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Dalla crisi che attraversa l’Italia, si può uscire con un progetto di sinistra ma anche con uno di destra; diverse sono le conseguenze per la democrazia e per le parti sociali. Un progetto di sinistra chiederebbe principalmente alle grandi ricchezze di farsi carico del risanamento e non, come sta avvenendo, al lavoro dipendente, ai pensionati e alle piccole e medie attività produttive; considererebbe, ad esempio, equo e giusto che il 10 per cento degli italiani detentori del 45 per cento della ricchezza paghi le tasse nella stessa proporzione.

Il vero nodo della sinistra, perciò, non è quello di essere o non alternativi a Monti, ma di avere un programma condiviso, credibile e vincente, chiaramente alternativo alla destra.

Il governo Monti è l’eccezionalità, una parentesi. E’ la conseguenza di una situazione politica con una maggioranza incapace a fare fronte alla crisi e una minoranza non attrezzata a sostituirla; di un Paese ridotto quasi alla bancarotta e con la difficoltà, per i tempi stretti, di rivolgersi attraverso il voto ai cittadini posti nella condizione peggiore a comprendere la realtà a causa del lungo oblio in cui erano stati tenuti.       I provvedimenti del governo non sono guidati da un progetto Monti, classificabile di sinistra o di destra, ma sono quelli imposti dai mercati e dalla maggioranza che deve votarli. A Monti non è stato detto: fai le cose che ritieni necessarie e noi le voteremo, anzi ogni sua proposta deve superare il fuoco di sbarramento dei veti incrociati che gli oppongono le forze politiche presenti in parlamento.                                                          Io penso che anche chi come me non condivida i provvedimenti del governo deve riconoscere che Monti ha evitato il tracollo, ridato valore all’immagine dell’Italia e fatte decisioni che da un ventennio comunque dovevano essere fatte.                                                                                                                                                       Il problema è il dopo Monti. Il PD vorrà operare un taglio netto con le scelte imposte dai mercati, dopo averle sostenute? Una politica alternativa non è pensabile se non si modificano vincoli, come il fiscal compact o il pareggio di bilancio imposto in Costituzione, che predeterminano le scelte dei governi per i prossimi quindici anni.                                                                                                                                                      Lo stesso rapporto tra Sel e PD è difficilmente decifrabile: non c’è un programma comune sottoscritto, né un accordo per la formazione del governo. Vendola afferma che non vuole avere a che fare con Casini, mentre Bersani prefigura l’accordo elettorale con Sel e poi l’accordo di governo con Casini. Bersani pone una pregiudiziale verso Di Pietro che Sel considera un alleato. Si rischia di contribuire alla perdita di credibilità della politica e della sinistra; diventa discutibile concorrere nelle stesse primarie. Vendola partecipa? Se perde, è impegnato a sostenere il programma del vincitore o ci sarà il modo per costruirne uno mediato per governare l’Italia?                                                                                                                                                                             Io penso che Sel debba promuovere un confronto tra l’insieme delle forze di sinistra, i movimenti, tutti quelli che sono disponibili, per disegnare un programma dal basso e offrire un’alternativa reale, capace di pesare nella società e nelle scelte di governo. Partendo proprio da un programma di sinistra condiviso e chiaro è possibile trovare una sintesi con il PD per governare il Paese. E’ possibile anche trovare un’intesa con quei liberali veri, come li chiama Scalfari, con i quali esistono obiettivi comuni che oggi sono prioritari per rilanciare l’Italia: smantellare i privilegi, le mafie e le clientele; colpire le rendite e i monopoli; sconfiggere la demagogia e la legge del più forte. Sulla fattibilità di questo disegno incideranno le norme con le quali gli italiani saranno chiamati al voto: aiuterebbero una legge elettorale maggioritaria a doppio turno di tipo francese o una proporzionale, con garanzie per la governabilità, come quella tedesca. (Antonio Simiele -  SEL Benevento)

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