosi in particolare sul significato sostanziale e morale del giuramento. “Con tutto il cuore” i suoi auguri ai “ragazzi del 17°” per un futuro che realizzi i loro sogni, un futuro “ricco di impegno e di soddisfazioni”. A felice conclusione: “Viva l’Esercito Italiano! Viva l’Italia!”.   

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