In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Vangelo della domenica XXXI del Tempo Ordinario (30/10/2016) - Lc 19,1-10
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Vangelo di DOMENICA XXIX DEL T.O.(16 ottobre2016) - Luca !8,1-8 - Commento di P. Pierluigi Mirra passionista
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
COMMENTO
Fondamento del rapporto dell’umo che crede in Dio è conoscere la Sacra Scrittura e vivere la preghiera. L’Apostolo Paiolo insiste con il suo discepolo Timoteo di non dimenticarsi di ciò che ha appreso ,ma anche di continuare non soltanto ad istruirsi ma anche ad istruire ,perché afferma Paolo:” Tutta la S, Scrittura, ispirata da Dio è anche utile per insegnare, convincere ,correggere ed educare alla giustizia..” Tutti verbi che hanno il loro significato e cha aprono la mente e il cuore ad entrare nel mistero di quel Dio che si è rivelato a noi, e ha parlato attraverso i suoi servi . Allora un vero discepolo, amato e chiamato da Dio in Cristo, non può tacere ciò che ha appreso, ma deve ,con la parole e con l’esempio, insegnarlo agli altri, tendendo la mano a chi è alla ricerca della verità. La Parola di Dio, appresa, ma più vissuta, da forza al convincimento, non solo, ma può rimettere sulla strada della salvezza, chi, forse, per debolezza o distrazione, cammina lontano da Dio. Infine educa alla giustizia ,cioè a guardare le cose, ma più ancora gli uomini, con gli occhi e il cuore di Dio.
Non basta conoscere Dio attraverso le Scritture, ma è importante dialogare con Dio attraverso la preghiera.. La Parabola che nel brano di Luca Gesù racconta, mette in risalto una caratteristica della preghiera : pregare sempre, senza mai stancarsi. La preghiera crea la relazione vitale tra l’uomo e Dio, posti in posizioni diverse. Dio si pone nella posizione dell’ascolto continua nella bontà e nella misericordia, mentre l’uomo si pone solo e sempre in un atteggiamento di fede.
Dio ci ama , e la sua mano è sempre tesa verso chi a lui si rivolge , mentre la fede spinge l’uomo ad attaccarsi a quella mano tesa, credendo e vivendo in umiltà la sua situazione di verità, cioè di bisogno assoluto di Dio. Chi crede sa che Dio non è sordo alle nostre richiesta, purchè questa abbiano come caratteristiche la sincerità, l’umiltà di riconoscersi nel bisogno, e la insistenza, e saper chiedere a Dio cose che ,anzitutto, ci aiutino a proiettare il nostro sguardo nella eternità.
Perché, pur pregando, a volte, sembra che Dio, non risponda, e ci faccia attendere? Perché forse le nostre preghiere o hanno la caratteristica dell’abitudine ,o forse preghiamo quasi per fare un piacere a Dio,, o perché quello che chiediamo non è nella linea di ciò che, secondo Dio, noi al momento abbiamo bisogno per il nostro bene. Forse ,o senza forse, a volte con la nostra preghiera vogliamo come piegare a noi la volontà di Dio
A mani giunte si ottiene meglio che agitando le mani (H.Camara)
Vangelo di DOMENICA XXVII DE T . O. (2 ottobre 2016) - Luca 17,5-10 - Commento di P .Pierluigi Mirra passionista
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Commento
“ Soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà di fede!”
Negli eventi storici che caratterizzano i suoi giorni, il Profeta riafferma la sua fede nel Signore. Egli attesta una realtà che caratterizza la differenza tra l’empio e il fedele: l’empio confida nel suo potere e nelle sue forze ,e pone da parte Dio, appoggiandosi ad una base, spesso però fragile e inconsistente ,mentre il fedele si appoggia a Dio, e scrive una storia che va al di là delle situazioni storiche e degli eventi in atto.
Il fedele è carico della forza di Dio ,e non ha paura di testimoniarlo con la sua vita ,né si vergogna del dono ricevuto da lui, ed è pronto, con la forza di Dio, a superare i momenti scuri dell’esistenza ,illuminandoli proprio con la luce forte del Vangelo. Egli considera la fede come un grande dono ,e non solo lo custodisce, ma lo arricchisce ponendo appunto in atto fatti di Vangelo.
Ci sono e ci saranno momenti oscuri, in cui la fiamma della fede vacilla, ma in questi momenti egli, non si perde, non si abbatte, ma appoggiandosi sempre più a Dio, nel quale ha creduto e crede ,si appella al suo aiuto e alla sua forza :”Signore, accresci la mia fede!”, l’invocazione dell’umiltà che supera la paura e lo scoraggiamento del momento e pone il nostro sguardo oltre le situazioni. Egli stringe tra le sue mani imploranti il dono ricevuto, e con tutta umiltà, ritendendosi inutile e povero davanti a Dio, offre a lui la preghiera della fede, non solo, ma è pronto a continuare a dare amore, e anche a sacrificarsi per Iddio.
“ Il giusto vivrà di fede!”. Infatti egli non ha altra forza ,altra luce che illumina il suo cammino, altra fonte di calore che gli riscalda i passi nei momenti di gelo. La sua forza l’attinge da Dio, attraverso l’invocazione dello spirito, sentendo dentro di se abitare il mistero che va oltre il tempo e che da tono di verità al suo percorso nel tempo. Il giusto vive la sua fede nel silenzio, e attraverso i suoi gesti fa parlare Dio, quel Dio che ci giustifica continuamente, perché crede in noi.
Chi ama la bellezza, non teme le spine, pur di cogliere una rosa
Vangelo di domenica XXX del Tempo ordinario Lc 18,9-14
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Vangelo di domenica XXVIII del Tempo Ordinario (Lc 17,11-19)
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Vangelo di DOMENICA XXVI DEL T.O. ( 25 settembre 2016) - Luca 16,19,31 - Commento di P. Pierluigi Mirra passionista
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Commento
La ricchezza e la povertà sono situazioni vecchie ,hanno l’età del mondo ,e hanno anche nella Sacra Scrittura la loro posizione e una loro lettura. Particolarmente nel N.T. c’è il “guai ai ricchi” di Gesù, unito anche al “Beati i poveri” dal Discorso della Montagna.
Il ricco è visto come un benedetto da Dio ,se della ricchezza sa farne retto uso e sa condividerla , usandola come un mezzo per arrivare a Dio stesso. Così il povero è visto come colui che è particolarmente amato da Dio, e ha il privilegio delle sue attenzioni, sempre se vive la sua situazione di povertà con lo sguardo a Dio e l’adesione alla sua volontà.
La Parabola di Gesù che oggi la Liturgia ci offre ,pone appunto in risalto due situazioni esistenziali diverse di vita. Un ricco “ vestito di porpora e di bisso” che banchetta tutti i giorni, incurante del tempo che passa e della sua salute eterna, e Lazzaro, un povero che ,alla porta del ricco, racimola per sfamarsi quello che cade dalla tavola di questi. Ha come compaqni e da essi solo comprensione, i cani, che gli leccano le piaghe . Una situazione esistenziale nel tempo, che ha il suo capovolgimento nell’eternità.
La morte azzera la vita del ricco e del povero, ma le posizioni vissute nel tempo, ora sono cambiate :il povero è in alto, nella pace di Dio, mentre il ricco è precipitato nelle fiamme dell’inferno, a sentire nostalgia e invidia della nuova posizione del povero. Ora il ricco si accorge che esisteva anche il povero! Ora i suoi occhi appannati nel tempo dalla ricchezza si sono aperti ,e leggono una nuova realtà. Ma è troppo tardi! Il grido di invocazione del ricco sale verso il cielo ,invocando una goccia di acqua ,e di avvertire i suoi parenti ,suoi complici di vita dissoluta nel tempo, perché si ravvedano.
La risposta di Abramo è decisa e senza appello:”tra noi e voi ora c’è un abisso, che nessuno può scavalcare
Il ricordo dell’eternità ci aiuta a non sciupare la nostra presenza nel tempo.
L’esistenza ci è stata data in dono, perché noi la riempiamo di gesti di amore e di condivisione ,perchè possano essere questi gesti di condivisione e di amore ad aprirci le porte di un’eternità beata. Subire la vita, sciuparla ,può diventare un boomerang che ci blocca sull’uscio del Paradiso.
Per essere utili agli altri non è necessario volare, basta volere.