EDITORIALI
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Mentre sembrava che tutto stesse incamminandosi sulla via giusta, e che finalmente anche il tormentato e accidentato percorso che porta alla riforma dell’art. 18 (dello statuto dei lavoratori), si fosse alla fine ripianato (o, come ama dire Bossi, si fosse trovata la quadra), ebbene la CGIL fa macchina indietro.

La Camusso fa sapere che per la CGIL il cammino verso una soluzione condivisa del licenziamento “più facile” ( o come qualcuno dice verso un rapporto di lavoro ‘flessibile’ sia in entrata che in uscita), è ancora lungo.

La qual cosa gela gli animi e raffredda gli entusiasmi di chi pensava che alla fine anche in Italia certi tabù potessero anche essere messi da parte, per far posto a soluzioni che potranno portare ad una crescita generale; se è vero, come è vero, che una giustizia lenta (lentissima) tiene lontane le aziende estere che non ritengono conveniente investire nel Bel Paese, così allo stesso modo un rapporto di lavoro ingessato sia in ingresso sia in uscita tiene lontani i capitali esteri dal nostro Paese.

Ci si augura che gli steccati d’ordine ideologico possano cadere e si miri piuttosto al bene comune. Non più tardi di qualche settimana fa proprio la Camusso ebbe ad ‘aprire’ sull’argomento spinoso della TAV: l’Italia (questo il pensiero espresso dal segretario generale della CGIL) ha disperato bisogno di investimenti. Bene, dobbiamo porre le condizioni perché anche aziende straniere trovino conveniente investire in Italia. Ne va della nostra crescita.

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