Commento

Nell’Eden rotto dal peccato giunge la voce di Dio che cerca Adamo:”Adamo,dove sei?..” E l’uomo, coperto di foglie, si nasconde tra i cespugli,perché ha compreso dell’inganno del serpente,che ora  è lì a sghignazzare dalla gioia per avere  ingannato  gli amici di Dio.

La voce di Dio scova l’uomo, che umiliato e sconfitto si presenta a lui e comincia a trovare scuse al suo operato. Ma Dio blocca il parlare dei tre autori del peccato, e per ognuno fa cadere  il suo castigo.               Ma mentr  ,quasi con rabbia, scomunicail serpente e gli infligge una dura condanna, le sue parole fanno balenare dinanzi agli occhi  dei nostri progenitori, la figura di un donna nuova,a cui il serpente, non arreso, cercherà di insidiare ,ma la donna  gli schiaccerà il capo,non solo, ma tra la discendenza della donna e quella del serpente Dio porrà un’inimicizia senza tempo.

E’ l’alba nuova   che spunta nella tempesta dell’Eden,e la donna nuova, pur della progenie di Eva,avrà ,per privilegio, un cuore nuovo e libero dalla conseguenze della colpa,e essa si pone come vincolo per il recupero dell’uomo.

Nella pienezza dei tempi,secondo il Vangelo diLuca,questo vincolo promesso diventa realtà in Maria, una fanciulla di Nazareth,che l’Angelo saluterà “piena di grazia”,e su quello spaziolibero creato in lei, Dio porrà il seme  della redenzione,e lei, rimanendo Immacolata, concepirà il Salvatore atteso.

Un privilegio questo della Vergine Santa,celebrato prima dai cristiani di Oriente, e poi in Occidente,spesso forse anche posto in discussione da alcuni teologi, fino ad arrivare a quell’8 dicembre del 1854, quando il Beato Pio IX proclamerà dogma di fede questo privilegio della Vergine Santa,e quattro anni dopo,a Lourdes, alla piccola Bernardetta, l’11 febbraio del 1858, sarà la Vergine stessa a rivelarsi come l’Immacolata Concezione.

In questo privilegio ci ritroviamo anche noi con la nostra storia di peccato e di misericordia.

 

Anche il nostro “sì” a Dio aiuterà il mondo a recuperare se stesso

 

Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». 

Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro». 
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

 

commento

Lameta è ormai vicina,e il Profeta esorta i suoi a rallegrarsi, a riprendere forza,a guardare oltre gliultimi  momenti,a irrobustire leginocchia fiaccate,per percorre gli spazi che    li separano dalla meta.Certamente il Profeta parla della vicina liberazione delsuo popolo dalla schiavitùbabilonese, ma a noi il suo messaggio arriva come speranza di una presenza che si è fatta in mezzoa noi in Cristo,  e che opera in ciascuno di noi una vita nuova. Presenza che concretizza la promessa di Dio che “rimane fedele per sempre e rende giustizia agli oppressi,da il pane agli affamati,e libera i prigionieri”

La venuta di Cristo ci ha aperto di nuovo le porte della nostra città di origine,facendociritornare dalla schiavitù delpeccato,rioffrendoci l’aria della patria lasciata. E questa cose arriveranno come consolazione e certezze,Eanche agli orecchi del Battista prigioniero di Erode attraverso i suoi discepoli che portano le risposte   alla domande da lui poste:” I ciechi vedono, gli zoppi camminano..”   E’ l’affermazione forte che si sono riaperte le porte della cittadella cittaperduta  con il peccato .e si sono riaperte per tutti.

L’importante è che destatosi perla novità,non ci riaddormentiamo nel torpore dell’attesa. Infatti l’apostolo Giacomo ci da unaforte scrollata e ci esorta a rinfrancare i nostri cuori,a non stancarci nell’attesa, ma come ilcontadino che vive di speranza nell’attesa che il seme gettato tra le zolle porterà il suo frutto, e imitando i Profeti che non solo non persero la fiducia nelle promesse del Signore,ma sepperoanche  soffrire per le incomprensioni delle gente e  le persecuzioni  dei loro i capi.

Continuiamoa vivere l’Avvento,non in un’attesa inerte e sterile, ma ponendo in atto gesti di misericordia, cercando di operare ilbene,per essere  per gli altri, a Natale, un dono di grazia del Signore.

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