“Chi è Dio?”,una delle prime proposte che ci ponevano catechisti di un tempo che fu,quando il catechismo  S . Pio X imperava con il suo nozionismo, e la nostra memoria di ragazzi lavorava a  pieno ritmo ,oltre che a scuola,anche al catechismo. E noi apprendevamo la risposta, fatta di grandi e solenni parole, che poi  i catechisti appena ci abbozzavano nella risposta:    Dio:”l’Essere perfettissimo Creatore e Signore del cielo e della terra!”                                                                                                                                                                                       Con il passare del tempo poi, aprendoci alla vita e alla sua problematica esistenziale, ci siamo resi cono che la questione di Dio non solo è importante, ma ,per chi si rapporta a Lui, è anche affascinante.                                             

E abbiamo appreso che  l’uomo, andando a Dio, scontra  il suo “finito” con l’”infinto di Dio”.                                             

Però si apprende anche come Dio si sia chinato sull’uomo e si sia rivelato.                                                                                                   Infatti ,dal suo volto, che poteva sembrare incomprensibile irriconoscibile per  noi, Egli  si è tolto il velo della separazione tra finito e infinito, e si è mostrato a noi come Amore.                                                                                                                            Come Amore si è rivelato nella Creazione,nell’essere Colui che, Signore, provvede  tutto a tutti, ma ,in particolare, in Cristo e per mezzo di lui,Egli ci ha mostrato il suo volto umano, carico di una paternità  piena di perdono e di misericordia. E con l’aiuto dello Spirito Santo,anima   della nostra anima, abbiamo compreso che Dio ci è più vicino di quanto noi lo siamo a noi stessi., che ci ama in Cristo, tanto da offrire il Figlio suo come espiazione perché noi riacquistassimo la  sua amicizia, rendendoci addirittura  partecipi della Figliolanza divina, anche se in chiave adottiva.                                                                                                              Guardiamoci intono: non sembra che nella nostra società Dio,per molti, sia diventato un  emerito e lontano sconosciuto? E come, anche molti che si dicono cristiani, con la forza di una certa abitudine e il supporto del “tutto scontato”, vivono come Dio fosse del tutto assente dalla loro vita?                                                                                                                    

A parte un certo tipo di ateismo teoretico di scelta, molti cattolici,in apparenza impeccabili, vivono un altro tipo di ateismo, quello pratico: Dio c’è ma io vivo come se Lui non ci fosse. O come altri  che gestiscono  la loro esistenza mettendo in atto un ateismo di comodo: che Diò c’è,sono contento, e ne usa quando ne ho bisogno. Infine un ateismo , detto soft,: l’indifferenza a tutto ciò che sa di Dio o è sacro.                                                        

Eppure, ogni momento dovremmo chiederci  quale posto Dio occupa nella scala dei valori che professiamo, a di là di ogni sentimentalismo o reminiscenza catechistica, quale spazio Egli occupa nel mio  percorso quotidiano. Confessiamolo: a volte a Dio abbiamo tolto la “D”, e  nasce l’idolo del nostro egoismo…. E’necessario rimettere la “D” a Dio, riscoprendolo come fulcro  vitale della nostra esistenza, come anima del nostro viaggio, come origine e fine del nostro essere, e come sorgente, sempre fresca e genuina della pace  e della serenità dello spirito.           

Commento di  P. Pierluigi Mirra passionista                                                                    

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.  (Luca 24,46-53)
 
COMMENTO                    
   
“Che mi importa del Paradiso?..Sto bene, non mi manca nulla, ho tutti i conforts,meglio vivere e rimanere quaggiù!” Non è inverosimile questo tipo di discorso,forse fatto da chi non conosciamo, ma che ha fissato  gli occhi sulla terra e sulle cose  di quaggiù, tanto da non riuscire a guardare oltre la crosta terrestre.                              
Eppure Gesù, con la solennità odierna della su Ascensione al Cielo, ci richiama proprio a guardare la meta dove tutti siamo diretti, e che potremo raggiungere soltanto se il nostro percorso sarà stata  quello sognato e tracciato da Dio per ciascuno di noi.                                                                                                                            
Oggi Gesù sale al cielo,dopo avere compiuto la missione affidatagli dal Padre,ed ora   assicura i discepoli di andare a preparare un posto per tutti noi.                                                                                                                                                 Ma ,lassù,ci sarà un posto per noi ?                                                                                                                                                                           Certamente  ragioniamo  e viviamo con il metro e la mentalità di  colui che è abbarbicato alla terra, arriveremo   dove Dio non ci sarà dove Dio non ci sarà.                                                                                                      
Infatti dimenticarsi  del Paradiso, e come correre verso l’Inferno!                                                                                                                
Questa solennità ci pone dinanzi alla prova logica del nostro modo di procedere nella vita.                                            
Siamo , ci diciamo cristiani, ma viviamo da cristiani? Siamo figli di Dio,ma con la nostra condotta di vita  dimostriamo di appartenergli davvero.                                                                                                                                                                         Siamo membri della famiglia di Dio, ma facciamo gli interessi di questa nostra famiglia, o anche noi ci ritroviamo spesso soltanto a porci in atteggiamenti critici, e bandiamo dai nostri sentimenti quello della vera solidarietà?                                                                                                                                                                       Gesù ci ha detto che tornerà un giorno,ma ci anche  suggerito di vivere questa attesa ,realizzando la nostra vocazione nell’impegno della testimonianza,nella sollecitudine verso chi ha bisogno e ci è accanto nel cammino .Non dobbiamo assuefarci  alla condotta che il mondo ci suggerisce,perché noi, discepoli di Gesù,siamo chiamati ad essere nel mondo, ma a non vivere secondo i suoi dettami.                                                          
I tempi che viviamo ci impongono  vivere più che mai  la nostra vocazione cristiana come scelta radicale che non ammette compromessi. Anche perchè, sulle orme degli Apostoli siamo depositari di un mandato di Gesù, offerto ai suoi discepoli prima di salire al cielo,cioè quello di evangelizzare i fratelli ,perché tutti entrino nel percorso della salvezza, attraverso  la fede.    
Perciò, non solo ritrovarci noi stessi nel nostro cammino con Cristo,ma ritrovarci anche impegnati  nella nostra vocazione di “missionari”.                                  
Per essere tali annunziatori e evangelizzatori, dobbiamo essere immessi  totalmente nel Vangelo, altrimenti possiamo trovarci ad essere troppo cristiani  e poco credenti, poco convincenti perchè poco credibili.                                                                                                                                                                        Ritroviamoci a guardare in Alto, a sognare il Paradiso,la nostra vera patria,camminando con i piedi per terra, ma con lo sguardo del cuore che ci illumina il cammino verso la meta.
Commento di P. Pierluigi Mirra passionista

 

                                                   Giovanni 13,31.33.34-35

                                    

 Tutta la predicazione degli Apostoli, come la nascita delle Prime Comunità Cristiane, è fondata sulla Resurrezione del Signore. Gli Apostoli, nel nostro caso, la coppia Paolo Barnaba, attraversano la Panfilia ,la Pisidia,  (vecchie regioni dell’odierna Turchia), e, essendo stata boicottata e rigettata la loro predicazione dai Giudei,i quali,oltre che  la contestazione,provocano loro delle vere persecuzioni,essi si rivolgono ai pagani, e così la Parola di Dio, l’Annunzio della Salvezza arriva anche ai Gentili, ai quali è aperta la porta della fede.                                                                                                                                                                                                                          Gli Apostoli nel loro lavoro sono certi di essere accompagnati dalla presenza di Cristo e dall’assistenza dello Spirito Santo,che oltre ad illuminare il loro cammino, mette sulle loro labbra la Parola di verità, e li aiuta anche  a superare le difficoltà e le ostilità,insieme alle persecuzioni.                                                                                                                                               IL Risorto, ed essi ne sono certi, ha messo la” tenda” in mezzo agli uomini, tenda dove si offre misericordia e speranza, e gli Apostoli si sforzano di portare tutti, attraverso l’annunzio,alla salvezza, perché questa tenda,dove l’incontro con  la Parola diventa Fede, è anche  il posto dove Dio, in Cristo,asciuga le lacrime,offre speranza, e occhi limpidi che guardano con serenità anche la morte.                                                                                                Gli Apostoli sanno, ed essi lo vivono in prima persona,che nella Comunità la  fede non è solo ricerca della verità, ma diventa carità. Il Comandamento Nuovo,lasciato da Gesù come distintivo portante  dei suoi discepoli, dve essere attuato nel concreto nell’ordinarietà della vita della Comunità.                                                     “Da questo sapranno che siete miei discepoli, se  avrete amore   gli verso gli altri!”                                                                 L’amore,che diventa mano tesa,misericordia,perdono, condivisione,e “avere un cuore  e un’anima sola!”,. mettere in comune quello che Dio ci ha dato e che non ci appartiene: questa è la vera  testimonianza che dobbiamo dare a i fratelli che incontriamo sul nostro cammino.                                                                                                        Gesù è passato in mezzo a noi facendo del bene a tutti,mettendosi sempre dalla parte degli ultimi,predicando e offrendo amore senza limiti, ed è solo amando come lui ha amato che gli mostreremo di averlo compreso e di essere dalla sua parte                                                                                                                                           Solo l’amore insegnatoci da Cristo è  il percorso sicuro per arrivare alla vita eterna.                                                      “Lavorare è necessario,pensare è bello,pregare  è meglio,amare è tutto. E alla fine della vita  ci sarà chiesto soltanto se abbiamo amato tutti, se abbiamo amato prima di tutto e al di sopra di tutto.”                                             Ricordiamoci sempre che nella vita, in certe situazioni, “un sorriso è migliore di una parola pesante”.            

Commento di P. Pierluigi Mirra passionista                           

 

COMMENTO                                           

La Solennità odierna segna la nascita ufficiale della Chiesa e il compimento dell’opera di Gesù.                                               Gli Atti degli Apostoli narrano l’evento con una descrizione lineare, quasi a volere mettere in risalto la solennità dell’evento ,ma con la semplicità delle parole. “Il rombo ,come  di vento si abbatte gagliardo, e riempie tutta la casa dove si trovavano..” Erano la  riuniti gli Apostoli e molti Discepoli, insieme con  Maria, la Madre di Gesù,in attesa del compimento della promessa di Gesù,promessa che ,in parte sanzionata dal Maestro stesso,nella prima sua apparizione(cfr. Vangelo del giorno),quando, dopo il saluto e l’augurio di pace, dice loro:” Ricevete lo Spirito Santo..” E poi,in nome  e in forza dello Spirito,da loro il potere di rimettere o meno i peccati. Ma già prima, nel Discorso Sacerdotale (Gv.14,25-26),Gesù aveva promesso lo Spirito che  avrebbe in loro confermato l’insegnamento  avuto da Lui, e li avrebbe guidati sulla via della verità.                                                                                                                                                                                                                  La Pentecoste compie tutte queste promesse, e gli Apostoli sono riempiti dello Spirito che li renderà forti, coraggiosi, pronti ad essere tutti e sempre dalla parte di Cristo,fino a testimoniare con il martirio la sua fede in Lui.                                                                                                                                                                                     Lo Spirito Santo diventerà l’anima e la forza della loro predicazione, e insieme l’anima e la guida della Chiesa nascente,di quella che poi crescerà nei secoli, e la forza stessa della Chiesa che oggi vive.                          Lo Spirito Santo sarà l’interprete del linguaggio nuovo che la Chiesa, dalla Pentecoste  fino alla fine dei tempi,parlerà. Ogni lingua, ogni uomo di ogni razza che vive sotto la volta del cielo,avrà la possibilità,attraverso lo Spirito di comprendere e di vivere la “novità” annunziata da Cristo con le parole e le opere, e diventerà anche la forza per ogni uomo, che,credendo, voglia compiere il percorso della salvezza nella Chiesa.                                                                                                                                                                                           Lo Spirito Santo sarà l’anima e il fondamento della cattolicità della Chiesa,il fulcro dell’unità di essa,la voce della sua  apostolicità.                                                                                                                                                                                 Lo Spirito della Pentecoste  è quello stessi che noi abbiamo ricevuto nel giorno del nostro Battesimo, quando siamo entrati a fare parte della famiglia di Dio; quello stesso che ci ha confermati nella fede, rendendoci “adulti” nella famiglia con la Cresima,e che deve essere  l’anima del nostro cammino, il refrigerio nelle nostre arsure nel tempo, il calore  nei momenti in cui il freddo ci attanaglia lo spirito sulla strada  della speranza, il lievito che fermenta la massa del nostro spirito e lo fa crescere  di  spessore dinanzi a Dio,l’interprete che ci aiuta a leggere i segni dei tempi, il coraggio per superare le paure delle persecuzioni e  delle tentazioni del male,e, infine, lo Spirito è per noi il carisma dell’immortalità.

Commento di P. Pierluigi  Mirra passionista

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: 
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. 
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

 Giovanni 14,23-29

                                                 

 Le Comunità Cristiane delle origini, dopo che Gesù era asceso al Cielo, dando ai discepoli il comando e il potere di evangelizzare , battezzare e avviare  gli uomini alla salvezza,,cercavano nelle unità delle diversità di vivere la loro testimonianza di fede. Ma  è evidente che ogni inizio di  un nuovo percorso porta con se  un movimento di assestamento. E poi i primi cristiani arrivavano sia dall’ebraismo che dal paganesimo, con   situazioni  diverse,perciò qualche divergenza nella crescita di fede e di carità era comprensibile.                                                                  Ma  gli Apostoli, carichi dello Spirito del Signore e concordi nella carità,, si riunirono a Gerusalemme per ritrovare nell’unanimità di intenti il cammino dell’unità, dando , specialmente ai pagani che arrivavano alla fede, il senso della libertà,senza più ingolfarsi nelle pastoie di usi e costumi giudaici.                                                                                                           E sia con la predicazione, ma in particolare con la loro testimonianza nel martirio per Cristo, gli Apostoli,davvero per la chieda degli inizi diventarono quelle colonne-fondamento delle mura di quella città di cui fa cenno l’Apocalisse ( II Lettura),dando  alla Famiglia di Dio, nei secoli , la forza e il coraggio per attraversare i marosi del mondo, portando sempre , da vincitori ,a salvamento la barca di Pietro.                                            E noi discepoli del Maestro di Nazareth, continuatori della presenza e dell’opera dei  primi nostri fratelli di fede, nella loro linea di condotta, siamo chiamati non solo a reggere le mura della città, ma a renderle sempre più solide , attraverso la nostra testimonianza viva,con l’adesione alla Parola di Dio,pegno della presenza divina nella nostra vita,nel nostro percorso di fede.                                                                                                                                                                                                                                                                                                       La promesso di Gesù di non lasciarci orfani,ma attraverso lo Spirito Santo,promesso e poi effuso sulla Chiesa nascente nel giorno di Pentecoste,deve animarci nel percorso di salvezza,accettando, con l’aiuto dello stesso Spirito,il progetto di Dio,e cercando  di essere anima della società in cui viviamo.                             Solo vivendo nello  Spirito e dello Spirito,possiamo essere, come Gesù e gli Apostoli, portatori e costruttori di quella pace,quella vera che si diversifica da quella del mondo. Siamo chiamati a portare la pace che  dice serenità, armonia, forza, zelo per l’avvento del Regno di Dio, e ci libera da ogni ansia  e da ogni strano timore.                                                                                                                                                                                                                                 Nella pace di Cristo, con l’aiuto dello Spirito Santo , diventiamo segno  e sacramento dell’amore.

Commento di P.Pierluigi Mirra passionista

 

                                                                       Giovanni 10,27-30

                                                     

IL cammino degli Apostoli per le strade del mondo è un percorso difficile,che trova tanti ostacoli,creati dai giudei o dai pagani,anche se spesso,non tanto dai giudei o giudaizzanti, ma dai pagani che  ascoltavano la “novità”,avevano una certa gratificazione per il loro annunzio.                                                                      Infatti, La Prima Lettura ,tolta dagli Atti degli Apostoli(13,14.43-52) ci presenta il cammino di Paolo,il convertito di Damasco, che insieme al discepolo Barnaba, percorre le strade della Licia,della Pisidia,superando difficoltà,ma sempre lieti di offrire la buona testimonianza alla verità.                                                                                  E molti pagani, si convertano ed entrano a fare parte dei quella grande moltitudine di salvati che l’Evangelista Giovanni  percepisce nella visione nell’isola di Patmos e descrive nell’Apocalisse(7,8.14-17).                                   Questi “salvati sono passati attraverso la grande tribolazione ed hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello.” Ma essi ora sono al sicuro, accanto all’Agnello che con il suo sangue innocente,versato per gli uomini,ha redento l’umanità peccatrice. E’ quella parte di Chiesa, quella “trionfante” che ora, raggiunta la meta,gode della felicità senza tempo,partecipando alla gloria di Cristo, vincitore del peccato e della morte.                                             Noi  siamo ancora in  pellegrinaggio, e siamo la parte di quella Chiesa che compie il suo cammino di speranza dietro a Cristo, “Buon Pastore”.              Cristo ,redento il popolo che a lui si è affidato, guida noi popolo in cammino,custodendoci e guidandoci uno per uno, come il pastore con le sue pecore, perchè non ci perdiamo.      Lui ci guida attraverso il Papa, , il nostro Papa Francesco, suo Vicario in terra, perche la sua misericordia sia data in cibo alle pecore in cammino,ci guida attraverso i Vescovi,i pastori delle nostra chiesa locale, attraverso i nostri parroci,attraverso i suoi ministri che diventano per noi dispensatori di grazia e di misericordia,per fare si che il gregge loro affidato arrivi al traguardo finale, dove ci attende il Pastore Supremo.                                                                                                                                                                                                                             Oggi la Chiesa ha necessità di queste guide,perché il gregge non ne rimanga sprovvisto, ed ecc o oggi la Chiesa stessa, per la voce dei suoi pastori,ci invita a chiedere al Signore guide sante, sacerdoti secondo il cuore dei Dio,che sappiano avere il cuore pieno di Dio, le mani aperte ai fratelli, e l’ansia di dispensare la misericordia di Dio e di spezzare il pane della carità  e della tenerezza ai bisognosi,la bocca come quella dei Profeti, pronti anche  a dare la vita per il gregge. La preghiera deve salire da ogni Comunità,non solo per la santità dei propri sacerdoti,ma perché il Signore continui a chiamare tra i nostri giovani anime generose, che, innamorate di Cristo, sappiano ,camminando con lui e come lui, essere operatori per tutti di salvezza eterna.

Commento di P. Pierluigi Mirra passionista

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