In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: 

«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Commento

 L’espressione di Gesù : “ I figli di questo mondo, verso i loro simili, sono più scaltri dei figli della luce”, è un rimprovero o un’esortazione? Forse un  rimprovero nel vedere l’adagiarsi di tanti ,i quali della fede o della religione ne fanno soltanto un’etichetta di facciata, lasciando correre ingiustizie, corruzione ,adagiandosi  a vivere di compromessi.                             Ma è anche un’esortazione a quelli che camminano nella luce a non arrendersi nei momenti bui o di forte solitudine umana e spirituale all’intorno.

Si,ci sono momenti in cui il  male sembra prevalere sul bene , e linee di scoraggiamento ti entrano dentro insieme alla paura ,nel vedere  spesso, come nella parabola evangelica, scelto il compromesso con l’ingiustizia e la corruzione, per rimanere  a galla, cose che a volte sembrano istituzionalizzate ,diventando quasi metodo di comportamento ,ma è proprio allora  è da ascoltare e porre in atto lo spirito del Salmo112/113,cioè che il Signore rialza e non abbandona il povero ,colui che, libero dentro, segue il Signore nella luce del giorno e cerca di non smarrirsi nelle ombre della notte.

In più Gesù ,a chiusura del brano di Luca, sembra offrirci  un  esortazione, direi senza scampo :non si possono servire due padroni, cioè non  possiamo insieme coniugare la ricchezza disonesta e il senso autentico di Dio nella nostra vita. Al cristiano  non è concesso compromettersi o porsi una maschera di convenienza: o con Dio in tutto e sempre  o contro di lui. Non n si ammettono le mezze misure, né si accettano cristiani “banderuole”,che si tengono abbracciati all’asta  con vento che soffia.

Essere discepoli di Gesù è essere sempre e tutto di Dio ,anche se a volte questa scelta radicale costa.      Infatti Cristo con l’umanità non ha giocato al compromesso, ma si è dato tutto e ha dato tutto. Non si è risparmiato in nulla. E poi l’egoismo è una parola che il cristiano non può mai accettare, né la corsa sfrenata la danaro, anche  in una  società, come la nostra, in cui sembra che il danaro sia l’unica realtà o ragione di vita.        Infatti sembra che  al dio danaro tutto viene sacrificato: onestà, amicizia, e anche la fede in certi momenti.

    Solo quello che si dona, resta..Il resto scende con noi nella terra.

 

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 

Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Commento

L’Anno della Misericordia che stiamo vivendo apre ,più che mai, il nostro percorso di vita alla misericordia di Dio, che si esprime  sia nella fase verticale: alziamo imploranti e umili  i nostri occhi a  Dio perché ci riabiliti nella sua amicizia ; sia nella fede  orizzontale: perdonati da Dio siamo chiamati a perdonare i nostri fratelli ,a condividere  ciò che da Dio abbiamo ricevuto in dono.                     E questo relazionaci con  Dio e con i fratelli nella misericordia, ci rende il cuore carico di “magnanimità”.                Il modello di misericordia che ci   si pone davanti è Cristo ,il quale è la misericordia di Dio, incarnatasi per salvare l’uomo.

La Liturgia di oggi ci presenta  Gesù ,che ,attraverso la sua Parola, ci apre il cuore del Padre, smentendo coloro che  poco  fidavano in Dio-Misericordia.                                                                         Le due Parabole iniziali ci presentano il Pastore che, accortosi della mancanza di una pecora nella                                                                                                                                   conta serale, non si arrende alla oscurità, né ha difficoltà a lasciare le 99 al sicuro ,e si pone alla ricerca della smarrita ,e , ritrovatala, fa festa con in suoi amici. A questa del Pastore fa eco quella della vecchietta che, perduta la sua insostituibile moneta, spazza la casa, fino a ritrovarla, e anch’ella farà poi festa, con le sue amiche.

 Infine la Parabola del Figliol Prodigo o del Padre Misericordioso.                                                                                           Si lascia casa forse  per sete di liberà ,fondando la certezza del nuovo sulla parte dell’eredità del padre ,alla quale, nella ingenuità del giovane, poi tutti attingeranno ,senza offrire al giovane nessuna vera certezza. Fino a che , vuotata la borsa, anche intono al giovane   si crea il vuoto, ma è nel cuore del giovane che nasce di più  il vuoto, tanto che la necessità lo porterà a ridursi  a pascolare i porci e  a contendere loro le ghiande. Nella solitudine  gli appare il volto del padre, forse lasciato in lacrime ,e nasce in lui la nostalgia di casa, cose che lo portano a rientrare in se stesso, a riconoscere il proprio errore , a decidere di mettersi in cammino  per  tornare verso casa, e chiedere perdono ala padre.      Mentre è vicino casa,  gli appare il padre ,che da sempre ha atteso il suo ritorno. E l’incontro diventa una festa.

Quando l’uomo peccatore riconosce in umiltà il suo errore e tende al mano del cuore a Dio ,non trova soltanto un’altra mano ,ma le braccia tese di Dio  per un abbraccio che rivitalizza  ,e la fa sentire non solo perdonato, ma reinserito nella famiglia di Dio. Questo è il nostro Dio : è padre di misericordia senza confini!.. Tra le sue bracca paterne ritroveremo la gioia di poter ricominciare a vivere e a guardare la futuro con serena speranza.

 

                                 Nessun  peccato è più grande della misericordia di Dio 

                                           commento

Una  delle virtù che  sembra quasi sparita dal lessico  del cammino spirituale dell’uomo di oggi, forse è l’umiltà, quella virtù che ci pone nella  linea della verità  dinanzi a Dio, ai fratelli, a noi stessi. La potremmo definire quasi in via di estinzione, giocando la società di oggi sulla linea del verbo apparire,  linea a che spesso vacilla per il vuoto strutturale.

La Parola di Dio di questa Domenica, mentre usciamo  ormai dal clima vacanziero ci pone davanti questa virtù, condita  dalla pazienza  e da tante altre che le fanno ,alcune da supporto ,e, altre ne sono espressione vitale.

 Il Libro del Siracide ci offre un quasi-vademecum dell’uomo modello, alla luce di questa virtù, quell’uomo  che si sforza nel suo cammino di costante conversione  di ascoltare il suggerimento de:” Quanto più sei grande, tanto più fatti umile e troverai grazia dinanzi al Signore….perchè solo ai miti Dio rivela i suoi segreti.” E l’autore del Libro passa poi a descrivere la sorte dei superbi e degli orgogliosi ,i quali vivono legati”alla pianta del male”,e non sono certamente accetti a Dio.                  E aggiunge che da un cuore umile nasce la generosità, la delicatezza, il rispetto, la modestia, tutte quelle virtù che rendono l’uomo accetto a Dio, ai fratelli nel cammino, e a se stesso.

Gesù nel brano del Vangel0o di Luca, nella parabola degli invitati ad un banchetto  e presi dalla fobia di scegliere i primi i posti, pone ancora più esplicitamente il discoro dell’umiltà:  sull’ultimo posto scelto che potrebbe diventare il primo, e sul primo che potrebbe, con la vergogna  sul volto,diventare ultimo.

Ma cosa significa essere umili?

 Scegliere come modelllo di azione Cristo, il quale  si è posto  come tale, nell’affermare:” Imparate da me  che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime” (Mt 11,29).                      E egli ha mostrato che essere umili è  abbassarsi e entrare nella linea dell’obbedienza completa  al Padre (cfr.Fili.2,6-8),non solo, ma si è posto nella identità di servo   dell’umanità(Lc.22-27),e infine lo ha mostra  nella sua morte, accettando quella degli infami.  E’ porsi ancora nelle linea di condotta ancora di Cristo, mettendo in atto una linea di completa gratuità  nell’agire.

La superbia è uno dei vizi capitali che ci rende odiosi dinanzi a Dio, ai fratelli. Perciò per essere grandi non bisogna alzare la misura dei tacchi, o appoggiarsi a chi grande si ritiene, o porre in atto formule di apparenza, ma porsi nella verità, e solo questa posizione sarà il pilastro sul quale potremo fondare e elevare la nostra condotta e la nostra statura spirituale di uomini veri, accetti a Dio e ai fratelli.

 

                              L’orgoglioso è condannato a rimanere solo nella vita.

                                

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 

«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Commento

 Il tema della sofferenza sembra aleggiare nei toni della Parola di Dio di questa Domenica,tema che non preclude alla speranza,come in tutte le vie  e i momenti di Dio.                                                    L’avventura del Profeta Geremia,condannato e gettato in un pozzo, si risolve  con la presa di coscienza di alcuni della sua  innocenza,e viene liberato. Si dimostra  come Dio non abbandona mai i suoi servi.

Così il brano di Luca sembra alludere a divisioni più che  pace,ma si risolve in quel fuoco che Cristo è venuto a portare, e che azzera ogni contrasto,diventando un grande incendio,   e nel suo ardere purifica il mondo e annulla ogni divisione. Certamente  tutti siamo posti sulla strada della sofferenza,però abbiamo davanti,  e ci precorre, a dire dell’autore della Lettera agli Ebrei, “colui che da origine alla nostra fede la porta a compimento”. Colui che  della sofferenza fece  il suo distintivo per redimere l’umanità, dando alla stessa sofferenza  un valore che va al di la del dolore che provoca e dal peso della Croce sulla spalle. E poi, per  non perderci e correre con perseveranza la corsa” “guardiamo intorno a noi numerosi testimoni “,che sono rimasti fedeli a  Cristo  anche momenti di sofferenza fisica e interiore,  e unendo  la loro  a quella del Salvatore, si sono resi protagonisti della costruzione del Regno di Dio, lavorando  ancora con Cristo per la salvezza dell’umanità

E da Cristo e da questi nostri fratelli,noi apprendiamo che Dio,in Cristo,non ha annullato la sofferenza, né la morte, ma ha dato ad esse un valore immenso,che umilmente offerta, arriva, attraverso Cristo,al cuore di Dio, e lo muove a misericordia.

 In più è da capire che la  sofferenza educa non solo  alle proprie b responsabilità nel contrastare il peccato,ma anche  a  saper accettare ogni momento di vita,anche colorata dal dolore,come un dono di Dio

 

  Il fuoco del Vangelo, più che di pompieri,ha bisogno di…piromani!  

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 

«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

 

COMMENTO

 Il segreto della salvezza eterna è entrare nella volontà di Dio, non solo scrutandola, ma accettandola e vivendola in simbiosi con Dio  stesso, con una radicalità di fede senza  riserve.  Per  fare ciò   dobbiamo chiedere a Dio quella sapienza del cuore che ci aiuti a “contare i nostri giorni per acquistare un cuore saggio” e generoso.   Ciò è non solo importante, ma direi che  è la condizione fondamentale per potere costruire con Dio i suoi progetti infiniti.

A volte sentiamo una certa remora ad abbandonarci a Dio, quasi vorremmo condizionare  la sua volontà  ai nostri voleri, a  chiedere di gestire lui con noi  i “nostri progetti”.                                                                                 E’ vero che abbiamo formulato il tempo ,l’abbiamo diviso in ieri, oggi, domani, inventandoci l’orologio  che  conti i nostri passi e i nostri giorni,,ma  l’orologio eterno  di Dio è senza sfere,e come dice il Salmista  dinanzi a lui mille  anni sono come un giorno, e che la misura della conta della vita dell’uomo, dinanzi a Dio, non ha tempo, ma tutto si misura e si fissa in proiezione eternità.                                                                                                       Ecco perché abbandonarsi a Dio con radicalità di fede, non solo, ma anche con una radicalità di sequela dietro a Colui, che nel quale il Padre ha ricapitolato la salvezza del mondo. E’ importante porsi a seguire Cristo con l’essenziale nella bisaccia  del cammino ,tagliando, a volte, anche cose  e  legami, che sembrano  intangibili, e seguendo  chi ,davanti a noi porta  le croce che l’umanità e il Padre  gli hanno posto sulle spalle.

Ma la sequela deve essere vissuta coscientemente. Nel seguire Cristo, costruendo la nostra eternità, dobbiamo porre in atto una certa ingegneria spirituale che  ci aiuta a non battere il vento, ma a porre fondamenta sicure e forti che sappiano reggere   gli urti delle tempeste nel tempo..

Radicalità dunque di fede nella sequela, radicalità di essenzialità nel porsi in cammino,  una coscienza forte di costruire non sul vago, ma sull’essenziale il nostro futuro  che   si proietta oltre il tempo.

Per fare ed essere tutto ciò, abbiamo bisogno di essere illuminati dalla luce del volto di Dio, che infonde coraggio e ci rasserena nei momenti  di stanchezza.

                                  

                              Solo le grandi imprese della fede, ottengono la firma di Dio.

In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 

Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». 
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

 

Commento

Tutti i popoli vedranno la gloria di Dio!”,canta il Salmista, aprendo gli orizzonti della salvezza a tutti i popoli, perchè essa è offerta  ad ogni uomo, e Cristo è venuto per tutti, perché, a dire del  Profeta Isaia”tutti verranno e vedranno la mia gloria “ .                              Cristo prende tutti si salvati e li offre a Dio Padre come una grande offerta, purificata dal suo sangue, e caricata dai suoi meriti.

Perché però possiamo entrare e illuminarci a quei vasti orizzonti dobbiamo entrare  nella linea di Dio liberamente, perché egli possa, amandoci, usarci per i suoi grandi progetti di salvezza.  Forse a volte egli  vorrà purificarci con correzioni che ,spesso noi , sul momento non comprendiamo, però poi  ci accorgeremo che è tutto per  il nostro bene, anche i momenti di forte   sofferenza.

Ma lui ci  aiuterà perché noi possiamo essere idonei ad entrare per quella”porta stretta”,  attraverso la quale soltanto, si arriva alla salvezza. Una porta, che, a dire di Gesù, bisogna attraversare  a tempo,  e nel tempo giusto e favorevole, per non correre il rischio di rimanere fuori, o di vederci scavalcare da gente che vene da ogni confine della terra, e prende posto accanto  al Signore.

Entrare per la porta stretta vuole dire essere pronti e atti ad agire nella fede con convinzione e decisione. Infatti passeranno per quella porta soltanto i”convinti”, i “discepoli veri”, non quelli che avranno giocato all’apparenza, perchè per questi potrebbe esserci   quel rifiuto di Cristo:” Non vi conosco!”

Entrare per la porta stretta vuol dire spogliarsi di ogni tipo di egoismo, di opinioni assolutiste, di giudizi personali, che non ammettono confronto e dialogo di crescita

Entrare per la porta stretta vuole dire portare sulle spalle la bisaccia del tempo, piena soltanto dell’essenziale, liberi da orpelli e cose inutili, che possono restringerci il passaggio attraverso quella porta.

 Una fede che non scomoda è sale senza sapore e luce che non illumina, sa soltanto di comodo per apparire e pensare che ciò basti per accaparrarsi la fiducia di Dio.                     Dinanzi a Dio ha    soltanto valore  ciò che costa e che si paga   spesso di persona

 

Il Vangelo non è privilegio, ma   tensione vissuta con coerenza, guardando

 Nel mezzo delle ferie di Agosto,la Chiesa pone come un segno di speranza e di ricerca   delle “cose di lassù”,la figura di Colei che , poichè unita a Cristo nella sua avventura per la salvezza dell’umanità,ha ricevuto il privilegio di essere assunta in cielo in anima e corpo,per partecipare alla stessa gloria dovuta al Figlio suo.

Il libro dell’Apocalisse,descrivendo  questo grande mistero. parla d’ un “segno” apparso nel cielo, di “una donna in attesa di diventare madre”, di “un drago”pronto a divorare il bimbo appena nato,e di “questo figlio maschio” destinato a governare le nazioni con scettro di ferro.

La donna è Maria,la fanciulla di Nazareth,destinata da ad essere chiamata da sempre “beata”   da tutte le generazioni; il Bambino è Cristo, il Salvatore chiamato a redimere l’umanità,e della quale egli diventerà “Signore”. Maria è la Donna vestita di sole,che sempre darà luce nuova e calore dal suo cuore ripieno di Dio,  a una umanità prostata per la lotta con il peccato.

 Assunta in cielo ,ella presso Dio  è diventata di questa umanità Avvocata, di noi che siamo ancora in questa terra di esilio,e da lassù continua a gettare luce e calore dal suo cuore, ripieno del sole di Dio.   Diventata Regina, Madre e Avvocata non abbandona mai i suoi figli. La sua presenza nella Chiesa di Dio, nata dal cuore del Figlio suo,e animata dallo Spirito Santo, è costante.

Ella è presente  nella chiesa che nasce,accanto agli apostoli, come conforto nelle fatiche Apostoliche degli inizi; è presente nella chiesa che cresce nel tempo; è presente ,oggi, nella chiesa che vive  nel tempo.     E nei momenti di difficoltà particolari,ella non ha disdegnato e non disdegna , di lasciare il Cielo, e correre in aiuto quaggiù ai figli in difficoltà,per aiutarli e non perdersi o a ritrovare la strada della salvezza

A noi, come canta  la Liturgia del giorno, rallegrarci insieme agli  Angeli ,che lodano il Signore,ma anche a porre sempre la nostra speranza e la nostra fiducia in  Colei che ci è mamma, e perciò mai sentirci orfani in  questo nostro cammino   di speranza verso lì eternità

La resurrezione di Cristo e l’assunzione di Maria,sono le verità                                                            che  ci danno le ali che ci fanno volare verso il cielo.

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