Commento al Vangelo della domenica XIII Tempo ordinario (30/06/2013) Luca 9, 51-62
Il Signore continua a chiamare!...
Egli, avendo voluto salvare l’uomo attraverso l’uomo, ha bisogno anche dell’uomo stesso e di servirsi di lui perché il messaggio della salvezza arrivi a tutti, perché tutti possano essere salvati.
E quando chiama, pur rispettando la nostra libertà, vuole che il consenso sia sempre senza “ma”, e senza “se”, cioè senza riserve e compromessi, perché a chi lo segue Egli è sempre fedele nel mantenere la sua promessa.
Eliseo segue Elia! Un mantello gettato addosso ad Eliseo che arava i campi con numerosi buoi è la chiamata alla sequela. Come segno di assenso e anche di ringraziamento per la chiamata, Eliseo, dopo aver salutato i suoi oltre ad usare buoi e aratro per l’olocausto di ringraziamento, da il resto della carne macellata al popolo perché la mangiasse, e poi segue Elia.
Chiamati alla vocazione come gente libera nello spirito, nella seconda lettura l’Apostolo Paolo, scrivendo ai Galati, dice che di questo ne dobbiamo fare buon uso, cercando di non giocarci lo spirito, vendendoci ai desideri della carne ma, nella libertà, accettare e servire nell’amore di chi ci vive accanto, sempre desti per combattere e vincere le tentazioni del mondo e della carne che ci assillano e vogliono abdicate alla nostra vocazione spirituale.
Ancora decisione nella libertà chiede Gesù a color che vogliono seguirlo. Lui non da certezza di casa o di cibo, perché anche lui vive da nomade… E non accetta riserve e compromessi neppure l’attaccamento che può sembrare evidente agli affetti terreni. Colui che deve seguirlo deve lasciare ogni cosa, mettere mano all’aratro offertogli per preparare il terreno e seminare il bene e mai più voltarsi indietro, facendosi prendere dalla nostalgia del passato.
Le scelte per Cristo devono essere decise e radicali! Chi vuole seguire il Signore deve farlo nella libertà, con piena coscienza, accettando ogni pagina del Vangelo. Ogni indicazione della Legge donata da Dio e da vivere nell’amore.
Il Signore non accetta discepoli che sembrano mezze cartucce, condannate forse a fare cilecca. Ma gente con il cuore carico dell’ideale di Cristo, che lo seguono in libertà, senza ideali di sorta, rinunziando innanzitutto alla realtà che forse ci è più cara, “il nostro io”, disposti ad essere come lui, nomadi nello spirito; pronti a volte anche a non essere accettati, senza per questo condannare nessuno.
Decisi alla pazienza, pronti sempre alla fiducia e alla costanza, guardando sempre oltre: queste le caratteristiche di chi vuole seguire veramente il Signore.
Commento di Padre Pierluigi Mirra Passionista
Commento al Vangelo della domenica XI del Tempo ordinario (16 giugno 2013) - Luca 7,36-8,3
Gesù, mostrandoci il volto umano di Dio, ci ha aperto il cuore misericordioso di un Padre sempre pronto a perdonare i figli che peccano e a reintegrarli nella loro dignità di appartenenti alla sua famiglia. Il nostro, come abbiamo pregato nella Orazione, è un Dio che non si stanca di usarci misericordia,purchè il nostro cuore sia quello del penitente che riconosce i propri errori, e tende, nell’umiltà, la mano a Dio.
La Parola di Dio che la Chiesa ci propone come cibo spirituale in questa Domenica ci presenta Davide, il re peccatore, che osato abusare della sua posizione per rubare la moglie ad un suo soldato,ma anche un re che riconosce la sua colpa e piange, chiedendo a Dio misericordia,anche se per questa colpa dovrà pagare una pena che gli strapperà il cuore, la morte del figlioletto,perché grande la sua colpa:egli si è dimenticato per un momento dei benefici ricevuti da Dio . Dio perdona il re che piange e accetta la penitenza. Il brano di Luca ci presenta invece una peccatrice,la qual con teneri gesti,fatti nel silenzio,,davanti a tanti invitati ad un banchetto, gesti bagnati di lacrime, sale in cattedra per insegnare qualcosa a chi la indica a Dio,al fariseo padrone di casa che ospita Gesù. La donna appare sicura di se, sa dove e a chi vuole arrivare,a come mostrare il proprio pentimento,come accostarsi al maestro di Nazareth,nel quale sicuramente,con gli occhi del cuore, non vede solo un uomo,ma qualcosa che può arricchire la sua povertà di cuore, quel cuore che ha venduto amore per danaro. Il suo gesto è attaccato forte dl fariseo e dai suoi invitati,che , conoscendo l’identità della donna, vituperano anche Gesù, ma questi li spiazza con della parole,che,mentre diventano un dolce, pacato rimprovero al padrone di casa per le mancanze avute nell’accoglierlo in casa, pone in risalto non l’identità della donna,ma ciò che questa ha messo in atto,salendo quasi in cattedra per insegnare con i suoi gesti come si accoglie un ospite. “Molto le è perdonato, perché molto ha amato!..” Una lezione che arriva a tutti gli invitati,ancora attaccati alla menzione circa il perdono dei peccati da parte di Gesù.
Gesù vuol far comprendere ai duri di mente e di cuore che l’amore vince ogni cosa,e la carità, come poi dirà l’Apostolo Pietro, copre una moltitudine di peccati.
L’amore immenso di Dio Padre,manifestatosi in particolare nella Passione e Morte di Cristo,accettata dal Profeta di Nazareth con amore,ha lavato il cuore dell’uomo,e questo amore è sempre pronto a tendere la mano del perdono a chi, lungo il cammino, inciampa e cade,ma vuole rialzarsi e riprendere il cammino. E chi di noi si sente talmente giusto e non ha peccati da farsi perdonare?.....Chi di noi può tendere il dito verso il fratello caduto ,sentirsi esente da colpe?
Commento di P.Pierluigi Mirra passionista
Commento al Vangelo di domenica XIV del tempo ordinario (07/07/2013) - Luca 10, 1-12.17-20
Il momento storico che viviamo non incoraggia certamente ad uscire dai nuovi Cenacoli, e carichi dello spirito, andare ad annunciare la buona notizia. Tempi tristi, in cui, anche nella fede sembra affacciarsi un certo tipo di privatismo e individualismo.
La tentazione di chiudersi nella “propria Fede”, di pregare “il proprio Dio”, è forte, però, se siamo veri discepoli di Gesù, come ha fatto lui, non possiamo tacere né temere la persecuzione, perché il vero discepoli, se cammina davvero sulle orme del maestro, è provato anche con le sue stesse prove.
Più volte Papa Francesco ci esorta ad uscire e ad andare verso le “periferie”, là, dove la speranza sembra essere morta e dove regna la paura del futuro.
La parola di Dio della liturgia di questa domenica ci spinge proprio ad usare in forza della caratteristica missionaria del nostro essere battezzati: annunciatori e testimoni di Cristo.
Accanto, ci conferma Isaia, nella prima lettura, ci sarà sempre il Signore che per noi farà scorrere “come un fiume di pace, e come un torrente in piena, la gloria delle genti… La mano del Signore si farà conoscere ai suoi servi.”
E poi l’apostolo Paolo, non confessa che nel suo corpo porta le stimmate di nostro Signore Gesù Cristo?
Gesù ci ha detto che il vero discepolo ha come percorso di salvezza la via della Croce, e certamente tale percorso non si fa ridendo o godendo ma, vivendolo, assimilandoci anche noi al Crocifisso, per essere voci che gridano l’amore di Dio.
E poi Luca nel Vangelo pone in bocca a Gesù, che “la messe è molta e verdeggiante, ma purtroppo gli operai sono pochi!...”
Non basta al cristiano pregare, perché il padrone della messe mandi operai santi per pascolare il suo gregge, ma è necessario che ognuno di noi che crede nel figlio di Dio, esca, vada a dare e a dire la buona notizia, senza paura!
San Paolo Apostolo esortava il discepolo Timoteo ad annunciare il Vangelo “in modo opportuno e inopportuno”, e a parlare senza paura, sfidando tutto ciò e tutti quelli che vogliono relegare Dio e il Figlio suo nel dimenticatoio, anzi alcuni di essi lottano contro Dio, senza sapere che, lottando contro Dio, lottano contro l’uomo perciò contro se stessi.
Dio cerca testimoni del Vangelo.
“Se a questo appello non diamo una risposta positiva, come cristiani non valiamo davvero nulla. Pensiamoci e decidiamoci a fare i missionari di Cristo, tra i pagani del nostro tempo.”
Commento di Padre Pierluigi Mirra Passionista